Acqua pubblica, il 3 novembre parte la carovana contro la privatizzazione

di Corrado Oddi - ilmanifesto.it - 26/10/2021
La sostanza è una sola: si deve chiudere la stagione iniziata con i referendum di 10 anni fa e stabilire definitivamente che il modello di gestione è quello imperniato sulle grandi multiutilities quotate in Borsa

Non c’è limite al peggio. Mi riferisco all’emendamento della legge regionale con cui, una decina di giorni fa, l’Assemblea regionale dell’Emilia-Romagna ha deciso di prorogare fino alla fine del 2027 gli affidamenti del servizio idrico in regione, tranne quelli – Reggio Emilia e Rimini – dove è in corso una procedura di gara.

Una scelta espressa con il voto di tutti i gruppi consiliari ad eccezione di Europa Verde e di quello Misto, che non hanno partecipato al voto. Il provvedimento è stato presentato senza discuterne con associazioni e movimenti, a partire dai Comitati dell’acqua, in una regione che si vanta di essere esempio della partecipazione.

E non c’è dubbio che esso costituisca un grande regalo alle multiutilities quotate in Borsa, che gestiscono la grandissima parte del servizio idrico nel territorio.

In particolare ad Hera, tenuto conto che la concessione è in scadenza: alla fine di quest’anno a Bologna; alla fine del 2023 a Forlì-Cesena e Ravenna; alla fine del 2024 a Ferrara e Modena. Anziché porre all’ordine del giorno il tema della possibile ripubblicizzazione – come si era iniziato a fare a Bologna- si consolida, invece, la privatizzazione e si dà un colpo pesante all’esito referendario del 2011.

Le giustificazioni non sono credibili: è stato detto che era necessario dare continuità alle gestioni esistenti per realizzare gli investimenti previsti nel Pnrr, fingendo di non sapere che, in caso di subentro di un nuovo gestore, essi comunque continuano.

Oppure che il male minore era allungare gli affidamenti di 6 anni piuttosto che di 30, nel momento in cui si fosse realizzata una nuova gara. Occultando il fatto che, scaduta la concessione, non esiste l’obbligo di andare a gara, visto che si può invece ripubblicizzare il servizio, né tantomeno che essa si debba svolgere alla scadenza prefissata, visto che l’esperienza dimostra l’esatto contrario.

Ciò che inquieta maggiormente è che non ci troviamo di fronte ad un provvedimento isolato, ma a una strategia di privatizzazione completa del servizio idrico. Basta leggere le pagine del Pnrr su «Tutela del territorio e della risorsa idrica». Al di là delle risorse stanziate, decisamente insufficienti, il cuore del Pnrr in materia è quello della «riforma» per rendere «efficienti» i soggetti gestori del servizio idrico.

Nel mirino, c’è, in primo luogo il Mezzogiorno e molto probabilmente l’azienda di diritto pubblico Acqua Bene Comune di Napoli, la prima e quasi unica esperienza che ha dato compiutamente corso all’esito referendario.

L’intenzione, che peraltro informa tutto il Pnrr, è che l’intervento pubblico sia servente nei confronti del mercato, per crearlo e sostenerlo, e apra la strada alla conquista del Mezzogiorno delle grandi aziende multiutilities quotate in Borsa.

Né ci deve stupire che l’argomento usato per il Mezzogiorno sia esattamente contrario a quello messo in campo dalla Regione Emilia- Romagna: qui si dice che per realizzare gli investimenti del Pnrr si deve dare continuità alle gestioni, guarda caso delle multiutilities, e là, su suggerimento del Ministero della «finzione» ecologica e di Arera, l’agenzia regolatoria del servizio idrico, si sostiene che per avere i soldi del Pnrr occorre procedere a nuovi affidamenti.

La sostanza è una sola: si deve chiudere la stagione iniziata con i referendum di 10 anni fa e stabilire definitivamente che il modello di gestione è quello imperniato sulle grandi multiutilities quotate in Borsa.

Il neoliberista Draghi vuole portare a termine il lavoro iniziato all’indomani del referendum del 2011: all’epoca, in quanto presidente entrante della Bce scriveva al governo italiano perché intervenisse per «liberalizzare» i servizi pubblici locali, nonostante l’esito referendario, e oggi, dal governo, realizza direttamente quell’intendimento.

Per quanto ci riguarda, non subiremo queste volontà autoritarie che contraddicono il responso popolare: ci mobiliteremo con un presidio promosso dai Comitati per l’acqua e dalla Rete regionale Emergenza Climatica e Ambientale sotto la Regione Emilia-Romagna il 3 novembre e organizziamo come Forum nazionale una «carovana per l’acqua» che toccherà vari territori e culminerà a Napoli con una manifestazione di carattere nazionale il 20 novembre, oltre a partecipare alle varie iniziative che costruiscono momenti di convergenza tra i vari movimenti e soggetti sociali.

Con la consapevolezza che chi intende procedere con il comando e con una visione avulsa dai processi reali, prima o poi i conti con il consenso e i fatti concreti li dovrà fare.

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