Caro presidente, rinnovarsi non sia tradire

di Maurizio Viroli - Il Fatto Quotidiano - 26/04/2016
Il capo dello Stato ha ragione quando afferma che la Repubblica, “deve sempre sapere rinnovarsi”.

Avrebbe tuttavia dovuto specificare che la Repubblica deve rinnovarsi riscoprendo, non calpestando i suoi princîpi fondamentali. Avrebbe dovuto ammonire con parole severe i politici che, invece, quei medesimi princîpi fondamentali offendono gravemente, a cominciare dal presidente del Consiglio Renzi che ha invitato gli italiani a venir meno al dovere civico di andare a votare e dal presidente emerito Napolitano che l’ha assecondato. Andare a votare alle 20.38, come ha fatto il presidente Mattarella non basta. Deve anche esortare gli italiani a prendere sul serio i loro doveri.

Principio fondamentale della nostra Repubblica è che la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione. Orbene nessuna acrobazia retorica cancella il fatto che la riforma costituzionale di Renzi, Boschi e Verdini calpesti palesemente questo principio togliendo al popolo il diritto di eleggere i senatori del nuovo Senato per affidarlo ai consiglieri regionali, la parte probabilmente più corrotta di una delle caste politiche più corrotte del mondo occidentale.

Altrettanto fondamentale è il principio che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Perché questo principio non diventi una macabra facezia è necessaria la più assoluta autonomia e indipendenza della magistratura dal potere esecutivo. Dovere del presidente della Repubblica è, di conseguenza, intervenire con la massima severità e censurare premier e ministri che insorgono contro i magistrati che compiono il loro dovere di perseguire chiunque violi le leggi, politici o non politici.

Dalla professione repubblicana del 1946, ricorda il capo dello Stato, scaturirono “spirito di cittadinanza, di condivisione e di corresponsabilità”. Parole sante, ma proprio perché sante dovrebbero essere la premessa di una aspra riprovazione nei confronti del governo che ha voluto a tutti costi varare una riforma costituzionale che è stata votata a maggioranza e che non sarà mai condivisa dalla larga maggioranza degli italiani come invece è stato per la Costituzione disegnata dall’Assemblea Costituente.

L’ovvia conseguenza è dunque che molti italiani, compreso chi scrive, non si riconosceranno nella nuova Costituzione e dunque sarà gravemente indebolita l’unità nazionale che dal consenso alla Costituzione trae forza. Uno dei doveri del capo dello Stato è rappresentare l’unità nazionale, e rappresentare vuol dire anche tutelare, promuovere, rafforzare. Perchè allora il capo dello Stato non interviene, nei limiti dei suoi poteri, per impedire che una Costituzione che ha garantito bene l’unità nazionale sia sostituita da una che la incrina gravemente?

La Repubblica deve dotarsi di strumenti “più efficaci e trasparenti”, ricorda Mattarella. Ancora una volta ha ragione. Repubblica vuol dire, in primo luogo, esercizio del potere sovrano in pubblico, secondo regole pubblicamente condivise e controllabili. Perché, allora, non dire che il governo Renzi, che sta cambiando radicalmente le regole del gioco, è nato e si è retto per mesi sulla base di un patto segreto, quello del Nazareno, stipulato con un delinquente e che ha ottenuto i voti per approvare in Senato la riforma costituzionale grazie ad un accordo con Verdini, che in cambio ha ottenuto la vicepresidenza di tre commissioni?

Sono questi “strumenti più efficaci e trasparenti” o, piuttosto, mortali offese alla dignità della Repubblica? Quando le repubbliche dimenticano o offendono i loro princîpi fondamentali, ammoniva Abraham Lincoln sulla scia del nostro Machiavelli, non si rinnovano affatto, muoiono. Esattamente ciò che sta avvenendo con la nostra Repubblica, anche perché chi ha il dovere di difenderla non lo fa con la necessaria saggezza e l’ancor più necessaria intransigenza.

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