Barbero e "il ventaglio di motivi" della guerra della Russia in Ucraina

di Redazione Il FattoQuotidiano - ilfattoquotidiano.it - 23/05/2022

Dopo settimane di silenzio durante le quali Alessandro Barbero, storico e divulgatore televisivo, ha deciso di non intervenire e di non rilasciare interviste in merito all’invasione russa dell’Ucraina, lo storico ha parlato del conflitto in corso con degli studenti. Il giorno dopo le celebrazioni del Giorno della Vittoria, Barbero è intervenuto (durante un’iniziativa in streaming) al liceo Torricelli di Somma Vesuviana, come anticipato su Domani da un articolo di Selvaggia Lucarelli. Il ragionamento di Barbero si sviluppa nelle diverse risposte a studenti e professori e tocca diversi aspetti che si legano tra loro che non sono riassumibili in una clip come questa che ilfattoquotidiano.it ha deciso di mostrare. Per questo, per farsi un’idea completa, è possibile ascoltare l’intervento integrale dello storico (di circa un’ora e mezzo) a questo link youtube.

Per esempio Barbero parla della “selettività” della memoria collettiva, che è molto presente nella comunicazione di questi mesi sia nel discorso pubblico dell’Ucraina sia in quello della Russia. E viene incalzato da uno studente che gli ricorda che in questo caso “ci sono un aggressore e un aggredito”. Lo storico risponde che questo rivela il clima di queste settimane: “La storia è fatta di aggressioni e lo storico sa che farsi prendere dalle emozioni, avere come reazione principale la condivisione della sofferenza di chi è aggredito non può essere la reazione dominante. Il mio mestiere è un altro, è capire. Questo non vuol dire che non ci siano casi in cui io faccio il tifo. Nella Seconda guerra mondiale i vincitori erano dalla parte giusta, ma non faccio fatica a dire che hanno commesso orrori. Che i sovietici hanno sterminato gli ufficiali polacchi nelle fosse di Katyn, che Churchill ha fatto morire milioni di indiani ai tempi della carestia del Bengala, non faccio fatica a dire che i bombardamenti aerei degli Alleati sulle città italiane e tedesche siano stati indiscriminati. Tutto questo non mi impedisce di dire che c’era una parte che aveva ragione. E per fortuna ha vinto quella che aveva ragione. Anche nella guerra tra Russia e Ucraina, se uno è convinto che l’Ucraina abbia ragione va bene, ognuno fa le sue scelte emotive e morali, ma questo non deve diventare tifo da stadio. E’ come se uno, discutendo di Seconda guerra mondiale, siccome gli alleati avevano ragione, dicesse ‘non voglio discutere delle bombe atomiche sul Giappone e se tu discuti la legittimità di sganciare delle bombe atomiche vuol dire che sei con Hitler’. Io non ci sto”.

Nello spiegare il “ventaglio di motivi” che hanno spinto la Russia a invadere l’Ucraina, lo storico parte poi da un paragone: “Immaginate due paesi confinanti un paese A e uno B. Confinano e non si vogliono bene e hanno un lungo passato di contrasti. Nel paese A, vicino al confine, ci sono alcune province i cui abitanti parlano la lingua del paese B, hanno la stessa nazionalità del Paese B, però si trovano nel paese A, dove si trovano male, sostengono di essere oppressi, discriminati. Si ritengono discriminati. Molti di loro, giovani, intellettuali, professori vorrebbero essere nel paese B. Il Paese A e B sono in costante tensione, e finalmente a un certo punto il Paese B dichiara guerra al Paese A o comunque lo invade, allo scopo dichiarato di liberare i compatrioti che vivono oppressi nelle province di confine del Paese A”. “Sto raccontando il 24 maggio del 1915 quando l’Italia ha invaso l’impero austriaco per liberare Trento e Trieste“, spiega ancora lo storico, ricordando che nelle due città delle zone irredente, però, i connazionali avevano scuole, giornali e università nella loro lingua. Quindi lo storico invita gli studenti a immaginare di traslare il racconto sui recenti fatti di cronaca: “Se invece stessi raccontando la decisione della Russia di invadere l’Ucraina per liberare i connazionali oppressi di Donetsk e Lugansk, allora forse potrei aggiungere che i russi che vivono in Ucraina non avevano diritto di usare la loro lingua, non avevano scuole nella loro lingua perché il governo Zelensky ha abolito l’uso del russo“, spiega ancora. Quindi, conclude, “uno dei motivi per cui è entrata in guerra è per garantire l’indipendenza o annettere le regioni dell’Ucraina abitate in maggioranza dai russi”.

Una seconda motivazione, continua, è quella della “paranoia russa“. Spiegando che nella cultura politica russa “l’ossessione di essere aggrediti è costante”, Barbero, sottolinea che sì “la Russia si è sempre comportata da potenza colonialista” ma che “nei rapporti con l’Europa occidentale, non ha mai avuto nel suo Dna la voglia di espandersi ‘fino al Portogallo'”. Piuttosto c’è sempre stata “la paranoia di essere aggrediti dall’Occidente”. E quindi, prosegue, pur ammettendo che oggi Putin “non avesse alcun motivo per temere una minaccia militare da Occidente”, spiega, “l’Occidente nel suo candore, però, dopo aver promesso a Gorbaciov che la Nato non si sarebbe mai allargata a Est, ha progressivamente fatto entrare nella Nato tutti i paesi dell’Europa orientale, fino a portare le basi Nato fino ai confini con la Russia”. Perciò, conclude, “se tu hai a che fare con una grande potenza paranoica, e sai che quella grande potenza ha paura più di ogni altra cosa di una minaccia militare dell’Occidente, devi sapere che quando tu ti avvicini ai suoi confini, provocherai una reazione nei tuoi interlocutori”. “Che Putin lo pensasse o no, il modo in cui ha venduto al suo popolo l’invasione dell’Ucraina è stato questo”.

E poi ci saranno altre ragioni, dice Barbero, come un’attitudine imperialista che il Paese ha avuto sugli Stati intorno dopo la fine dell’Urss e poi ancora motivazioni che “noi oggi non conosciamo, ma che gli storici del futuro conosceranno: la politica interna russa, i gruppi di potere, i rapporti di Putin con gli oligarchi, coi militari, coi servizi segreti: ha fatto qualcosa da disperato contro il parere dei suoi sostenitori oppure c’erano gruppi di potere in Russia che desideravano questa cosa? Si è mosso da solo – assomigliando sempre di più a un dittatore perso nel suo mondo – o invece ha fatto qualcosa che aveva un senso nel quadro della sua forza all’interno della Russia? Questo ora non possiamo saperlo, lo sapranno gli storici del futuro”.

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