Presidi umani contro lo scempio alla Costituzione

di Pancho Pardi - Il Manifesto - 05/07/2013
La legge di modifica costituzionale trattata come ordinaria legge d’urgenza. Fretta e tempi contingentati.

Martedì notte in poche ore la Commissione Affari Costituzionali ha licenziato il disegno di legge 813 che istituisce il Comitato di 20 senatori e 20 deputati cui è attribuito il compito di modificare la Costituzione in ben 4 Titoli della seconda parte (I, Il Parlamento; II, Il Presidente della Repubblica; III, Il Governo; V, Le Regioni, le Provincie e i Comuni).

In materia di stretta pertinenza parlamentare, il disegno è di iniziativa del governo. Questo nasceva con scopi limitati e temporanei ma ora detta modi e tempi per cambiare una Costituzione che era stata confermata a larga maggioranza dal popolo nel referendum del 2006.

E lo fa con una plateale e molteplice violazione dell’articolo 138, che regola le modifiche costituzionali. La prima violazione è globale. Una coerente giurisprudenza costituzionale ha sancito il principio che le modifiche devono essere di carattere emendativo, puntuali e omogenee. Questo il centrosinistra aveva opposto alla riforma del centrodestra. Ora il PD tradisce il principio e accetta di discutere modifiche complesse fino al punto di poter cambiare la forma di governo e di Stato. Si rovescia la ratio costituzionale. Finora la revisione costituzionale era subordinata alla Costituzione. Ora si eleva la revisione a prassi dominante sulla Carta.

Il governo non ha il coraggio di cambiare l’art. 138 ma lo deroga. La sede propria della discussione parlamentare sono le Commissioni al completo, ognuna per conto proprio oppure insieme in sede bicamerale. Qui si inventa un comitato bicamerale di commissioni incomplete: 20 senatori e 20 deputati, di cui resta oscuro il criterio di scelta. Il principio di rappresentanza viene alterato: non valgono solo i seggi ma anche i voti ricevuti. Il PD rinuncia all’effetto del premio di maggioranza alla Camera. Mentre si illude che il fair play possa rabbonire il Caimano trascura il fatto che l’opposizione resta pericolosamente schiacciata. Le Commissioni Affari Costituzionali, si dice, continueranno a lavorare: quando e come? Di fatto, non potendo trattare la vasta materia della revisione costituzionale, sono esautorate dal Comitato dei 40. Ma un punto di gravità oggi incalcolabile è le predeterminazione dei tempi. La volontà del governo, assistita dalla coriacea regia del Quirinale, pretende che tutto sia concluso entro un anno e mezzo. Non solo Commissioni e Aule a passo di carica, con tempi contingentati, come se si trattasse di un decreto legge, ma accorciamento a un mese del periodo di tre messi previsto dalla Costituzione vigente per il secondo passaggio nelle Camere.

Dei temi principali di modifica ci sarà occasione di parlare in modo approfondito, ma un solo accenno basti. Se tutto va come le larghe intese vogliono, con questa procedura da formula 1 potremmo ritrovarci in una repubblica presidenziale, in cui per la stessa fretta non si sarà neanche trovato il modo di impedire che il presidente sia il proprietario delle televisioni private e dominatore di quelle pubbliche.

E’ ora necessaria un’energica ripresa dell’iniziativa popolare. Bisogna contrastare in tutte le sedi il principio dominante di questa operazione: la Costituzione non dà a chi governa gli strumenti per farlo. Non è vero. Gli strumenti ci sono, è la politica a fare cilecca. Il PD guardi dentro sé stesso: la caduta del primo governo Prodi nel 1998 era colpa della Costituzione o della insipienza delittuosa del centrosinistra?

L’opposizione nel Comitato e in aula non ha i numeri sufficienti. I parlamentari del PD di buona volontà facciano mancare i due terzi che escludono il ricorso al referendum. E’ essenziale che la libera cittadinanza riprenda la parola e si faccia sentire da lunedì prossimo. Prepariamo presidi umani di fronte alle sedi parlamentari in cui si prepara lo sfregio alla Carta. Prepariamo una manifestazione nazionale e una staffetta di scioperi della fame in contemporanea con la discussione in aula. Ricordiamo ai parlamentari che se la Consulta dovesse stabilire l’incostituzionalità della legge con cui sono stati eletti essi non hanno alcuna legittimità per toccare la Costituzione.

 

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