«Difendere l’acqua, proteggere i beni comuni: perché dovremo scendere in piazza il 12 giugno»

di Emanuele Genovese - corriere.it - 30/05/2021
I ragazzi di Fridays For Future Italia si uniscono agli attivisti del Forum italiano dei movimenti per l’acqua per chiedere una svolta del governo a 10 anni dal referendum «tradito» del 2011, quando 27 milioni di elettori si espressero contro la privatizzazione dei servizi idrici

«La mattina di giovedì 20 maggio, il giorno prima dell’Health Summit del G20, attivisti e attiviste del Forum italiano dei movimenti per l’acqua sono entrati nel ministero per la transizione ecologica per consegnare al ministro Cingolani tre taniche d’acqua, accompagnate da tre rivendicazioni:
- Acqua pubblica, come richiedono da 10 anni i 27 milioni di elettori ed elettrici che hanno votato sì ai referendum su acqua e nucleare;
- Fuori i privati dai servizi essenziali, a partire da servizi pubblici locali e sanità;
- Fermare la devastazione ambientale e le attività inquinanti.

Tema portante il riconoscimento dell’acqua e degli altri beni comuni: proprio la mercificazione dell’acqua ha reso i distacchi idrici in tempo di pandemia concepibili e anzi normalizzati, e ha aggravato le deleterie politiche ambientali degli ultimi anni, dalle quali l’attuale PNRR non sembra discostarsi».

I ragazzi di Fridays For Future Italia si uniscono agli attivisti del Forum italiano dei movimenti per l’acqua per chiedere una svolta del governo a 10 anni dal referendum «tradito» del 2011, quando 27 milioni di elettori si espressero contro la privatizzazione dei servizi idrici

«L’azione è la prima di una serie di interventi che lanceranno il decennale del referendum (qui la pagina Facebook) , tenutosi il 12 e 13 giugno 2011, per riaccendere un necessario dibattito sui beni comuni con una manifestazione nazionale a Roma nei giorni dell’anniversario».

 

Che cosa sono i beni comuni

«I beni comuni sono risorse la cui gestione è affidata direttamente alle comunità locali, una governance tutta nelle mani di chi usufruisce del bene. La battaglia per i beni comuni cerca quindi di favorire la partecipazione popolare, di passare da consumatori a cittadini. Ciò che riguardava i quesiti sull’acqua erano infatti i sistemi di gestione: non tanto richiederne una pubblica, comunque delegata a pochi e centralizzata, quanto una costruita assieme alle comunità».

Cosa resta del referendum abrogativo

«Il referendum aveva carattere abrogativo e due quesiti, entrambi legati al tema della gestione e della proprietà. Parte del processo culturale da cui nacque il referendum si deve al lavoro della Commissione Rodotà che fu istituita nel giugno 2007 allo scopo di proporre una legge delega di riforma del terzo libro del Codice civile italiano, quella riguardante la proprietà. L’obiettivo era contrastare la concentrazione del potere (ripetiamo nel caso dell’acqua di gestione non di possesso) in poche mani, pubbliche o private. Il quorum fu raggiunto e la vittoria schiacciante, ma nessun governo si è mai mosso nella direzione della deliberazione popolare, deliberazione che per aspetti storici andava molto al di là delle richieste specifiche dei singoli quesiti.

 

«Nel 2007 la Commissione Rodotà connesse da subito il tema dei beni comuni e il principio di sostenibilità, dicendo che essi “vanno collocati fuori commercio”, devono essere gestiti con strumenti a vocazione pubblica e basati sui principi di eguaglianza e solidarietà»

 

«Difendere l’acqua, proteggere i beni comuni: perché dovremo scendere in piazza il 12 giugno»

 

La legge ancora chiusa in un cassetto

A dimostrazione di ciò la legge per l’acqua pubblica promossa dal Forum dei Movimenti per l’Acqua sin dal 2007 con oltre 400mila firme a sostegno rimane chiusa in un cassetto della Camera, pur costituendo la concreta attuazione della volontà popolare». «L’obiettivo della legge è di elaborare un nuovo modello di gestione pubblica, partecipativa e ambientalmente ecosostenibile, soprattutto di fronte alla sfida dei cambiamenti climatici, con tariffe eque per ogni cittadino e cittadina, un modello che garantisca gli investimenti necessari fuori da qualsiasi logica di profitto e i diritti di lavoratori e lavoratrici. La Commissione Rodotà inoltre connesse da subito il tema dei beni comuni e il principio di sostenibilità, dicendo che essi “vanno collocati fuori commercio”, devono essere gestiti con strumenti a vocazione pubblica e basati sui principi di eguaglianza e solidarietà “anche nell’interesse delle generazioni future”».

 

Il tema della privatizzazione

«Il primo quesito, che portò all’abrogazione del decreto Ronchi, riguardava direttamente l’obbligo di privatizzazione della gestione mentre il nodo mercificazione fu affrontato indirettamente tramite il secondo quesito, quello su “un’adeguata remunerazione del capitale investito”. Il riferimento è qui alla legge Galli che stabilisce che la tariffa ”è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito” senza nessun obbligo di reinvestimento degli introiti nel miglioramento della qualità del servizio. Non ci sono, ad esempio, per la manutenzione minima dei servizi, lo testimoniano le perdite elevatissime in tutto il paese che creano poi gravissimi squilibri ambientali; in sintesi, nel tempo della crisi climatica, la aggravano. Il punto è proprio questo, inserire come obiettivo principale il profitto confligge con la conservazione del bene stesso, la sua riproducibilità. In questa riflessione riemerge anche la questione acqua-merce: essendo soggetta alla speculazione come una qualunque commodity, la sua disponibilità per qualunque persona non è garantita nè oggi nè alle già citate generazioni future».

 

Problema democratico

«L’inazione dopo una mobilitazione così diffusa non ha fatto altro che alimentare il disamore e disincanto della popolazione verso la politica: quelle forme di partecipazione attiva previste dalla costituzione (leggi popolari e referendum) sembrano perdere qualunque valenza, e così aumenta lo scollamento fra alcune parti del paese. Come scrive il Forum, assistiamo alla riproposizione delle “stesse ricette a base di privatizzazioni e cieca fiducia nel mercato ribadite nel PNRR”, di promesse vuote; perché se la questione idrica non sarà affrontata non lo sarà nemmeno quella climatica e quella della salute».

Emanuele Genovesegiovane attivista di Fridays For Future Italia

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