Epitaffio per un despota fallito

di Alberto Cacopardo - 13/11/2011
E’ caduto il capo di governo più odiato della storia della Repubblica, quello che ha fatto più danno al paese, quello che più di ogni altro si è coperto di vergogna e di infamia.

Ore 21.05 – In questi istanti Berlusconi sta rimettendo il suo mandato di capo del governo nelle mani di Giorgio Napolitano. Il despota mancato è caduto. E’ caduto il capo di governo più odiato della storia della Repubblica, quello che ha fatto più danno al paese, quello che più di ogni altro si è coperto di vergogna e di infamia.

Finisce quest’infamia fra le urla di “Buffone! Buffone!”, “In galera! In galera!”, che salgono al cielo davanti al Quirinale. Finisce fra i cori che intonano Bella ciao, l’inno di quella Resistenza che il buffone tentò di seppellire. Finisce con Formigoni che fa le corna e leva il dito medio verso la folla di indignati che preme a palazzo Grazioli: degno sigillo dell’era di un potere volgare, arrogante, incapace e malefico.

Finiscono nella polvere e nel fango i sogni di chi pretese di fare strame della Costituzione repubblicana.

Non sappiamo ancora, adesso, che cosa seguirà, non sappiamo quali colpi di coda ci si stia apparecchiando a sferrare. Ma sappiamo che il grido più bello è quello del coro che si è levato davanti alla casa del despota fallito poco prima della sua uscita: il coro che scandiva la parola che lui aveva infangato, levandola a emblema del suo inganno e della sua menzogna, la parola in cui adesso possiamo tornare a sperare, la parola di Pericle e di Alceo, di Voltaire, di Eluard e di Walt Whitman, la parola libertà.

Ore 21.42 - arriva l’annuncio: Silvio Berlusconi si è dimesso. Un coro assordante di urla e di fischi s’innalza nella piazza del Quirinale.

Nyn chre metysthen kai tina pros bian ponen, epei de katthane Myrsilos!

Mirsilo è morto, è l’ora di brindare.

 

 

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Alberto Cacopardo
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