Pietà l’è morta…?

di Barbara Fois - Liberacittadinanza.it - 23/01/2022
Piccole e grandi storie di varia umanità, ai margini del Covid

Ormai parliamo solo di Covid, alternando l’argomento pandemia con il toto-Quirinale. Due argomenti quanto mai deprimenti e con prospettive egualmente inquietanti. Stiamo guardando il mondo attraverso dei binocoli rovesciati, che focalizzano solo particolari insignificanti e ignorano la prospettiva d’insieme. Cosa sto dicendo? Che il mondo continua a girare e se ne frega di chi salirà al colle, che c’è gente che non ha più il lavoro, la casa, la sua vita. Che ci sono posti in questa nostra Terra dolorosa dove si muore non solo di Covid ma di proiettili, di bombe, di fame, di freddo, di solitudine, di abbandono. Anche qui da noi c’è gente che muore assiderata e non ha niente da mangiare: troppa gente ha perso e perde ogni giorno il lavoro, muore sui cantieri, come sessant’anni fa, senza sicurezza, lavorando come schiavi.

A guardarsi intorno si vedono solo macerie, rovine del nostro vecchio mondo, della natura e dell’ambiente, ma anche e soprattutto del nostro modo di vivere e di pensare, quando c’era ancora rispetto reciproco, solidarietà, compassione, c’erano regole rispettate, punizioni sicure per chi trasgrediva, c’era ancora la decenza e il decoro e considerazione e deferenza per la scienza . Quando ancora non ti chiedevi: ma chi c’è dietro? O anche come più spesso succede: chi lo ha pagato? Quando un professore entrava in aula e gli alunni si alzavano in piedi e non certo per assalirlo con pugni e calci, bulli in erba spalleggiati dai genitori. Quando c’era buonsenso, razionalità, buona educazione. Dite che è un pezzo che non è più così? Dai tempi del governo del cavaliere, dall’ingresso in Parlamento di gente impresentabile e in vendita? Avete ragione, ma il fatto è che non solo ci si accorge all’improvviso e dolorosamente del peggioramento esiziale di una situazione, ma il degrado lento e continuo è un anestetico, come nella storia della rana e dell’acqua calda: se tu la buttassi nell’acqua bollente scapperebbe via, ma se tu la lasci immersa nell’acqua che scaldi piano piano fino al bollore, sarà lessa prima di accorgersene. Cioè: finisci per abituarti, la tua capacità di indignarti si fa meno sensibile, forse cerchi anche di proteggerti, dicendoti che come cittadino non hai più il potere di cambiare le cose, cerchi di non vedere il degrado nella sua terrificante vastità, ma quando stai per arrenderti e ti dici che “pietà l’è morta”, d’improvviso una storia, un particolare, una parola, una immagine, penetrano il guscio di passivo pessimismo in cui ti sei imbozzolato e vedi tutto, e capisci che invece qualcosa puoi fare, anche tu. Eccome! E che non è tutto perduto.

Ci sono troppi nuovi poveri, troppe storie di vite infelici che ti spezzano il cuore, come quella di una senzatetto cinquantenne milanese che dormiva in un autobus. Trovata da dei volontari, visitata e trovata positiva, è stata trasferita in un albergo attrezzato per positivi in quarantena. Era felice: ora aveva una stanza, un letto, stava al riparo e aveva cibo garantito e caldo. Non riuscivo a smettere di piangere. Non perché fosse la storia più triste fra le tante che circolano ormai sul web e nell’informazione, ma per l’orrore di scoprire che ci vuole davvero poco per cambiare la vita di una persona, e che puoi contribuire anche tu, consapevole, ma davvero, nel profondo del cuore, dell’esistenza di realtà così vicino a noi eppure così remote dalla nostra coscienza. Come quella di quella mamma afgana che attraversava a piedi, coi suoi due figli piccoli, un territorio inesplorato di un altro paese, l’Iran, cercando di raggiungere la Turchia e dunque l’Europa, l’Eldorado che avrebbe garantito ai suoi figli un futuro migliore. Ma è inverno e c’è la neve anche lì e per scaldare le loro manine si è tolta le calze con cui le ha fasciate e coperte e poi ha involto i propri piedi in buste di plastica. E’ morta assiderata, ma gli abitanti di un villaggio vicino hanno trovato i bambini, li hanno soccorsi e salvati. Non sappiamo nemmeno il nome di questa mamma coraggiosa, ma è importante il suo esempio, in un periodo come questo in cui spesso i bambini di questo falso Eldorado sono uccisi da genitori anafettivi e miserabili. Sono piene le cronache di bambini abusati, massacrati per dispetto, buttati dalle finestre, ignorati o sacrificati a nuovi amori. C’è così tanto dolore intorno a noi e così tanta indifferenza, egoismo e superficialità. Come in un quadro di Bosh, la realtà che ci circonda, a guardarla bene è piena di mostri semi nascosti nelle pieghe di paesaggi apparentemente normali…

