12 ottobre, manifestare per la Costituzione implica essere contro il governo Lettalfano, senza se e senza ma

di Paolo Flores d'Arcais - Micromega - 05/10/2013
Non si può essere contro il governo Lettalfano senza sottoporre a critica ineludibile l’azione del Presidente Giorgio Napolitano, e non si può essere per la “realizzazione della Costituzione” senza combattere il governo Lettalfano.

Esattamente tra una settimana, sabato prossimo, l’Italia civile scende in piazza a Roma con la parola d’ordine “realizzare la Costituzione”. Dopo il voto di fiducia al governo Lettalfano dei berlusconiani di ogni risma e del Delinquente di Arcore in prima persona, e dopo la proposta della Giunta del Senato perché l’assemblea plenaria, entro venti giorni, decreti la cacciata di Berlusconi da Palazzo Madama, alcune cose devono essere chiare.

Primo: impegnarsi per “realizzare la Costituzione” significa combattere il governo Lettalfano senza se e senza ma. Non solo perché questo governo, con la legge che aggira ignobilmente l’articolo 138 della Costituzione, è intenzionato a rottamare la Carta repubblicana anziché realizzarla, ma perché tutto il suo programma è improntato alla difesa dei privilegi anziché a una politica di “giustizia e libertà”, l’unica che possa far uscire l’Italia dalla crisi. Il candidato democratico a sindaco di New York, Bill De Blasio, sta avanzando un programma di rilancio accentuato del welfare. A chi gli chiede dove troverà i soldi per finanziarlo, in questi tempi di crisi, risponde soavemente “togliendoli ai ricchi”. Non risulta che De Blasio sia un pericoloso bolscevico, tutt’altro. In effetti la redistribuzione del reddito e delle ricchezze è l’abc di ogni politica riformista e gradualista. Non realizzarla significa mettere politica e governo al servizio di banchieri-biscazzieri e ogni sorta di profittatori, fino all’intreccio politico-corruttivo-mafioso.

La Costituzione ha certamente bisogno di alcuni cambiamenti, che la rendano più coerente rispetto alla sua logica di fondo ispirata a “giustizia e libertà”. Ad esempio l’abrogazione dell’articolo 7, del recente obbligo al pareggio di bilancio, e anche del bicameralismo (con riduzione radicale del numero dei deputati). A parte una versione più o meno light del terzo punto, per il resto i famosi “saggi”, nominati prima da Napolitano e poi dal governo, hanno lavorato in una direzione opposta, che infligge picconate proprio all’impianto “giustizia e libertà” della Carta, edulcora la divisione dei poteri, inserisce elementi autoritari, e via contro-riformando.

Secondo: impegnarsi per “realizzare la Costituzione” significa battere in breccia ogni peccaminosa tentazione da “sepolcri imbiancati” per quanto riguarda il ruolo che il Presidente Napolitano sta svolgendo in questa temperie di contro-riforma (tanto per non fare nomi: il presidente dell’Arci, parlamentare Pd, se non sbaglio ha votato per l’aggiramento del 138, e l’Anpi pone come condizione della sua partecipazione che non si prenda posizione sul governo). Non c’è commentatore che non sottolinei, con peana di prosternata ammirazione, come da mesi e mesi (in realtà ben prima della rielezione), il Colle più alto sia la cabina di regia di tutte le vicende politiche e istituzionali italiane. Il governo Monti prima e il governo Letta poi sono sue creature, volute e ottenute sulla desertificazione di ogni altra ipotesi, benché chiarissimo fosse il risultato delle urne: due terzi di italiani che esigevano la fine del ventennio del berlusconismo e degli inciuci.

Dunque, non si può essere contro il governo Lettalfano senza sottoporre a critica ineludibile l’azione del Presidente Giorgio Napolitano, e non si può essere per la “realizzazione della Costituzione” senza combattere il governo Lettalfano. La conclusione è sillogistica. Non trarla significa rinunciare a “realizzare la Costituzione” e perfino diluire la semplice “difesa della Costituzione” a dosi omeopatiche. I cittadini che sabato 12 ottobre scenderanno in piazza ne sono perfettamente consapevoli.

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