Zagrebelsky: “Riforme, democrazia in pericolo”

di Andrea Giambartolomei - Il Fatto Quotidiano - 23/02/2015
La maggioranza deve garantire un contesto deliberativo in cui ci sia posto per tutti

Il potere accentrato nelle mani di una persona, con un parlamento indebolito e i cittadini senza rappresentanza. Sette giorni dopo la nottata di discussione sul Ddl sulle riforme costituzionali, Libertà e giustizia e Anpi lanciano un nuovo allarme per salvare i diritti degli elettori. Lo hanno fatto ieri pomeriggio a Torino in un incontro intitolato, “Legge elettorale e riforma del Senato: era (ed è) una questione democratica”, con Sandra Bonsanti (presidente di Libertà e Giustizia), Antonio Caputo (difensore civico della Regione Piemonte), Carlo Smuraglia (a capo dell’Anpi) e Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale.

Le associazioni sono pronte a lanciare una campagna: “Noi vigileremo il secondo passaggio della riforma costituzionale”, ha affermato la Bonsanti, mentre per il professore torinese “c’è bisogno che la società civile si riprenda il suo ruolo, società civile che non è quella dei salotti romani frequentati dai politici, ma quella degli imprenditori disposti a dare denaro e tempo per imprese sociali, individui, associazioni e gruppi politici”.

Tutti i partecipanti sono rimasti impressionati dall’immagine dell’aula di Montecitorio quasi vuota durante la discussione della riforma: “Le responsabilità stanno certamente in quelli che hanno deciso di uscire dall’aula – sostiene il costituzionalista – ma soprattutto la responsabilità è della maggioranza che deve garantire un contesto deliberativo in cui ci sia posto per tutti”.

C’È UN ALTRO ASPETTO paradossale che ha marcato il professore: “Si sta discutendo la riforma della Carta in un parlamento che la Corte costituzionale ha giudicato incostituzionale”. Queste modifiche vengono fatte senza valutare le voci critiche: “Le considerazioni che vengono da parti come le nostre vengono completamente ignorate o demonizzate”. Nessuno disturbi il manovratore. “La democrazia deliberativa è fatta di discussioni ed è un processo in cui si mettono insieme idee, contributi e proposte. È un’idea diversa da quella per cui chi vince deve agire indisturbato”.

Concorda con questa lettura di Zagrebelsky il difensore civico Caputo. Secondo lui cambiare il Senato, facendolo eleggere dai consiglieri regionali e dandogli meno poteri, “aumenta la sfiducia i cittadini nei confronti delle istituzioni”.  Sfidare il governo sul tema delle riforme costituzionali però non sarà facile. Il presidente dell’Anpi Smuraglia lo sa: “Abbiamo pensato di entrare sul tema a gamba tesa. Sarà difficile perché per molti cittadini sono cose lontane”.

Eppure le gravità segnalate da Smuraglia sono tante, non solo su Italicum e riforma del Senato. “Sono arrivati alla Camera e al Senato due riforme su cui il governo ha messo la fiducia, sebbene si vanti di avere un’ampia maggioranza. In questo modo cadono gli emendamenti e la discussione”. In un anno di vita dell’esecutivo si è arrivati a 34 voti di fiducia. “C’è un ricatto”, afferma, e questo ricatto si ripropone ogni volta che viene paventato lo spauracchio dello scioglimento anticipato del parlamento.

Un altro elemento sottolineato da Smuraglia riguarda il Jobs Act: “Questa è una legge delega quasi in bianco, fatta in modo che – in mancanza di criteri precisi – il governo possa fare quello che vuole”. Il governo non ha neanche preso in considerazione due pareri conformi di Camera e Senato contro i licenziamenti collettivi, pareri ai quali dovrebbe attenersi: “Il governo non ne ha tenuto conto. Anche questo è un modo per far diventare il parlamento inutile”. Così come diventano inutili i pareri di partiti svuotati e sindacati disprezzati dall’esecutivo.

Secondo la Bonsanti c’è un percorso tracciato: “Quanto abbiamo  detto qui porta a pensare che ci sia un movimento che porta verso una persona sola – riepiloga prima di fare una domanda a Zagrebelsky -. È possibile che il governo stia preparando una riforma delle istituzionali che possano cadere nelle mani di una persona con obiettivi meno democratici?”. “Il rischio c’è”, risponde lui.

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