La laicità in Italia: il caso scuola

di Virginia Mariani - 06/07/2010
Si moltiplicano a scuola i progetti, da quelli d’Istituto ai cosiddetti PON, fra cui anche quelli correlati alla legalità e ai Diritti Umani, ma chissà perché una conferenza sulla laicità nella scuola non è percepita come importante in questo percorso di formazione e informazione.

Così è stato per alcune testate giornalistiche locali e così è stato per la maggiorparte delle persone (amministratori, dirigenti, docenti) invitate dalla comunità battista di Mottola alla conferenza con il prof. Nicola Panatelo, presidente dell’Associazione “XXXI Ottobre”, su “La laicità in Italia: il caso scuola” svoltasi sabato 26 giugno 2010.
L’incontro è stato particolarmente interessante e illuminante anche perché il relatore ha prima presentato una panoramica storica dall’Unità d’Italia, all’indomani della quale la religione fu eliminata dalla scuola, attraverso l’Assemblea Costituente durante la quale prevale il mantenimento del Concordato fra fascismo e chiesa cattolica (i Patti Lateranensi), al Nuovo Concordato del 1984, dopo il quale la religione cattolica non è più religione di Stato, sebbene l’IRC (insegnamento religione cattolica) ci sia ma sia facoltativo.
Naturalmente la decisione di rendere facoltativo l’IRC ha prodotto da parte dei clericali il ricorso alla Corte Costituzionale che non ha accolto il ricorso e ha decretato che a chi non si avvalga siano date quattro possibilità: un’altra materia (o materia/ora alternativa), studio assistito, studio da solo, entrata posticipata/uscita anticipata.
Questi sono i nostri giorni, giorni in cui la Corte Costituzionale ha ribadito la laicità dello Stato, giorni in cui il termine “laico” per molti significa ancora “non-chierico”, giorni in cui in Italia lo stesso Stato non riconosce e non difende la sua laicità, giorni in cui si verificano casi di discriminazione contro docenti e dirigenti non allineati, i proff. Coppoli e Marani puniti con la sospensione dal lavoro e dello stipendio, giorni in cui il TAR del Lazio ha dichiarato che non debbano esserci crediti per chi segue l’IRC poiché è un insegnamento facoltativo, e in cui il Consiglio di Stato ha deliberato che invece debbano esserci ma a condizione che sia istituita la materia alternativa.
Già, la materia alternativa, ma con quali fondi? Con quelli che da sempre le Regioni hanno avuto, ma che mai sono stati richiesti poiché non si sapeva ci fossero o non si voleva si sapesse.
Dal partecipato dibattito è anche emerso, fra domande e altre considerazioni, che durante quest’ora, che ha il privilegio di essere svolta durante l’orario curricolare sebbene sia facoltativa, in effetti non è che si faccia proprio religione, ragion per cui la Congregazione per l’educazione religiosa ha inviato una lettera a tutti i docenti (assunti dal Vaticano ma pagati dallo Stato italiano) per richiamare al rispetto dell’insegnamento della dottrina.
Si è appreso, inoltre, che i docenti di religione in busta paga prendono anche di più degli altri docenti che, fra l’altro, al loro contrario devono superare regolare concorso per accedere al ruolo. Può sembrare che la questione riguardi soltanto i non-cattolici, ma in uno Stato che si ritiene sviluppato, progredito, esportatore di democrazia nei Paesi teocratici, è questione seria che riguarda la democrazia, il rispetto dei diritti fondamentali, la legalità nonché le pari opportunità.
Di questo parere anche alcuni cattolici, anche docenti di religione, che sono in sintonia con le posizioni dell'Associazione “XXXI Ottobre” o che partecipano attivamente a i convegni organizzati da quest’ultima in tutto il territorio nazionale. Il prof. Pantaleo ha concluso il proficuo incontro ribadendo che, nonostante sia un’utopia, bisognerebbe rivedere il Concordato Stato-chiesa aggiungendo che la proposta dell’Associazione è che nelle scuole ci sia un “insegnamento delle religioni” per il quale ci sono già Facoltà universitarie che preparano i futuri docenti in scienze religiose.

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