L’Occidente è sempre buono: il vecchio vizio non tramonta

di Tomaso Montanari - ilfattoquotidiano.it - 16/05/2022
I “custodi” dei valori etici - Pensiero critico. Distinguere Europa e Usa, Nato e Ue, interessi da valori, altrimenti il del resto dell’umanità continuerà a vederci come dominatori monopolari

Inostri valori. Nostri dell’Occidente, si intende. Siamo in guerra per quelli, ci dicono. Per il Corriere della sera “la resistenza ucraina ha risvegliato i valori occidentali”, e Mario Draghi ha detto, a Capitol Hill, che siamo di fronte a “una grande sfida per i valori al centro della democrazia. Questo è un attacco al sistema internazionale basato sulle regole che abbiamo costruito insieme dopo la Seconda guerra mondiale”. Il messaggio è molto chiaro: l’Occidente è il custode dell’ordine etico mondiale. La nostra supremazia sull’umanità è implicita. Il nostro interesse è legittimo: chiunque lo minacci non è solo un nemico. È “cattivo”.

Tutto suggerisce che il conflitto in Ucraina non sia un episodio, ma l’inizio di una fase. Il fatto che la maggioranza dell’umanità (guidata da Cina e India) abbia preferito di fatto schierarsi (nel rifiuto delle sanzioni, e nell’opposizione alle inchieste sui crimini di guerra russi) con un tiranno sanguinario come Putin e contro le democrazie occidentali dovrebbe farci capire come siamo percepiti. Del resto, siamo noi ad annunciare guerra al mondo. Francesco Pallante, su Volere la Luna, ha richiamato l’attenzione sulle parole pronunciate dal segretario della Nato Stoltenberg lo scorso 28 aprile: “La Cina per la Nato non è un nemico, ma la sua crescita ha implicazioni per la nostra sicurezza e tutto ciò verrà preso in considerazione dal prossimo piano strategico.

La Cina non rispetta i nostri valori democratici, investe nella marina e nella tecnologia dei missili ipersonici, si avvicina a noi nell’Artico e in Africa, vuole controllare le infrastrutture tecnologiche come il 5G e ha partnership sempre più stretta con Mosca”. Commenta Pallante: “Anziché starsene buona al posto che noi le abbiamo assegnato, la Cina (ma il discorso vale per qualsiasi potenza non allineata all’Occidente) osa avvicinarsi a noi economicamente, tecnologicamente, militarmente. E, così facendo, insidia la posizione di dominio planetario detenuta dagli Usa e dalla Nato. Autodeterminazione dei popoli, concorrenza di mercato, libertà di scegliersi il proprio sistema di governo? Tutte fandonie, buone a imbonire l’opinione pubblica. Al cuore delle relazioni internazionali vi sono, sempre e soltanto, per tutti gli Stati, politiche di potenza”. Uno scenario da incubo: se la guerra Occidente-Russia in Ucraina non sfocia in un olocausto nucleare globale, la prossima tappa sarà una guerra Occidente-Cina.

È allora urgente tirare il freno di emergenza: e quel freno si chiama “pensiero critico”. Questo ospite scomodo, eppure vitale, che abita tra i famosi valori occidentali non per difenderli con le armi, ma per rinegoziarli, cambiarli, complicarli, aprirli. Distinguere Europa da America, Nato da Unione europea, interessi da valori. Imparare a guardarci con gli occhi degli altri: del resto dell’umanità, che ci vede (a ragione) come dominatori di un mondo monopolare. E – per il nostro Paese, piantato nel Mediterraneo, ai confini dell’Occidente – praticare un deciso multilateralismo: tutto il contrario dell’atlantismo di Draghi.

È Papa Francesco – che non è un occidentale, ma uno che viene “dalla fine del mondo”, per dirla con parole sue – a invitarci costantemente a cambiare sguardo. Per farlo, dobbiamo ritrovare e ascoltare le tante voci che, nell’Occidente, hanno contraddetto l’immagine dell’Occidente, criticandolo anche in modo aspro.

Nel 1914, per esempio, il grande musicologo francese e premio Nobel per la letteratura Romain Rolland scrisse una serie di riflessioni contro la Grande guerra, e contro la retorica dei valori occidentali (oggi in Patrie. Lettere. Tolstoj, Zweig, Rolland e don Milani. Piccola antologia di scritti sul patriottismo con quattro tavole di Frans Masereel, Analogon Edizioni 2019). “Il nemico peggiore – notava – non si trova al di là delle frontiere, esso è all’interno di ciascuna nazione e nessuna nazione ha il coraggio di combatterlo. Questo mostro a cento teste si chiama imperialismo, un orgoglio e una volontà di dominio che vuole assorbire, sottomettere o distruggere tutto, che non tollera alcuna libera grandezza al di fuori di se stesso”.

Rolland citava le parole che il grande poeta indiano Rabindranath Tagore aveva appena pronunciato a Tokyo sulla civiltà occidentale: “Essa consuma i popoli che invade; stermina o annienta le stirpi che ostacolano la sua marcia di conquista. Una civiltà di cannibali. Opprime i deboli e si arricchisce a loro spese. Col pretesto del patriottismo essa tradisce la parola data, tende senza vergogna i suoi tranelli di menzogne, erige idoli mostruosi nei templi dedicati al Guadagno, il dio ch’essa adora. Ebbene noi profetizziamo che tutto ciò non durerà per sempre…”. Rolland sottolineava: “Tutto ciò non durerà per sempre”. E supplicava: “Avete sentito uomini europei? Non tappatevi le orecchie!”. Oggi vale per noi: se non vogliamo un futuro di guerra continua, non tappiamoci le orecchie, non copriamoci gli occhi.

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