Italia, capolinea

di Daniela Gaudenzi - Liberacittadinanza - 12/01/2011
Partito Italia. Berlusconi sembra che ci dirà per tutta la campagna elettorale “Io sono l’Italia” sottinteso, non avrai altra Italia al di fuori di me.

Mentre si dedica con rinnovato zelo alla campagna acquisti e teme tranelli nell’apertura di Casini per “il patto di pacificazione” che dovrebbe risolvere i problemi dell’Italia, Berlusconi stringe i tempi per l’ennesima discesa in campo con il “nuovo” partito con cui rivendica ostentatamente la proprietà del paese in modo semplice e diretto: il partito Italia.

Certo la fantasia e l’originalità sono inversamente proporzionali alla megalomania e alla grossolanità semplificatoria di chi essendo padrone “di molte proprietà e di molti uomini”, come ha sottolineato perfettamente Massimo Gramellini sulla Stampa, si identifica con il paese che comanda da quasi un ventennio. E’ arrivato il tempo, nella settimana in cui il premier si appresta a sapere se l’ultimo modello di impunità ritagliata su misura reggerà o verrà travolto come tutti i precedenti aborti giuridici dal vaglio costituzionale, di dire sancire con il partito nazional-personale Italia chi sono gli italiani veri, e chi sono quelli che si fanno ancora ammaliare dai comunisti o peggio dai futuristi e cioè, anti italiani, traditori, sfascisti e sabotatori del bel paese di Berlusconia.

Siamo di fronte alla parabola di un partito nato quasi diciassette anni fa dalle esigenze di un tycoon molto inguaiato sul fronte penale e ansioso di mettere al riparo dalle regole vigenti in qualsiasi democrazia liberale una fortuna tentacolare dalle origini quantomeno “oscure” con un nome forgiato da un marchio calcistico-patriottico: Forza Italia.

E incredibilmente per reagire ad un collasso politico che lo ha ridotto alla sopravvivenza conseguita grazie al ravvedimento operoso di personaggi dell’opposizione come l’impareggiabile Scilipoti e il molto responsabile Calearo, in coincidenza del 150° anniversario della Repubblica, il colpo di genio da ultimi giorni di Pompei: il partito azienda che diventa il partito paese.

Se qualche burlone provasse solo per un momento ad immaginare una simile demenziale oscenità per qualsiasi paese degno del nome, il partito Germania per la Merkel, o il partito Francia di Sarkozi, o chissà il partito America o USA per Obama non verrebbe preso sul serio nemmeno dall’ultimo portaborse o dalla locale casalinga di Voghera, ma da noi nessuno ha ancora fatto una piega, anzi Pierferdinando Casini ha espresso un certo consenso sottolineando lo spirito unitario della scelta, in contrapposizione al particolarismo della Lega.

Ma forse quello che più colpisce in questo bislacco progetto, se andrà in porto, di appropriazione indebita persino del nome Italia, dopo che delle sue istituzioni, è che Berlusconi si accinge a metterlo in atto in questo delirio finale di onnipotenza sulla soglia dell’implosione, probabilmente perché il paese sembra veramente pronto a diventare anche nominalmente proprietà privata di qualcuno. Paradossalmente Berlusconi che lo domina da quasi vent’anni e che è giunto al punto di non essere più in grado di governarlo nemmeno formalmente nonostante il mercimonio parlamentare, individua come trovata propagandistica per una campagna elettorale da ultima spiaggia contro comunisti, magistrati e traditori, l’identificazione totale tra sé e il paese attraverso il partito emanazione diretta della sua persona.

L’assolutismo di Luigi XIV era qualcosa di più serio e di più misurato, lui in fondo si era limitato a dire “L’Etat c’est moi”. Berlusconi sembra che ci dirà per tutta la campagna elettorale “Io sono l’Italia” sottinteso, non avrai altra Italia al di fuori di me.

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