Alfiero Grandi. Referendum taglio parlamentari e amministrative in unica giornata

di Alfiero Grandi - jobsnews.it - 14/08/2020
La decisione della Corte lascia l’allure di un escamotage per evitare di pronunciarsi nel merito

La Corte costituzionale si è pronunciata sui ricorsi presentati contro la tornata elettorale unica che porterà a votare il 20/21 settembre per circa 1000 Comuni, per 6 regioni, per i seggi parlamentari non occupati e per il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. Il referendum costituzionale dovrà decidere se approvare quanto già votato dal parlamento oppure respingerlo lasciando immutata la Costituzione, come avvenne nel 2016 con la controriforma Renzi. Quando la Corte si pronuncia, anche se le sentenze possono lasciare delusi, è giusto avere rispetto per le decisioni e per la Corte. Il nostro paese ha già abbastanza crisi di credibilità politica ed istituzionali, per questo è bene mantenere un atteggiamento di rispetto verso la Corte e le sue decisioni. Naturalmente si possono discutere e criticare le sentenze ma sempre mantenendo un atteggiamento di rispetto verso un’istituzione decisiva per garantire il rispetto della Costituzione, legge fondamentale per il nostro paese.

Anzitutto va detto che i quesiti che il nostro Comitato per il No al taglio del parlamento ha appoggiato, presentati da diversi avvocati come Besostri, La Macchia ed altri, non sono ancora arrivati alla valutazione della Corte costituzionale. Questo perché non potevano essere presentati dal Comitato per il No direttamente alla Corte ma solo ai giudici dei tribunali i quali, ove rilevassero potenziali contraddizioni con la Costituzione, potrebbero prendere l’iniziativa di sottoporli alla stessa per un giudizio conclusivo sulla costituzionalità delle norme, ma finora nessun giudice ha esaminato il quesito posto dagli avvocati citati. Il nostro Comitato per il No non è organo dello Stato, ancorché provvisorio fino all’effettuazione del referendum, perché non ha raccolto le firme e quindi non l’ha promosso, diversamente dai 71 senatori promotori che invece hanno fatto ricorso diretto alla Corte costituzionale.

La valutazione della Corte è che in sostanza il comitato dei senatori, che ha promosso il referendum, non avrebbe una competenza sulla decisione di arrivare all’election day che esulerebbe dal suo raggio d’azione. Se lo afferma la Corte occorre riflettere, ma resta il dubbio sui criteri che la Corte ha usato per decidere che l’election day non avrebbe influenza sulla materia propria dei senatori che hanno promosso il referendum, i quali hanno argomentato che decidere di votare per tante ragioni diverse nello stesso momento ha l’obiettivo di portare a votare più elettori nella convinzione che il referendum in quanto tale non sia in grado di farlo e quindi è una scelta di parte per tentare di fare vincere il Si. La controprova è che l’election day ha avuto bisogno di una modifica della legge vigente. L’argomentazione dei senatori non è peregrina e se fosse stata esaminata nel merito, anziché escludere in radice la competenza dei senatori a sollevare il quesito, la discussione sarebbe stata più complessa. La decisione della Corte lascia l’allure di un escamotage per evitare di pronunciarsi nel merito ma anche gli escamotage sono scelte e quindi risultano evidenti ad uno sguardo attento.

Tralascio i pronunciamenti sul ricorso del senatore De Falco e di più Europa, per soffermarmi sul quesito della Regione Basilicata.

La Regione Basilicata ha sollevato un quesito a cui è stato opposto la non titolarità della regione sulla materia e quindi evitando un pronunciamento di merito, più o meno come per i senatori. Invece la Basilicata ha sollevato un problema che è scritto a chiare lettere nella Costituzione. La regione Trentino Alto Adige è composta di due province autonome, Trento e Bolzano, articolo 116, secondo comma. Perché a due province (una sola regione) toccano 6 senatori e alla Basilicata, paragonabile per abitanti, solo 3? Per di più proporzionalmente l’ingiustizia è simile per altre regioni, più gli italiani all’estero. Se la Corte avesse riconosciuto la fondatezza del ricorrente avrebbe dovuto pronunciarsi criticamente sul merito e quindi sul taglio del parlamento e forse arrivare a rinviare la legge alle camere per le correzioni. Invece ha scelto di non riconoscere che la Regione avesse titolo per il ricorso, senza peraltro chiarire chi ne avrebbe titolo, forse un gruppo di elettori?

Resta il fatto che il mercimonio per ottenere i voti necessari per la modifica della Costituzione ha riconosciuto un di più di senatori a chi poi ha votato a favore e ha nello stesso tempo sottratto rappresentatività ad altre regioni. La modifica costituzionale è sbagliata, ingiusta e rende di fatto impossibile al senato l’attuazione di una proporzionalità in tante regioni dove passeranno solo i candidati di due, al massimo tre partiti.

Sarebbe stato utile conoscere il giudizio di merito della Corte che ha preferito fermarsi sulla soglia, giudicando il soggetto ricorrente non titolato a farlo e quindi evitando di entrare nel merito.

Altre volte la Corte ha avuto coraggio e ha precorso i tempi, come ogni volta che ha dato al parlamento un tempo congruo per cambiare una determinata legislazione, riservandosi di intervenire direttamente ove non si fosse provveduto nei tempi indicati. Qui si è scelto di non precorrere. Forse ha influito il timore di terremotare un quadro politico e istituzionale già pericolante. Comunque sia la Corte non ha scritto una pagina anticipatrice di scelte come altre volte e ha preferito trincerarsi dietro alla congruità o meno di chi ha sollevato il conflitto, nella speranza di una risposta positiva.

Pazienza. A questo punto resta solo da condurre nel modo migliore la campagna referendaria per il No, per cercare di affossare la controriforma del taglio dei parlamentari dall’entrata principale, cioè conquistando la maggioranza dei partecipanti al voto alla causa del No, respingendo questa controriforma costituzionale come è accaduto già nel 2016.

Questo articolo parla di:

archiviato sotto: