Il governo italiano vuole tagliare fuori il Parlamento dalla ratifica di CETA e TTIP

di stop-ttip-italia.net - 12/06/2016
La proposta di forzatura della Commissione Ue sarebbe stata sostenuta dal Governo italiano con un documento del ministro Carlo Calenda. Chiediamo uno scatto d’orgoglio ai parlamentari italiani di tutti gli schieramenti, perché difendano le proprie prerogative costituzionali garantite dal trattato di Lisbona che ridisegnino la sovranità nazionale.

Il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, sembra mettere in scena il suo solito copione: quello del valletto fidato della Commissaria europea al Commercio Cecilia Malmström.

Mentre altri governi dell’Unione, come Lussemburgo e Francia, rivendicano il potere di ratifica dei propri Parlamenti nazionali sui trattati commerciali misti (che riguardano il commercio ma anche la regolamentazione) come il CETA con il Canada e il TTIP con gli Usa, Carlo Calenda sostiene la Commissione europea nella richiesta che la partita si giochi tutta a Bruxelles e le Assemblee degli Stati membri non possano avere voce in capitolo.

La testimonianza di un diplomatico europeo, raccolta dall’agenzia di stampa Reuters e confermata da fonti nella rappresentanza italiana presso l’Ue, confermano che Calenda ha sostenuto, con un documento presentato a nome del governo italiano, che l’Italia è favorevole a tagliare fuori il suo Parlamento e quelli di tutti gli Stati dell’Unione dal processo di ratifica.

Un atto gravissimo, secondo la Campagna Stop TTIP Italia, che si è messa sulle tracce del documento ufficiale sperando di riuscire a pubblicarlo il prima possibile. Riteniamo inaccettabile escludere dal processo i parlamentari nazionali, molti dei quali, dopo essere entrati per la prima volta nella sala di lettura del TTIP in Italia, hanno espresso gravi preoccupazioni.

Nel mandato negoziale definito nel 2011, i governi dell’Ue hanno sottolineato che il CETA non può essere considerato un accordo su cui la Commissione possa vantare competenza esclusiva. In tema di investimenti, ad esempio, soprattutto per quanto riguarda la temibile clausola ISDS, la competenza dev’essere mista, cioè prevedere la ratifica di tutti i Parlamenti degli Stati membri. Circa 42 mila aziende già operanti nell’Unione fanno capo a società Statunitensi con filiali in Canada. Queste imprese potrebbero intentare cause agli Stati per conto degli Stati Uniti senza che il TTIP sia ancora entrato in vigore. Basterà ratificare il CETA. Davvero i nostri Parlamenti devono essere privati del diritto di esprimersi su temi tanto sensibili?

Stesso discorso per la protezione dell’ambiente e dei consumatori: quando venne dato mandato alla Commissione di negoziare in nome dei singoli Stati, si specificò che i governi dovevano mantenere il diritto di disciplinare tali materie.

Il ministro Calenda, a quanto si apprende, sarà audito alla Camera dei Deputati il 15 giugno, mentre la decisione sulla competenza degli accordi verrà adottata durante il Consiglio europeo del 28-29 giugno.

Esortiamo i parlamentari italiani, a prescindere dai propri schieramenti, ad uno scatto di orgoglio. Chiedano conto e ragione di questa scelta che limita le loro prerogative parlamentari e comprime la sovranità nazionale ben oltre quanto stabilito dal trattato di Lisbona.

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