Difendiamo la Democrazia. No allo stravolgimento dell'impianto della democrazia costituzionale

di Antonio Caputo - 28/09/2015
Le modifiche alla riforma costituzionale in discussione al Senato sottraggono agli elettori il diritto di eleggere direttamente i loro rappresentanti e non risolvono altri punti inaccettabili della manomissione della Costituzione in atto. Le ragioni per cui il Senato deve continuare a essere direttamente eletto sono assai serie e trovano base nei principi stessi del costituzionalismo moderno

Viene meno il patto costituzionale

Poiché  anche  dalla  riforma  Boschi - Finocchiaro - Verdini è  riconosciuta  al  "senato" la  spettanza delle funzioni legislativa e di revisione costituzionale, sarebbe manifestamente incostituzionale se le rispettive  deliberazioni,  vincolanti  per  tutti  i  cittadini,  non  rinvenissero  la  loro  legittimazione  nel voto dei cittadini.

Al  punto  di  motivare  in  ipotesi una  sorta  di  disobbedienza  civile,  ove  per  legge  si  intenda rousseauianamente  un  comando a  valenza  generale

iussu  populi,  determinato  dal  patto  sociale fondato sul principio di sovranità popolare.

Nel  proclamare  che  «La  sovranità  appartiene  al  popolo  che  la  esercita  nelle  forme  e  nei  limiti della Costituzione», l’articolo 1 della Carta del ‘48 garantisce infatti che la funzione legislativa e la funzione  di  revisione  costituzionale – massime  espressioni  della  sovranità  popolare – vadano ricondotte «alla  volontà  dei  cittadini  espressa  attraverso  il  voto,  libero  ed  eguale  (come  non garantito  dalla  riforma  elettorale  che  va  sotto  il  nome  di italicum, che  costituisce  il  principale strumento di manifestazione della sovranità popolare» (così la Corte costituzionale nella sentenza n.

1 del 2014 che dichiarò illegittimo il porcellum).

 

La frottola dell’elezione indiretta

Si afferma dai cotroriformatori che verrebbe introdotto, come in Germania per il Bundesrat , un modello di elezione "indiretta", come tale non antidemocratico e illiberale.

Falso.

Lo  sciagurato  testo prevede  che  la  durata  del mandato  dei  senatori  coinciderebbe con  quella degli  organi  delle  istituzioni  territoriali  dai  quali  sono  stati  eletti,  su  "indicazione"  (sic!)  degli elettori in base alle leggi elettorali regionali.

Quanto  alla  coincidenza  del  mandato  senatoriale  con  la durata  di  organi  territoriali  regionali  o locali,  nulla  quaestio  in  linea  astratta, se  non  fosse  che  in  tal  modo  non  è nemmeno  assicurata  la contemporaneità  del  mandato  e  dell'insediamento dei  componenti.  dell'Organo  legislativo, con inevitabili disarmonie e possibili disfunzioni..

I  senatori  sarebbero  comunque eletti  dagli  «organi  delle  istituzioni  territoriali» e  non  dai cittadini  nell’ambito  territoriale  di  riferimento,

consegnando al  consiglio  regionale  il  potere  di scegliere i medesimi (senatori part time, in quanto anche consiglieri regionali se non sindaci anche di piccoli comuni in ipotesi, comunque in assenza di qualunque incompatibilità tra le due cariche)

 

Cittadini defraudati del diritto di voto

Agli   elettori competerebbe   unicamente «l’indicazione»,  ovvero una   designazione,   una proposta, una ipotesi di segnalazione/suggerimento, non certo il potere - diritto di scegliere i propri rappresentanti.

I cittadini «indicano», il consiglio regionale «elegge» (sic!).

Sconcertante,  per  in determinatezza,  e  incoerenza  con  i  principi  del  costituzionalismo  liberale  e democratico, è il fatto che il tutto viene rinviato alla disciplina di futura legge regionale di ogni Regione italiana, venti, senza alcuna indicazione di principi direttivi, di tempi e comunque limiti da osservare.

Il  Governo  (che  ha  proposto  la  "riforma"/deforma,  laddove quando  sono  in  discussione leggi costituzionali, secondo la celebre affermazione di Calamandrei, comicamente e a sproposito citato dalla  "novella" -2000" - sua pretesa  sedicente emula,  mancata,  Miss  Maria  Elena  Boschi,  il Governo   dovrebbe   star   fuori   dal   Parlamento,   giacché   le   leggi   costituzionali   sono   leggi squisitamente parlamentari, peraltro nel caso nostro di un parlamento illegittimamente composto da nominati  non  eletti) utilizza  sui  media falsi  argomenti  di  natura  comparativa  per  squalificare l'elezione diretta.

 Una doccia di balle

Così  si  è detto,  e  scritto dai  corifei  al  servizio  del  "principe", che  la  designazione  indiretta  dei senatori sarebbe presente in misura preponderante negli Stati federali e in quelli regionali.

Falso: l’elezione popolare  del  senato  è prevista  negli  Stati  Uniti  (dove  fu  introdotta  nel  1913, anche  per  ridurre  i fenomeni  di  corruzione determinata  dall’elezione da parte dei Parlamenti  degli Stati  membri),  in  Svizzera,  in  Australia  e negli  Stati  federali  latino - americani  (Argen

tina,  Brasile e Messico).

Quanto  agli  Stati  regio nali,  vi  è la Spagna,  dove  i quattro  quinti  dei  senatori  sono  eletti  dal popolo e solo il quinto restante è designato dai Parlamenti delle Comunità autonome.

D’Alimonte, uno degli ispiratori della illiberale controriforma, su Il Sole 24 Ore del 17 settembre  2015, ha  scritto  che solo  in  cinque  paesi  su  ventotto  che  compongono  l'Unione  Europea, è prevista l’elezione popolare della seconda camera.