Ogni notte, qui in Italia, a due passi da noi, così preoccupati di mantenere i nostri superflui riti quotidiani, ci sono dei senza tetto - circa 3 al giorno dall’inizio dell’anno- che muoiono di freddo e di fame e dei quali spesso ignoriamo storie e nomi. Ma ce ne sono due che ci hanno sorpreso: Paul, clochard di Torino, è morto sulla “sua” panchina, dalla quale non si allontanava mai, nonostante i numerosi sforzi da parte degli operatori del soccorso pubblico, mentre lo stesso sindaco di Torino ha avuto parole di dispiacere e di rammarico, invitando tutti a una maggiore solidarietà. Che comunque non è bastata a suo tempo a salvare da una morte per ipotermia Umberto, senza tetto di Milano, che poteva avere più di una casa, visto che aveva in banca 100mila euro, due furgoni con assicurazione pagata e una pensione da 750 euro che riceveva per aver lavorato in passato in Germania, oltre a una casa in Calabria, regione da cui era fuggito a 17 anni. Come mai, ultresettantenne, era finito sul marciapiede della stazione di Milano, solo e abbandonato nel freddo e nel silenzio? Il fatto è che siamo tutti troppo distratti, troppo concentrati su noi stessi, con il bello spettacolo di una classe politica incolta, grossolana, in parte corrotta, incapace e immersa solo nei propri miserabili giochi di potere e questo schifo ha contagiato anche noi, pubblico pagante.

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La mancanza di valori ideali, di etica, di rigore comincia a farsi sentire in modo devastante: guardate cosa sta accadendo ai ragazzini adolescenti: mini gang che taglieggiano, bullizzano, rapinano e perfino uccidono, sicuri che la minorità li renda impunibili. Il fenomeno si è esteso a macchia d’olio, in tutta la Penisola: da Milano, a Napoli, a Palermo, a Cagliari, gruppetti di minorenni aggrediscono coetanei, disabili e persone anziane: tutti quelli che non si possono difendere e, forti di essere in tanti come tutti i vigliacchi, aggrediscono, derubano e picchiano senza nessun problema. E non si tratta solo di ragazzini disagiati o penalizzati da ambienti familiari degradati ed emarginati: si tratta anche di ragazzini di famiglie benestanti, di professionisti affermati. Questo non vuol dire che non siano anche loro abbandonati a sé stessi, magari da genitori che per toglierseli dai piedi li riempiono di regali costosi quanto diseducativi, come dispendiosi cellulari, lasciandoli soli davanti a computer e tablet, senza alcun controllo. Così questi ragazzini senza regole ed educazione fanno quello che gli pare e poi lo filmano anche e lo mettono sui social, da perfetti cretini, convinti, ripeto, che nessuno potrà punirli, perché nella loro breve esperienza, nessuno nemmeno fra i familiari lo fa. O magari esagera invece nel farlo, senza cercare di capire i motivi del disagio. E la politica non è certo di aiuto e di esempio: chi urla di più, chi infanga di più, chi mente di più, chi è più arrogante e violento ha ragione, vince.

