25 anni dopo Capaci, l’Italia non è cambiata

di Antonio Ingroia - Il Fatto Quotidiano - 24/05/2017

Sono trascorsi 25 anni dalla strage di Capaci. Da quando in tanti, sentendoci in colpa per non aver fatto abbastanza per sostenere Giovanni Falcone che si era sacrificato per tutti, abbiamo avvertito il dovere di fare di più per rendere l’Italia un Paese più libero, più giusto, più onesto. Molti si sono impegnati, ognuno per la propria parte e il proprio ruolo. Ma dopo 25 anni troppo poco è cambiato e molto neppure in meglio. Isolato a Palermo e a Roma fu Falcone, isolato a Palermo e a Roma è oggi un magistrato come Nino Di Matteo, per il quale il tritolo è pronto da tempo nell’indifferenza di chi dovrebbe sostenerlo e difenderlo, e invece non nasconde nei suoi riguardi diffidenza e persino ostilità. Così come verso altri magistrati e cittadini impegnati sullo stesso fronte dello scontro coi potenti di ieri e di oggi. L’accanimento nei confronti di Woodcock a Napoli ne è un altro recente esempio.

Tanto meno la politica di oggi è migliore di quella di allora. Una classe politica corrotta e collusa con la mafia, soprattutto al Sud, nelle terre di confine spesso dimenticate. Ce ne accorgiamo ogni volta che scoppia uno scandalo, com’è successo nei giorni scorsi a Trapani, terra di mafia e massoneria, la terra di Matteo Messina Denaro che ne è la cerniera, fra passato e presente. Dove due candidati sindaci sono accusati di corruzione e collusione con la mafia, ed uno è stato addirittura arrestato, mentre un sottosegretario di governo è accusata di corruzione per avere presentato un emendamento di favore in cambio di un Rolex. Vale la presunzione d’innocenza, certo. Ma non si capisce come mai la politica anziché selezionare rigorosamente la propria classe dirigente continui a proporre certi personaggi. Anzi, si capisce troppo bene. Tutto cambia senza che nulla cambi. Ci si culla nell’illusione che la mafia sia stata sconfitta, mentre la mafia è semplicemente cambiata. Ha messo da parte le armi, ha capito che con la politica è meglio fare affari che la guerra. E la politica si è mostrata disponibile, spesso offrendosi essa stessa ai poteri criminali. Una classe politica collusa, incapace di riformarsi, allergica al principio di responsabilità. Il Paese strangolato dalla morsa fra mafie e politica corrotta, in cui la democrazia è solo apparente. Dopo il ventennio berlusconiano e il grande bluff Renzi, interprete degli stessi disegni eversivi della Costituzione e portatore di nuovi conflitti di interessi, restano le macerie di un Paese più povero, più ingiusto, con meno diritti, divorato dalla corruzione, in mano a una politica impresentabile, ostaggio delle lobby affaristico-finanziarie e profondamente compromessa con i poteri criminali. Hanno provato anche a scardinare la Costituzione nata dalla Resistenza, e il popolo del No li ha fermati. Ma non basta. Dopo aver salvato la Costituzione bisogna che essa sia finalmente attuata, altrimenti ci riproveranno. Tutti possiamo fare qualcosa.

Assieme a tanti cittadini onesti abbiamo lanciato una petizione su change.org perché il Parlamento approvi al più presto la legge “La Torre bis” per estendere ai politici corrotti il sequestro e la confisca di prevenzione, e siamo già a 50.000 firme, un risultato straordinario, visto il silenzio sulla proposta. Il tempo dell’attesa è scaduto, è il momento di mettersi in gioco ciascuno in prima persona, contro la corruzione e le mafie. Per riconquistare la democrazia occorre fare piazza pulita di questa classe dirigente criminale. Serve una riscossa costituzionale, restituire dignità ai cittadini onesti attuando la Costituzione in tutti i suoi diritti sociali e civili dimenticati. Non ci saranno mai altri Falcone e Borsellino, ma almeno dimostriamo di averne meritato il sacrificio. Trasformando un atto di resistenza, la vittoria del referendum del 4 dicembre, in un atto rivoluzionario. Perché attuare la Costituzione in Italia è un atto rivoluzionario.

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