Falso.

La verità è che in quindici Paesi vi è un sistema monocamerale. E tra  i quindici  paesi  monocamerali,  quattordici hanno un  sistema  elettorale  proporzionale,  che in  sei  di  essi  è imposto  dalla  Costituzione (coerentemente  con  la  necessità  di  garantire  la rappresentatività   ed   evitare   la   "tirannide   della   maggioranza",   o   meglio   con   il   premio   di maggioranza, sproporzionato ed irragionevole dell'italikum, di una minoranza fattasi maggioranza).

I correttivi adottati in alcuni paesi (soglia di sbarramento e ridotta dimensione dei collegi) non sono  in  grado  di  garantire  con  certezza  (a  differenza  del  ballottaggio  dell'italikum,  porcellum redivivo)che un partito ottenga la maggioranza assoluta dei seggi. Nel solo paese, la  Grecia,  che  prevede  un premio  di  maggioranza  al  primo  partito,  questo è costituito solo da un numero fisso di deputati (50 su 300).

Si vuole imitare l’Ungheria?

L’unico  paese  monocamerale  che  adotta  un  sistema  misto  a prevalenza  maggioritaria  con meccanismi  che  possono  dare  una  maggioranza  abnorme  al  primo  partito  è l’Ungheria, "forse" non un modello da imitare.

Quanto  ai tredici  paesi  bicamerali, ben  dieci  hanno  un  sistema  elettorale  proporzionale  e due (Regno  Unito  e Francia)  un  sistema  maggioritario  a

uno  o due  turni  in  collegi  uninominali  (altra cosa  rispetto  al  premio  al  partito  vincitore  del  ballottaggio  nazionale  ,  a  prescindere  da qualunque soglia,   e   con   liste   sostanzialmente   bloccate   di   nominati   per   circa   due   terzi   dei   deputati, dell'italikum)

Grazie all’Italicum il nostro è il  solo  Paese  su  ventotto  ad  avere  adottato  un  sistema  elettorale con  premio  di  maggioranza,  doppio  turno di lista e attribuzione  certa  di  una  maggioranza  più  che assoluta dei seggi ad un solo partito.

Dagli  otto  Paesi  bicamerali  che  non  prevedono l’elezione popolare  della  seconda  camera,  va scorporato il Regno Unito, dove la Camera dei Lord non rappresenta certo le istituzioni territoriali e per la quale pendono progetti di legge che prevedono l'elezione popolare.

Diverso dalla deforma, distante anni luce, è il sistema tedesco. In Germania , i consiglieri che compongono il Bundesrat , sono espressione degli esecutivi dei

Laender  e ogni  dele gazione  esprime  un  unico  voto  (certamente  non  persone  designate  con  criteri opachi e non trasparenti dai consigli regionali, senatori part time).

Democrazia in pericolo

In  Irlanda  i senatori  non  rappresentano  le  istituzioni  locali,  ma  diversi  interessi  culturali  e professionali, come in Slovenia per il 40% dei senatori.

In Francia è molto  ampia la platea degli elettori  (circa 150.00grandi elettori ) in  rappresentanza di tutte le collettività territoriali.

Non  restano  che  Austria,  Paesi  Bassi  e Belgio,  ma  nei  primi  due  paesi,  così  come  in  Francia, può  essere  eletto  senatore  qualsiasi  cittadino, mentre  solo  in  Belgio  50  senatori  su  60  sono  eletti dalle assemble e rappresentative delle Comunità linguistiche tra i propri membri.

Tra  i ventotto Paesi dell’Unione uno solo, il Belgio,  prevede  che  i senatori  siano  designati  dai Parlamenti delle istituzioni territoriali tra i propri componenti.

Infine, tra i cinque Paesi che prevedono l’elezione popolare, in due (Italia e Romania) il senato vota la fiducia al governo, negli altri tre (Repubblica Ceca, Polonia, Spagna) il rapporto di fiducia al Governo riguarda solo la Camera dei deputati. Inutile dire che in nessun paese bicamerale è previsto che i senatori siano eletti dalle assemblee territoriali  «su  indicazione  degli  elettori  in  base  alle  leggi  elettorali»  locali, in  violazione  del principio democratico fondamentale.

L’insegnamento di J. S. Mill

Sovviene  a  questo  punto  della  disperante  analisi  critica,  provvisoria,  in  attesa  di  eventi  finali, speriamo  più  democratici,  e  salvo  l'argine  del  referendum  popolare  (la  cui  attivazione  felice richiederebbe un clima  civile diverso e una consapevolezza della posta in  gioco che è da costruire

con  pazienza),  ammonitore, uno  dei  più  alti  elogi  dell'antagonismo  che  il  pensiero  liberale  abbia mai registrato, con un brano in cui si può condensare l'essenza dell'etica liberale, di J . Stuart Mill (in Considerations on Representative Government, vol.XIX, p.406):

«Nessuna comunità ha mai durevolmente progredito se non quella in cui si è svolto un conflitto tra il potere più forte e alcuni poteri rivali; tra le autorità spirituali e quelle temporali; tra le classi militari  o  territoriali  e  quelle  lavoratrici;  tra  il  re  e  il  popolo;  tra  gli  ortodossi  e  i riformatori religuiosi":

Il che, come affermò Mill, richiede che venga assicurata una adeguata rappresentanza anche alle minoranze  «ciascuna  in  proporzione  dei  voti  ricevuti»,  per  evitare  e  «impedire  alla  maggioranza lasciata sola di abusare del proprio potere e quindi alla democrazia di tralignare».

 

Antonio Caputo, bruniano, è Presidente Coordinatore della Federazione italiana dei Circoli di Giustizia e Libertà
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