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E infatti gli esempi di razzismo, di intolleranza, di violenza, di emarginazione vengono proprio da chi invece dovrebbe includere, educare, capire. E così si fanno morire in mare dei poveri cristi che cercano solo di fuggire da realtà terribili e sognano solo di poter vivere in pace, di crescere i propri figli, di avere una casa, un lavoro, una vita normale. I poveri e i diseredati visti come il nemico da combattere, l’uomo nero che porta malattie e vuol rubare quello che è nostro. Così alziamo muri e paghiamo gente come Erdoğan, perché ce li tolga dai piedi, anche chiudendoli in lager, come un costoso e ripugnante cane da guardia. Non usiamo la testa, non pensiamo che queste persone in fuga, per terra e per mare, si possono aiutare anche aiutando noi, insegnandogli ad usare le proprie risorse e aiutandoli a contrastare i sopraffattori violenti. Resterebbero nei loro territori, consapevoli e capaci, ci guadagnerebbero loro e ci guadagneremmo anche noi. Ma noi siamo avidi: vogliamo tutto, li priviamo di ogni cosa, anche della vita, senza dare niente in cambio.

 

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E nello stesso modo abbiamo rapinato e distrutto la natura, inquinando oceani e avvelenando l’aria e mettendo non solo la nostra specie in pericolo, ma ogni creatura che vive su questo pianeta. E chi dovrebbe mettere un punto a questo degrado non si decide a prendere soluzioni radicali, ma traccheggia per non danneggiare gli interessi delle lobbies del petrolio e del gas. Sono sempre e solo i politici, questa orribile crosta fatiscente che si crede una casta, una classe dirigente autorevole, a negare al destino del mondo una possibilità di redenzione, fino a parlare di nucleare verde!

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Eppure ci sono associazioni che si battono per salvare il mondo e cercano di riparare ai danni arrecati dai delinquenti. E c’è la scienza (e meno male!!!) che non fa solo vaccini, ma trova rimedio a tanti guasti, che scova nella natura gli antidoti giusti, che riesce a ripulire i mari dal petrolio sversato e dalla plastica che uccide i pesci. E ci sono donne e uomini che salvano i migranti, che rischiano la vita negli incendi, che combattono il virus in prima linea, che confortano i disperati, che servono nelle mense, che raccolgono il cibo per i banchi alimentari e che si fanno commuovere dalle piccole e grandi tragedie di questo tempo dannato. E così, anche in un ambiente tanto umanamente degradato e malsano, ci sono storie belle, perché ci sono ancora anime belle e perché come diceva Fabrizio DeAndrè “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”. E una di queste bellissime storie vede il nostro Paese in prima fila: tutto nasce da una fotografia straordinaria, che mostra l’abbraccio fra un papà siriano e il suo bambino.

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La cosa inattesa è che sono entrambi mutilati: il papà ha perso una gamba per una bomba e il bimbo è nato senza le gambe e con due braccia solo abbozzate, perché la mamma ha inalato del gas nervino quando lo portava in grembo. Il fatto è che sorridono, come chi crede nel futuro. E questa fiducia nel domani e questo affetto reciproco, sono stati premiati. Il fotografo turco Mehemet Alsan ha partecipato al premio Siena International Photo Awards 2021, prestigioso concorso fotografico cui partecipano artisti di 163 Paesi e lo ha vinto con questa foto stupenda, dal titolo “Le difficoltà della vita”. L’intera città di Siena si è fatta promotrice di una gara di solidarietà che ha portato qui in Italia tutta la famiglia del piccolo Mustafa: papà, mamma e due sorelline. Sono arrivati ieri sera a Siena, dove, nei pressi della città, sono ospitati in una casa messa a disposizione dalla Caritas e dall'Arcidiocesi. Nella casa che li ospiterà li ha accolti di persona il cardinale di Siena Augusto Paolo Lojudice, e con lui c’era anche il personale della Caritas diocesana e i volontari che si prenderanno cura della famiglia. Dopo un periodo di isolamento Covid padre e figlio potranno iniziare le cure al Centro protesi di Budrio (Bologna). Dove, grazie anche a una raccolta fondi, potranno avere delle protesi che renderanno la loro vita più semplice. Non c’è bisogno di cercare in queste righe una morale nascosta, anche perché questa non è una storia, ma è la vita, quella vera, quella che è degna di essere vissuta.

 

Barbara Fois

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