Referendum del 12 giugno: quello che conta non è il quorum

di Alberto Cacopardo - 28/04/2011
Scommettere tutto sul raggiungimento del quorum è un errore mortale: in presenza di un’astensione del no, sarebbe già una grossa vittoria politica raggiungere la maggioranza assoluta dei potenziali votanti.

Sono molto apprezzabili i grandi sforzi di quanti si stanno dando da fare fin d'ora, con e-mail, Facebook e quant'altro, per reclutare votanti e raggiungere il quorum ai referendum del 12 giugno.

Bisogna tuttavia tenere ben presente che promuovere queste consultazioni è stata una mossa molto rischiosa. Se infatti il quorum non sarà raggiunto, la destra farà di tutto per inneggiare all'ennesima vittoria di Silvio Berlusconi. Per farci credere che "gli italiani" non sono affatto contrari al legittimo impedimento, alla privatizzazione dell'acqua ed, eventualmente, al nucleare. Sarebbe un falso: ma è proprio mettendo in primo piano il quorum che si offre il destro a questo inganno.

Perché la verità è che, anche se la Cassazione annullasse lo scippo del referendum sul nucleare, raggiungere quel risultato è cosa praticamente impossibile.

Il conto è presto fatto. Non si tratta soltanto di constatare che, da quando i contrari alle abrogazioni hanno deciso di astenersi, nessun referendum ha mai raggiunto il quorum. Il fatto è che di tutti i precedenti referendum, solo quelli in cui il sì ebbe oltre il 70% dei voti avrebbero raggiunto il quorum, e non sempre, se tutti i no si fossero astenuti. Tanto per fare un esempio, dei tre famosi referendum sul nucleare del 1987, che ebbero un’affluenza del 65,2%, solo due avrebbero superato il quorum con un’affluenza del 52% circa, mentre il terzo, quello sugli impianti all’estero, lo avrebbe mancato, con il 46,8%.

Cosa dunque si può sperare nel nostro caso? Esaminiamo i numeri.

Dopo lo storico voto sul divorzio, lo scarto fra l'affluenza ai referendum e quella alle politiche immediatamente precedenti non è mai stato inferiore al 10%, con un picco del 30% nel 1995 e una media del 18%.

Poiché da dieci anni l'affluenza alle elezioni è stabile intorno all'81%, il massimo in assoluto che si potrebbe sperare se i no non si astenessero sarebbe un'affluenza del 71%.

Questo significa che per raggiungere il quorum, ogni 71 potenziali votanti, 50 dovrebbero essere per il sì. E' una percentuale, per l'appunto, del 70,4%.

E' pensabile che, con il condizionamento mediatico che abbiamo oggi in Italia, si possa avere un 70,4% di scelte contrarie a Berlusconi?

Mi auguro vivamente di essere smentito dai fatti, ma, ahimé, la battaglia per il quorum ha tutta l'aria di uno scontro coi mulini a vento. Piuttosto che scommettere tutto su un evento così improbabile, sarebbe assai più savio proclamare fin d'ora che quello che conta non è il quorum, ma quale sarà la percentuale dei sì su quel 71%, al massimo, di potenziali votanti. Poiché questa è la verità dei fatti: se i sì supereranno il 36% degli aventi diritto, vorrà dire che la maggioranza assoluta dei potenziali votanti è contraria al legittimo impedimento, contraria alla privatizzazione dell'acqua, contraria, eventualmente, al nucleare. Ossia che è contraria a Berlusconi. Non ci sarebbe da cantare vittoria?

Si mancherebbe sì l’abrogazione, ma si centrerebbe il grosso obiettivo politico di manifestare una volontà maggioritaria avversa a quelle leggi e a chi le sostiene.

Quel 36% è un obiettivo possibile, perché, come chi scrive ha più volte argomentato sul suo blog ( http://albertocacopardo.blogspot.com ), la maggioranza dei votanti non è mai stata a favore di Berlusconi. Puntare tutto sul quorum, invece, è un errore mortale: significare dare a Berlusconi un vantaggio di almeno 29 lunghezze, quel 29% di aventi diritto che non andrebbe comunque a votare.

E’ dunque essenziale dichiarare fin d’ora che quello che conta non è il quorum, ma raggiungere, al massimo, quel 36%. Queste non sono alchimie matematiche: sono gli unici strumenti che abbiamo per interpretare la volontà popolare. Se i sì raggiungessero appena il 40% degli aventi diritto, questo equivarebbe come minimo ad un 56% di voti avversi a Berlusconi alle elezioni politiche: il destino dell’amato cavaliere sarebbe già segnato. Ma la destra canterebbe vittoria lo stesso, se qualcuno non svela l’imbroglio.

Non diamoci la zappa sui piedi: facciamo a meno di sognare l’impossibile. Per cantare vittoria con ragione, quel 36% è sufficiente.

 

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