C’è stato
un tempo in cui l’Italia chiuse nei ghetti il rispetto per la vita
umana, per la diversità, per l’umanità, condannando al dolore
centinaia di migliaia di persone, che di lì a poco finirono gasate o
arse nei forni dei campi di sterminio. Sono passati 71 anni dalle
leggi razziali che il governo fascista approvò contro gli ebrei,
considerati inferiori, impuri, diversi e quindi nemici, da condannare
senza alcuna remora.
Oggi, il governo dei postfascisti, guidato da un
Capo tanto potente quanto cafone, il quale pensa di gestire il Paese
alla stregua di una tenutaria di un antico bordello, la Storia
tristemente si ripete, con forme più raffinate, studiate a tavolino
per coprire con il silenzio il dolore assordante che irrompe dal
cuore degli ultimi. Il decreto sicurezza è legge, dopo
l’approvazione nei due rami del parlamento, avvenuta a colpi di
fiducia, così da scoraggiare eventuali dissidenti.
Così, tra i
sorrisi sporchi dei leghisti sbucano fuori le misure razziste contro
gli immigrati, capro espiatorio dei nostri tempi: reato di
clandestinità, che produrrà dolore per tutti, specialmente per
bimbi e famiglie, permesso di soggiorno a pagamento con tariffe
proibitive, la regolarizzazione delle ronde, finite in mano ad
un’organizzazione di estrema destra, la restrizione dell’istituto
del ricongiungimento familiare, e altro ancora.
Ma basta il reato di
clandestinità a riassumere tutto lo scempio umano che questo governo
di razzisti ha scelto di compiere. Qualcuno, all’interno della
maggioranza, non ci sta e propone interventi di regolarizzazione
almeno per colf e badanti (senza le quali il sistema assistenziale
nelle famiglie esploderebbe), ma solo perché è utile a noi
italiani, non di certo per una questione di angoscia per il destino
di centinaia di migliaia di persone che vivono nel nostro Paese e per
quello di altrettante che inevitabilmente cercheranno di raggiungerlo
in ogni modo per trovare salvezza, aiuto, speranza.
Nessuna parola di
condanna, di dissenso per delle misure che sono identiche alle leggi
razziali, con cui condividono persino certe esasperazioni, come il
divieto di matrimoni misti. Chissà che non arriveremo oltre, negando
agli immigrati l’accesso ai negozi, agli uffici e ai mezzi
pubblici. D’altra parte, c’è già stato qualche elemento della
maggioranza parlamentare che ha avanzato una simile proposta.
Questo
esecutivo è il peggiore della storia repubblicana. È quello che ha
disintegrato l’immagine, anche un po’ stereotipata, dell’Italia
solidale, accogliente, comprensiva nei confronti di chi compie
percorsi speculari a quelli affrontati dai nostri antenati. Un
governo il cui indirizzo è di fatto stabilito dalla Lega, da quel
nugolo di rozzi urlatori del Nord, rappresentanti di una parte della
nazione che si considera superiore, pura e cresciuta con il proprio
lavoro, dimenticando che sono stati gli immigrati, dal Sud Italia
prima e dai Paesi extracomunitari poi, a faticare per realizzare il
benessere del Settentrione.
Le camice verdi, che tra le proprie file
annoverano persone “colte ed equilibrate” come l’ultras
Salvini, il neonazista Borghezio e gli ex estremisti di sinistra
Maroni e Bossi, compiono il loro disegno, intriso di propaganda e
finalizzato a fabbricare schiavi a basso costo per gli amici
imprenditori. A difendere le loro scelte, oltre al duce “papi”
Berlusconi ed ai suoi fedelissimi adepti, ci sono Daniele Capezzone,
folgorato sulla via del potere e passato dalle battaglie libertine e
radicali alla passione liberticida e conservatrice, Maurizio
Gasparri, ex ministro del nulla e ora divenuto portavoce gracchiante
del Pdl, Ignazio La Russa, che il famoso ed ipocrita
“democraticamente” lo ha ormai riposto in un cassetto, Italo
Bocchino e tanti altri.
Ad uscire dal coro è rimasto solo Gianfranco
Fini, presidente della Camera, unico esponente della maggioranza ad
alzare la voce contro la deriva razzista del governo. Le sue continue
prese di posizione, i suoi appelli a rispettare l’essere umano, al
di là della sua situazione burocratica, cadono nel vuoto, senza
trovare sponde nella sua maggioranza.
Anche il mondo della Chiesa ha
preso posizione: non il Papa, non le alte gerarchie di Roma, bensì
la Cei, la Caritas, il responsabile pontificio per l’immigrazione,
tutti insieme hanno condannato una legge che porterà dolore e
orrore, così come già hanno fatto (e continuano a fare) i
respingimenti in Libia, altra terribile violazione dei diritti umani,
altra tragedia condannata ad annegare nel silenzio e nella
solitudine. Una solitudine che avvolge gli immigrati e tutti coloro
che vivono con loro, condividendone le angosce, le paure, le
difficoltà, anche se nessuno di noi potrà mai realmente capire cosa
si prova a vivere in uno Stato straniero, impossibilitati a tornare
indietro, lavorando duramente per andare avanti e far sopravvivere la
propria famiglia, accettando anche condizioni di lavoro e di vita
sfavorevoli, ed essere per giunta additati come nemici, criminali,
invasori, finendo addirittura in un pacchetto sicurezza insieme a
mafiosi, stupratori, usurai, assassini.
Povera gente trattata come
fossero belve feroci. Bambini costretti per legge alla clandestinità,
privati di cure e di istruzione, destinati ad una vita da latitanti
senza colpa, se non quella di essere nati in Italia da genitori
immigrati. Il governo Berlusconi sta fomentando un massacro civile e
sociale, silenzioso, taciuto dall’informazione di regime, destinato
a chi è diverso, non migliore né peggiore, semplicemente diverso.
C’è chi già si prepara ad atti di disobbedienza civile, ad una battaglia durissima contro questo gruppo potente di aguzzini, sostenuti da una parte sempre più cospicua della popolazione italiana. Una lotta in cui bisognerà mettersi in gioco, in cui sicuramente si sentirà la mano pesante dello Stato, pronto a colpire chiunque dissenta, chiunque si ponga nell’illegalità per il solo fatto di non rispettare una legge ingiusta, inaccettabile. I
n questa nazione senza popolo e piena di individui confusi in una massa informe e mutevole è davvero difficile sperare in un cambiamento, ma non si può fare a meno della speranza, perché è proprio quello che ci insegnano ogni giorno i nostri amici migranti.