«BUGIE E PATTI CON LA DESTRA, È LO STESSO RENZI DI FIRENZE»

di Davide Vecchi - Il Fatto Quotidiano - 02/11/2014
Intervista all'ex assessore al Bilancio della Giunta Renzi di Firenze

Il braccio di ferro con i sindacati, il denigrare i critici, la distanza tra parole e fatti: il modus renziano per qualcuno non è una novità. “L’abbiamo già visto a Firenze”. A ricordare gli anni da primo cittadino dell’oggi premier è Claudio Fantoni, ex assessore al bilancio di Palazzo Vecchio fino al 2012, quando lasciò l’incarico “perché era evidente che il sindaco usava la città come laboratorio per il suo di futuro”. Fantoni è, assieme a Pier Luigi Vigna, l’unico ad aver abbandonato il carro del vincitore nel momento in cui c’era la corsa a salirci. Dopo due anni ha scelto di rompere il silenzio perché è “preoccupato, posso parlare da cittadino”.

 

Per cosa?
Chi lavora con Renzi non può non riconoscerne le straordinarie capacità. Ciò che mi preoccupa è capire per cosa vengono impiegate. Se su tutto prevale il consenso, ci troviamo in una campagna elettorale permanente. Credo che il Paese abbia bisogno d’altro. Le faccio un esempio: Renzi si è sempre vantato di aver ridotto di un punto percentuale l’addizionale Irpef, è vero: firmai io il bilancio. La mossa portò 9 milioni in meno nelle casse del Comune e mettemmo 80 milioni di euro in più di Imu. Non si può certo lasciare intendere che abbassammo la pressione fiscale. Credo che i cittadini abbiano bisogno e diritto alla chiarezza.

 

Quindi gli 80 euro ai redditi bassi e quelli a sostegno dei neonati del 2015 porteranno nuove tasse?
C’è differenza tra carità e interventi strutturali. Il punto è capire se queste misure sono espansive o dispersive. Il bonus bebè, ad esempio, funziona comunicativamente ma è tutt’altro che una riforma. La priorità non è vincere le elezioni è mettere in sicurezza l’Italia, farla riprendere e funzionare. Non abbandonare la fascia più debole della popolazione. Possibile che la parola ‘povertà’ sia sparita? Capisco che occorra infondere ottimismo ma così si finisce per replicare quel signore che parlava di ristoranti e voli sempre pieni.

 

Da sindaco non dispensava annunci ottimistici?
Sì, appunto: nessuno è andato a controllare. I 100 punti delle primarie, i 100 progetti: pochi si sono tradotti in realtà. Anche in questo Firenze è stato solo un laboratorio.

 

In cos’altro?
In tutto. Le ostilità con la Cgil erano già aperte. Come l’auspicio di una scissione nel Pd in favore di un’alleanza con la destra. O l’idea di un Pd liquido, al punto da assomigliare molto ad un comitato elettorale personale, non è una novità. Come non lo è il fatto che noi non stiamo semplicemente conquistando gli elettori di centrodestra, cosa sacrosanta, noi stiamo portando il Pd in quel campo che è cosa assai diversa.

 

Ora è troppo tardi?
Mi pare che ormai ci abbia proprio piantato la tenda, dall’altra parte.

 

Lei è stato, fra l’altro, responsabile cultura del Pd: è ancora iscritto?
Non ho ancora rinnovato la tessera, mi sono preso qualche settimana di tempo per capire con chi è in che modo posso condividere l’idea di una partito che ponga al primo posto i contenuti. Il contenitore è importante ma non si giura fedeltà a quello. Voglio capire se permane ed è possibile uno spazio di democrazia interna effettivo oppure no. Se l’uguaglianza è al centro della nostra iniziativa. Se chi critica e ha un’idea diversa lo si denigra chiamandolo ‘gufo’ o se ci si ragiona e si risponde nel merito. Se ai partiti e ai sindacati gli si chiede di migliorare o se li si vuole neutralizzare per non avere impicci.

 

E nel partito della nazione si ritroverebbe?
Condivido la vocazione maggioritaria, ma non vorrei che questa si trasformasse in una pseudo vocazione totalitaria. Non condivido per nulla la propensione a ricercare e a proporsi come uomini della provvidenza. Il messianismo in politica ha sempre portato male. L’idea dell’uomo solo al comando non funziona. Ci vuole una squadra e non basta dire noi, bisogna esserlo. Ho l’impressione, invece, che quando Renzi usa il ‘noi’ sia un plurale maiestatis, una sorta di ipertrofia del singolare. Lui sa che le parole sono importanti, detta l’agenda, regala nuovi titoli e molto finisce presto dimenticato. Prendiamo l’articolo 18: pochi mesi fa disse che non era il problema, ora è diventato l’unico ostacolo all’economia. Delle due l’una: mentiva prima o mente ora? E perché?

 

Secondo lei perché?
Non saprei. Io so solo che l’ho visto all’azione. Come ho detto: l’uomo solo al comando. Guardi i membri del governo: ci sono ministri inesistenti, se non si fa mente locale alcuni neanche ce li ricordiamo : Alfano, Lupi, Madia. C’è solo Renzi.

 

Sono giorni caldi.
Quello che è successo ieri in piazza con gli operai è gravissimo. Un uomo che perde il lavoro deve andare incontro alla solidarietà non alle manganellate. Vanno velocemente individuate le responsabilità. Per quanto riguarda la Picierno credo si commenti davvero da sola. Accusare Susanna Camusso di avere vinto con le tessere false è fuori luogo ed anche imbarazzante. Vorrei sommessamente ricordare che un po’ di caos lo abbiamo avuto noi nel Pd con le tessere delle primarie 2013. Io starei quantomeno più attento. Dopodiché su Serra dico che ciò che ha detto è semplicemente inaccettabile.

 

Renzi è intervenuto dicendo che alla Leopolda ciascuno può esprimersi liberamente.
Serra è stato invitato e ha coordinato uno dei tavoli della Leopolda, non passava di lì per caso. Ha fatto dichiarazioni sul diritto di sciopero che nemmeno la destra solitamente si concede e contestualmente ha annunciato che si iscriverà al Pd a Londra. Io penso che il segretario avrebbe dovuto dire che a uno con le opinioni di Serra la tessera del Pd non sarà concessa.

 

Renzi non ha tempo da perdere: vuole rinnovare il Paese.
Su questo sono d’accordo. Non c’è tempo da perdere. Come non c’è spazio per una conflittualità pretestuosa. La crisi c’è davvero. Ciò che non vorrei è che finissimo per mettere in campo l’hard love, quello che la destra repubblicana americana evoca per giustificare che ai più deboli non si dà una mano. Quello per cui, con la scusa di premiare il merito si dice che uno si deve arrangiare da solo, così da dare il meglio di sè stesso. È giusto che ciascuno cammini con le proprie gambe ma è altrettanto vero che non si parte tutti dallo stesso punto. Se un partito di sinistra non si occupa primariamente di questi tradisce se stessa.
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