Il primato delle mani libere

di Daniela Gaudenzi - Liberacittadinanza - 30/07/2011
O noi troviamo veramente il modo di imporre a questa opposizione di invertire la rotta e cominciare da subito a recidere le relazioni pericolose e sedimentate tra politica ed affari e le miriadi di conflitti di interessi diffusi, oppure ci ritroveremo all’infinito in situazioni analoghe, con o senza Berlusconi.

Puntuale e pasticciata, motivo per cui a settembre ripartirà dalla Camera, è arrivata il 29 luglio mentre gli italiani si mettono in viaggio per le vacanze, l’ennesima legge per vanificare i due processi più stringenti che attanagliano il Berlusconi da capolinea, che continua comunque a tenere in ostaggio il paese.

Questa volta, senza nemmeno la ricerca formale di qualche alibi apparente, si tratta del “processo lungo” che permetterà ai difensori del premier di citare testimoni ad libitum, allo scopo unico e palese di trasformare il processo Ruby da rito immediato a processo infinito ed il processo Mills, prossimo ad una sentenza scontata dopo la condanna del corrotto, in un processo semplicemente morto.

Il provvedimento è passato al Senato con 160 voti a favore e grazie alla 48° fiducia imposta dal governo, mentre dai banchi dell’opposizione l’IDV esibiva i cartelli con la scritta “ladri di giustizia”, ma tutto è andato come da copione senza che si facessero le barricate.

L’approvazione arriva il giorno dopo il giuramento del nuovo Guardasigilli, il peggiore uscito dalla “rosa” dei papabili, un ex magistrato di lunga e comprovata attività anti-pm, difensore strenuo di Dell’Utri e Previti con il quale vanta un’amicizia storica e consolidata, l’uomo che alla giustizia può garantire al massimo livello le aspettative di impunità per la casta-cosca. Il presidente della Repubblica tutto concentrato a demolire la pagliacciata leghista dei ministeri “padani” non ha trovato assolutamente niente da eccepire a questa nomina ed incredibilmente non perde occasione di “ammonire” i magistrati ad attenersi alla riservatezza e a non esorbitare dalle loro funzioni mentre il paese sta sprofondando in una tangentopoli di dimensioni tanto ramificate e stratificate da far quasi ridimensionare quella del ’92.

Siamo arrivati ad un livello talmente surreale che un ministro delle Finanze che ha avuto per anni come interfaccia un faccendiere del calibro di Milanese può dire senza suscitare reazioni dirompenti che ha usufruito della casa costosissima messagli a disposizione dal suo uomo perché in albergo non si sentiva sicuro e si “sentiva spiato” da uomini della GDF.

Si tratta di un quadro complessivo di uso personale dello Stato, di guerre per bande ai livelli apicali delle istituzioni, di asservimento degli organi di rappresentanza, di mancanza di volontà o incapacità di vigilare da parte del massimo organo di garanzia che deve richiamare veramente ogni cittadino ad esercitare con ogni mezzo democratico il suo diritto di critica, di controllo e di contrasto.

Sul fronte dell’opposizione non si ascoltano che bisbigli, reazioni difensive quando nel vortice delle tangenti vecchie e nuove vengono coinvolti esponenti del partito di appartenenza, vedi la vibrante invettiva di Bersani contro “le macchine del fango”, distinguo e disquisizioni sulla vera sinistra, come fa quasi quotidianamente Vendola che peraltro non ha mai chiesto scusa ai suoi elettori per aver messo alla sanità pugliese un personaggio come Alberto Tedesco.

Qui non si tratta davvero più di “antipolitica” o degli “umori antidemocratici” evocati sempre a sproposito dal Capo dello Stato. O noi troviamo veramente il modo di imporre a questa opposizione di invertire la rotta e cominciare da subito a recidere le relazioni pericolose e sedimentate tra politica ed affari e le miriadi di conflitti di interessi diffusi, oppure ci ritroveremo all’infinito in situazioni analoghe, con o senza Berlusconi. Come ha riconosciuto finalmente anche Franceschini nel corso dell’incontro con Sel, la politica deve anticipare e non andare nella migliore delle ipotesi ,obtorto collo, al seguito delle inchieste e cioè deve fare piazza pulita in primo luogo di una cultura dell’intrallazzo e della commistione politici affaristica diffusa trasversalmente, praticata e teorizzata. Vorrei chiudere con un ricordo personale che risale a diversi anni fa e che in questi giorni, in cui sta emergendo un viluppo di interessi indebiti e di opacità palesi (prima ancora che di reati gravissimi ancora da dimostrare) a carico dell’ex presidente della provincia di Milano Penati già capo della segreteria di Bersani, mi sembra più che profetico. Ero a Milano, a Brera in un circolo allora DS per la presentazione del libro “Mani Pulite la vera storia” con due degli autori Marco Travaglio e Peter Gomez e tra gli invitati c’era anche Filippo Penati insieme ad altri esponenti locali del partito. Da parte dei politici fu tutta una serie di attacchi a Mani Pulite, ai metodi del pool, al bilancio deludente dell’inchiesta, mistificando i patteggiamenti per assoluzioni, ed un richiamo arrogante al “primato della politica” minacciato dall’invadenza dei PM. Allora uscii semidisgustata da quella serata commentando che mi sembrava di essere in Club di FI; a distanza di circa nove anni posso purtroppo dedurre che mi sbagliavo di poco e che quello che impropriamente veniva rivendicato come “primato della politica” non era che “il primato degli affari” e delle mani libere.

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