Battaglia a viso aperto

di Massimo Villone- Ilmanifesto - 17/09/2015

Per le riforme si avvi­cina il momento della verità. La pre­si­dente Finoc­chiaro dichiara inam­mis­si­bili gli emen­da­menti all’art. 2 volti a ripri­sti­nare l’elezione diretta dei sena­tori. Renzi comanda che il dise­gno di legge sia appro­vato entro il 15 otto­bre e dif­fida Grasso a non mol­lare. Grasso stiz­zito riven­dica a se stesso la deci­sione in Aula sugli emen­da­menti, senza in alcun modo anti­ci­parla e lasciando quindi la porta aperta ai voleri ren­ziani. La con­fe­renza dei capi­gruppo rin­via tutto all’Aula a rotta di collo. Intanto, la mino­ranza Pd abban­dona il tavolo della media­zione, finita su un “bina­rio morto”.
Un copione in larga misura già scritto. In fondo, l’unico punto di ambi­guità era dato pro­prio dalla scelta dei dis­sen­zienti Pd di calarsi in una trat­ta­tiva semi-segreta tutta interna al par­tito. Pale­se­mente, non era nel loro inte­resse farsi ingab­biare. Al con­tra­rio, il loro inte­resse era ed è scen­dere in campo per una bat­ta­glia aperta e visi­bile in nome di una pub­blica opi­nione lar­ga­mente favo­re­vole. I son­daggi ci dicono che per il 70% degli ita­liani i sena­tori dovreb­bero essere eletti direttamente.

Qui la forza della mino­ranza Pd oggi, ed anche la spe­ranza di soprav­vi­venza poli­tica domani. Disper­dere que­sta risorsa in una trat­ta­tiva invi­si­bile in oscure sedi par­ti­ti­che è comun­que sba­gliato. Qua­lun­que esito ver­rebbe letto come bassa cucina sor­retta da futili se non abietti motivi. Non si può dire al popolo ita­liano che la Costi­tu­zione si scrive guar­dando agli inte­ressi della ditta o, ancor peg­gio, a quelli per­so­nali.
Se la mino­ranza Pd abbia numeri suf­fi­cienti a bloc­care la riforma si vedrà. Ma intanto la dram­ma­tiz­za­zione dello scon­tro da essa pro­vo­cato ha con­tri­buito a richia­mare sul tema l’attenzione della opi­nione pub­blica, tanto da giu­sti­fi­care son­daggi che evi­den­ziano un vasto dis­senso popo­lare verso la pro­po­sta del governo. La que­stione non è banale, per­ché mostra il fal­li­mento di una stra­te­gia di comu­ni­ca­zione fon­data su argo­menti in parte tec­ni­ca­mente men­daci — ad esem­pio, che il senato non elet­tivo sia neces­sa­rio per supe­rare il bica­me­ra­li­smo pari­ta­rio — e in parte risi­bili — come il rispar­mio di spesa, ridotto a spic­cioli. Non sono bastati i tweet, gli attac­chi ai gufi, le arro­ganti intem­pe­ranze ver­bali di Renzi. È stato colto invece il punto cen­trale: che in demo­cra­zia la scelta di chi ci rap­pre­senta è un pas­sag­gio cru­ciale. Comi­tati e movi­menti che già si orga­niz­zano nella pro­spet­tiva del refe­ren­dum devono trarne la con­ferma che il campo di bat­ta­glia sarà la ridu­zione degli spazi di par­te­ci­pa­zione demo­cra­tica.
I son­daggi lasciano i favo­re­voli al senato dei nomi­nati a circa il 30%. Più o meno quella che sarebbe oggi la forza par­la­men­tare del Pd senza la gruc­cia del pre­mio di mag­gio­ranza. Il che ancora una volta dimo­stra come sia stato e sia inac­cet­ta­bile porre una riforma stra­vol­gente nelle mani di un par­la­mento fon­dato sui numeri ille­git­timi di una legge elet­to­rale inco­sti­tu­zio­nale pro­prio nel pre­mio. E riba­di­sce altresì l’incultura costi­tu­zio­nale del pre­mier, che vor­rebbe dare agli ita­liani una Costi­tu­zione verso la quale il paese in larga mag­gio­ranza dis­sente in un punto fon­da­tivo. E per di più vuole darla con una mag­gio­ranza rac­co­gli­tic­cia, appro­fit­tando dell’acquiescenza di assem­blee sner­vate da tre turni di Por­cel­lum e affol­late di anime morte, e per di più con il soste­gno deci­sivo di vol­ta­gab­bana e tra­sfor­mi­sti. Una inde­cenza, per chi crede nella poli­tica, nella Costi­tu­zione, nella Repubblica.

Qual­cuno dirà che la riforma con­tiene anche altro. È vero. Ma della sorte del Cnel gli ita­liani feli­ce­mente non si curano. E nem­meno dei mal di pan­cia delle regioni, che non pochi con­si­de­rano luo­ghi di nequi­zie e malaf­fare. Del resto, non è stato lo stesso Renzi a pre­sen­tare il senato non elet­tivo come la madre di tutte le bat­ta­glie? Lo ha fatto non certo per una Costi­tu­zione migliore e per ele­vate con­si­de­ra­zioni di filo­so­fia isti­tu­zio­nale, ma per lucrare sull’argomento popu­li­stico dei tagli di spesa. Una scom­messa sba­gliata.
È impor­tante che si vada a una bat­ta­glia aperta e visi­bile per l’opinione pub­blica. Era ed è pos­si­bile aprire sulla ammis­si­bi­lità di emen­da­menti all’art. 2, come abbiamo argo­men­tato io e Beso­stri nella audi­zione presso la Com­mis­sione Affari costi­tu­zio­nali del Senato il 27 luglio. La Finoc­chiaro poteva, volendo, deci­dere diver­sa­mente. Così potrà fare Grasso, se vorrà. Che ognuno si assuma le pro­prie respon­sa­bi­lità. Una let­tura nota­rile di regole e prassi può con­durre a con­clu­sione diversa. Ma che porti a una Costi­tu­zione forte e dura­tura, nella quale il paese sì rico­no­sca, si deve esclu­dere. Né ser­vono a tal fine le vie tra­verse volte a un senato un poco elet­tivo, ma senza esa­ge­rare, ad esem­pio lasciando al legi­sla­tore regio­nale il com­pito di assi­cu­rare in qual­che forma la par­te­ci­pa­zione degli elet­tori alla scelta dei sena­tori. Una pro­po­sta in tal senso viene da “ASTRID” (l’Associazione pre­sie­duta da Bas­sa­nini), con un docu­mento sul quale mi sono tro­vato ad espri­mere un dis­senso soli­ta­rio. Per me, eleg­gere un par­la­men­tare signi­fica scri­vere un nome su una scheda da met­tere nell’urna, senza se e senza ma. Un gesto ele­men­tare, ma ful­cro della demo­cra­zia. Chi ne ha paura?

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