A quel prezzo – 150 euro a tonnellata per far sparire rifiuti tossici – la
società Agrideco, con sede a Grosseto, era molto concorrenziale. Una ventina di
grandi imprese, fra le quali il gigante dei beni di consumo Procter &
Gamble e gli industriali siderurgici Lucchini e Marcegaglia, non hanno cercato di
capire perché lo fosse. E proprio questo contestano loro i magistrati della
procura di Grosseto, specializzati nei crimini contro l’ambiente.
Tutto ha inizio il 26 giugno 2008 con la morte per incidente di un operaio
romano dell’Agrideco, mentre stava manipolando bombole di gas. Scoppia un
incendio che durerà più di una settimana. Gli inquirenti si interessano alla
natura dei rifiuti trattati sul posto dagli operai e scoprono che sono
parzialmente pericolosi, mentre l’impresa non dispone della relativa autorizzazione.
Un anno e mezzo più tardi, martedì 9 febbraio, i carabinieri procedono a sei
arresti. Nove altre persone sono inviate agli arresti domiciliari e 46 sono
oggetto di un’indagine giudiziaria per falso e associazione a delinquere. Fra
queste ultime figura Steno Marcegaglia, proprietario dell’impresa omonima e
padre di Emma, attuale presidente della Confindustria, associazione di
imprenditori italiani. L’Agrideco, della quale cinque dirigenti sono indagati,
avrebbe smaltito un milione di tonnellate di rifiuti industriali contaminati
contenenti mercurio, gas tossici e terra inquinata da carburanti, infilandoli
in normali discariche in Toscana, Emilia e nel Trentino. Tutto questo grazie a
certificati falsi ottenuti da laboratori di analisi complici.
Le imprese coinvolte negano di essere state a conoscenza del traffico. Gli
inquirenti si meravigliano, da parte loro, che esse abbiano accettato senza
battere ciglio di fare trattare i loro rifiuti pericolosi a un prezzo più
vicino ai 30 euro/ton., richiesti per eliminare rifiuti non tossici, che ai 500
euro/ton. necessari per eliminare le scorie contaminate. ”I nostri dirigenti
sapranno dimostrare di non essere implicati”, ha dichiarato un portavoce
dei Marcegaglia.
Questo caso si aggiunge alla lunga lista di crimini accertati in questo
campo
in Italia. L’associazione di ecologisti Legambiente, che dal 1994
pubblica un
rapporto su questi traffici, stima che nel 2009 un terzo circa dei
rifiuti non
domestici è scomparso senza lasciare traccia. Vi è una forte
probabilità,
secondo Legambiente, che si tratti di rifiuti tossici. Questo cumulo di
scorie
che si riversano nelle cave, nei campi o finiscono frammischiati al
cemento o
alla terra che serve come sottofondo alle infrastrutture stradali
equivarrebbe
a una montagna alta 3.100 m con una base di 3 ettari. Il volume
d’affari di questo traffico, ampiamente gestito dalla mafia,
raggiungerebbe i 7
miliardi di euro. All’inizio limitato alle regioni del sud (Sicilia,
Calabria,
Campania, Puglia), il sotterramento illegale di rifiuti tossici
coinvolge ormai
tutta la Penisola. Dal 2001 al 2008 sono state condotte 121 indagini
giudiziarie su 560 imprese, che hanno portato a 800 condanne in 19
regioni su
20.
”L’Italia è a un tempo fortunata e disgraziata”, dichiara Stefano Ciafani,
direttore scientifico di Legambiente. ”Fortunata perché il fenomeno è ormai
noto ed è oggetto dell’attenzione di tutti gli ingranaggi dello Stato, dal Parlamento
ai servizi segreti, passando per la magistratura. Disgraziata perché si è
diffuso malgrado gli sforzi di tutti”.
Le associazioni ecologiste italiane, che spesso si costituiscono parte civile
nei processi dove si giudicano i trafficanti, si rammaricano del fatto che la
legislazione non permette di punire con la medesima severità tutti i responsabili
di questa catena fraudolenta.
Introdotto nel codice penale nel 2001, la fattispecie del delitto di traffico
di rifiuti tossici, secondo gli ecologisti, è troppo delimitata. ”Allargando
l’inquadratura penale del crimine l’azione dello Stato sarebbe più efficace”,
spiega Ciafani, il quale teme anche che la riforma delle intercettazioni
telefoniche in discussione in Parlamento, con l’obiettivo di limitare il loro
impiego ai soli casi di associazione mafiosa e di terrorismo, annienterebbe gli
sforzi dei carabinieri e dei magistrati. ”Se passa questa legge i
trafficanti di rifiuti tossici non rischiano più nulla”.
la riforma delle intercettazioni telefoniche in discussione in Parlamento, con l’obiettivo di limitare il loro impiego ai soli casi di associazione mafiosa e di terrorismo, annienterebbe gli sforzi dei carabinieri e dei magistrati. ”Se passa questa legge i trafficanti di rifiuti tossici non rischiano più nulla”.