Elezioni amministrative, il flop M5S e la lezione di Ignazio Marino

di Peter Gomez - Il fatto quotidiano - 28/05/2013
Un numero enorme di elettori si riconosce in un celebre aforisma di Mark Twain: “Se votare facesse qualche differenza non ce lo farebbero fare”

Ai seggi si sono presentati davvero in pochi. La fuga dalle urne, dopo le manovre di palazzo che hanno portato alla rielezione di Giorgio Napolitano a Capo dello Stato e al governo delle larghe intese, dimostra come ormai un numero enorme di elettori si riconosca in un celebre aforisma di Mark Twain: “Se votare facesse qualche differenza non ce lo farebbero fare”.

Il dato che colpisce di più non è però l’astensione o l’ottimo risultato di Ignazio Marino, l’ex senatore democratico schierato contro l’inciucio e per Stefano Rodotà al Colle, che ha significativamente scelto lo slogan “Non è politica. È Roma”. A far rumore è il crollo del M5S ovunque attestato sotto quota 15 per cento (e spesso sotto l’8).

Si tratta di un flop che ha molte cause. E che non è avvenuto solo perché a livello locale il Movimento non è (ancora?) in grado, al contrario del qui vittorioso Pd, di esprimere candidati di peso o perché, come si lamentano i militanti, i media hanno sparato a palle incatenate contro Beppe Grillo e i suoi eletti. Ci sono invece precise responsabilità dei 5 stelle.

La situazione dell’informazione italiana infatti è quello che è. Può piacere o non piacere (e a noi non piace). Ma chi decide di far politica ha semplicemente il dovere di tenerne conto. Cioè deve sapersi misurare con la realtà. Soprattutto se aspira a cambiarla.

Per questo per il M5S ha, per esempio, ben poco senso lamentarsi se le proprie iniziative non vengono pubblicizzate o protestare se i giornali, invece che parlare dei 42 milioni di euro a cui il Movimento ha rinunciato, dedicano articoli su articoli al (poco commendevole) dibattito tra gli eletti sulle note spese.

Più importante, per i 5 stelle, sarebbe invece non aprirli nemmeno quei dibattiti. Perché chiunque ha un lavoro sa che in tutte le aziende del mondo si viene rimborsati solo dopo aver presentato gli scontrini. E perché non bisogna essere dei geni della comunicazione politica per capire i tuoi elettori si aspettano di vedere le tue note spese on line, pure se la cosa non era stata specificata nei tanti documenti sottoscritti prima delle elezioni.

Il Movimento 5 Stelle dice infatti di basarsi sul web e sulla trasparenza. E proprio perché rivendica la trasparenza quando Report fa inchiesta (non importa se buona o cattiva) sulla situazione finanziaria del blog di Grillo, il cosiddetto staff ha un’unica strada: rispondere alle domande e mettere immediatamente i conti in Rete. 

Fare la vittima (a meno che non ti chiami Silvio Berlusconi e hai ha disposizione giornali e televisioni) non paga. Paga invece la verità e la chiarezza. Anche perché, a oggi, lo zoccolo duro del M5S ruota solo intorno ai MeetUp e vale meno del 10 per cento. Tutto il resto è voto di opinione. Che, con pazienza, va guadagnato elettore per elettore.

13 aprile 2019

La reazione a catena del caso Assange

Barbara Spinelli - Il fatto Quotidiano
19 marzo 2019

Lettera aperta al segretario generale del PD Nicola Zingaretti

Massimo Villone, Alfiero Grandi, Silvia Manderino, Domenico Gallo