Porcellum e dintorni

di MOVIMENTO ANTISPECISTA - 02/03/2013
Non passa giorno che molti media e politici nel nostro paese, nel menzionare l’attuale legge elettorale, non si appellino ad essa con la definizione di porcellum, o similare.

Prescindendo dalle motivazioni di una norma che ha reso pressoché ingovernabile il Paese, desidero portare alla Vostra attenzione, con quanto segue, l’errore di quanti credono - utilizzando tale termine - di svilire solo tale legge ed i suoi sostenitori, mentre così facendo sviliscono anche se stessi, diffondono disinformazione e specismo, ed offendono la sensibilità di molti cittadini


Il 22 marzo 2010, un articolo di Giovanni Sartori, Sconnessi e somari, apparso sul ‘Corriere della Sera’, riferendosi agli italiani (i quali – secondo un allora recente libro di Tullio De Mauro, La cultura degli italiani, sarebbero al 70% pressoché analfabeti o analfabeti di ritorno) osservava come un 70% di somari rappresenterebbe una maggioranza deprimente, e per la politica costituirebbe una asinocrazia facile da travolgere. Colpa, si continuava, dello sfascio della scuola, dei diseducatori degli educatori, del sessantottismo demagogico dei politici, e alla marea dilagante delle famiglie spokiane, della televisione che crea un uomo forgiato dal vedere, ecc.. . In merito, scrissi alla direzione del ‘Corriere’ una lettera che – a distanza di tre anni – mi trovo ora costretto a rinnovare, per analoghe ragioni, alla generalità dei media e dei politici. Critiche classiche, quelle di Sartori, rivolte a cambiamenti tecnologici che sono avvenuti ed avverranno sempre nella comunicazione come in altri campi. Che dire allora della stampa replicavo, che - se ha permesso la diffusione dell’informazione - ha però abituato la maggior parte delle persone a credere a ciò che leggono, anche senza vedere? Non è quindi tanto il mezzo, che conta, quanto il contenuto dell’informazione.


Ciò che non cessa di meravigliare, quindi, è il lessico usato proprio da chi vorrebbe (e dovrebbe) fare cultura, e non solo informazione, ma continua ad utilizzare appellativi come porcellum, o come somaro, in senso dispregiativo, o analoghe similitudini (trattati come animali, grassi come maiali, stupidi come galline, ecc..), derivanti da preconcetti e luoghi comuni ormai sorpassati, senza curarsi di verificare se siano decaduti come ovvietà culturali (grazie all’etologia), se siano causati da comportamenti umani, e/o siano offensivi dei sentimenti ‘per’ gli animali la cui violazione costituisce reato ai sensi della legge 189 del 2004 (la quale tutela ipocritamente questi ultimi anziché i diretti interessati, ancora considerati cose nonostante siano ormai stati proclamati esseri senzienti).


Ad esempio, la parola somàro (Equus asinus) indica nel gergo popolare – se rivolto all’ umano - una persona ignorante, oppure un asino visto come bestia da soma (da sagma = basto) nel gergo specista. Ma il primo attributo (sottinteso) non è affatto vero o interscambiabile. Infatti l’asino non è né più né meno ignorante di tanti altri animali, umani o non umani, anzi. Per cui non ha senso affibbiargli tale etichetta.

 Analogamente, la parola porco (sus scrofa per la femmina e porcus per il maschio) indica nel gergo popolare - se rivolto all’umano - una persona sporca o viziosa, oppure un cinghiale addomesticato, detto anche maiale nel gergo specista (da sus maialis, indicante una femmina che veniva sacrificata, gravida, alla dea romana Maia, il 1° maggio). Ma in natura come è noto esiste solo il cinghiale (dal latino cingula, ossia la fascia di setole più chiare che ha attorno al collo), e questa differenza chiarisce molte cose. I cinghiali infatti sono esseri senzienti estremamente intelligenti (ma ciò non ne deve fare una categoria privilegiata, come usano credere alcune persone..), curiosi e giocosi. Le femmine sono madri affettuose, rifanno il giaciglio ai piccoli ogni notte. Sono puliti, come tutti gli animali allo stato selvatico. 


I loro fratelli allevati forzatamente in cattività, i maiali, sono molto simili, nei rapporti con gli umani, ai cani (e ne sa qualcosa chi ne hanno adottato uno..), e ritornano velocemente allo stato selvatico se li si lascia liberi. Soffrono molto di depressione, negli allevamenti, ove vengono maltrattati, mutilati, e allevati in pessime condizioni dagli umani. Il loro ricercare le pozze fangose deriva dalla scarsa protezione al sole che offre la loro epidermide (priva dei folti peli presenti allo stato selvatico), per cui soffrono molto il caldo e necessitano di rinfrescarsi e ripararsi dalle scottature usando il fango (unica risorsa disponibile), così come gli umani usano cospargersi di crema o fanghi in altre o analoghe circostanze. Mangiano di tutto perché così vengono allevati, e per fame, ma se potessero è noto che sarebbero per il 90% vegetariani, cibandosi generalmente di frutta, semi e radici. Ma hanno alcuni organi (in particolare le valvole del cuore) molto simili anatomicamente agli umani, per cui vengono usati per gli xenotrapianti! Ovviamente, se offesi e maltrattati, essendo molto sensibili, si arrabbiano anche loro. Chi tra le persone anziane che hanno vissuto nei piccoli paesi non ricorda le loro urla strazianti quando venivano allegramente rincorsi per le strade del villaggio per essere scannati? Le caratteristiche che si attribuiscono loro non corrispondono pertanto affatto alla loro natura, e la credenza che siano sporchi o viziosi si basa in realtà sul modo con il quale vengono allevati nelle porcilaie.


Concludendo, é noto come in genere il riferimento agli animali non umani per indicare comportamenti ignobili o caratteristiche negative nasca da superstizioni religiose che vedono in essi il simbolo del male, e continua anche oggi ad essere usato come arma psicologica per allontanare il senso di vergogna derivante da certe azioni compiute dalla nostra specie, ma che gli altri animali ben difficilmente compiono, se non per necessità. 

Il che induce il continuare a considerare il non umano come l’essere più basso nella scala dei valori morali, e contribuisce a radicare nelle popolazioni l’odio e la paura per il diverso, motivando le conseguenti violenze.

 Il messaggio che viene trasmesso utilizzando il termine porcellum (o similari) è infatti chiarissimo: è una legge spregevole, come i porci

Diffondere questo concetto (come altri analoghi) è quindi offensivo, come detto all’inizio, anche dei sentimenti dell’uomo per gli animali, tutelati dalla L. 189/2004 e più volte riconosciuti dalla magistratura. Legge che purtroppo non prevede ancora il reato di specismo, che dovrebbe essere introdotto per togliere queste brutte abitudini e le loro conseguenze culturali nella popolazione a danno degli animali non umani.

 La creazione di una authority per i diritti degli animali a livello nazionale, così come esiste il Garante degli animali (v. Comune di Milano) a livello locale, sarebbe quindi decisamente auspicabile. Nell’attesa, e nella speranza che vorrete evitare e far evitare per il futuro l’utilizzo di un lessico che non può non definirsi anacronistico, ingiusto, offensivo, e analogo a quello razzista.