Geronzi: una caduta annunciata

di Rosario Amico Roxas - 08/04/2011
Geronzi è solo il primo a cadere, anche se sul morbido

A leggere la cronistoria di Geronzi, giubilato dalla presidenza delle Generali,  si assiste ad una vita trascorsa tra i numeri, in una ginnastica geometrica dove ha dominato il circuito del denaro, simbolo stesso del capitalismo d'assalto sostenuto da un anacronistico liberismo esportato nel terzo mondo e nei paesi in via di sviluppo come se si trattasse di quella vantata esportazione di democrazia.

Nulla accade per caso, come non è un caso che lo scivolamento di Geronzi si verifichi contestualmente  agli scontri in Libia per disarcionare Gheddafi, grande finanziatore delle manovre economiche dell'ex presidente delle Generali.

Non è nemmeno un caso se quella  testa ruzzola a terra nel periodo più nero del presidente del consiglio, stretto all'angolo dalle difficoltà politiche e correttamente inseguito dalla magistratura che lo accusa di reati umilianti per chi dovrebbe elevarsi a pubblico esempio per una nazione.

Non è nemmeno un caso se la liquidazione di Geronzi avviene nel momento in cui si attualizza la punta massima della crisi mondiale che segna l'inizio della fine del capitalismo globale.

Con gli eventi in fase evolutiva nell'Africa del Nord e del Medio Oriente, nonché di quell'Iperuranio rappresentato dai paesi produttori di petrolio,  dove i governanti si ritrovano ingolfati di petroldollari, mentre il popolo, tenuto a freno da una politica autoritaria, si è trovato letteralmente alla fame.

Che cade una testa preziosa come quella di Geronzi non deve meravigliare, anche se si tratta di una caduta sul velluto, ammorbidita da una liquidazione  di 16,6 milioni di euro, pari alla liquidazione di  175 pubblici dipendenti, considerando, con ampia generosità, una liquidazione di 100.000 euro. In realtà è il segnale  del declino della supremazia dell'Occidente sostenuta dal circuito del denaro, incurante di promuovere il circuito del lavoro, indispensabile per spalmare la ricchezza di una nazione su tutti i cittadini.

Con i limiti imposti dal circuito del denaro assistiamo al paradosso di una azienda che chiude il bilancio in passivo e vede le proprie quotazioni in borsa apprezzarsi al punto da garantire lauti guadagni ai possessori (ogni riferimento alla FIAT  di Marchionne è puramente voluto); non è il miracolo del lavoro, bensì il miracolo del denaro che genera se stesso attraverso le variabili utilizzate e sfruttate nelle economie di mercato; il guaio è che tale metodo viene percepito come una spirale senza fine, e non si considera che prima o poi il giochetto non potrà più funzionare, avendo esaurito tutte le scorte fantasiose della finanza creativa.

La crisi si è acuita perché nel mercato tanto decantato, è venuta meno la spesa da parte dei grandi capitali, che hanno preferito  tenere sotto controllo il circuito  del denaro, senza produrre un solo posto di lavoro, anzi sottraendo lavoro dal mercato della produzione, in modo da tenere sotto controllo le masse popolari, proprio con il ricatto del lavoro, per imporre contratti capestro accettati in nome dello stato di necessità.

Nei paesi islamici, oggi in rivolta, è stata usata anche l'arma subdola della religione, in quanto i capi di Stato o di governo si sono fatti anche capi religiosi di una delle tante varianti imposte alla genuinità del Corano; lì le teste che cadono non lo fanno sul velluto !

 In Occidente  è stata l'alta borghesi del capitale a imporre le sue regole, seguita a ruota dalla piccola e media borghesia che si illudeva di poter fare il gran salto, e lo ha fatto, andando a sfracellarsi nel burrone  che si era aperto tra il capitale e il lavoro; oggi piccola a media borghesia e il grande bacino dei lavoratori, sopravvivono perché non hanno dato ascolto alle sirene al governo che invitavano a spendere per neutralizzare la crisi, anche a costo di ipotecare la casa pur di mantenere il medesimo tenore di vita; non hanno ascoltato dedicandosi al risparmio e, così, salvando la nazione, esibendo un montante di risparmio privato in grado di ridimensionare il debito pubblico. Il governo, con la consueta ipocrisia, si è vantato in proprio dell'esistenza di questi risparmi, che, invece avrebbe voluta dilapidare in nome di un ottimismo, figlio naturale dell'incoscienza patologica .

Geronzi è solo il primo a cadere, anche se sul morbido.

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