25 aprile 2010...

di Lino D’Antonio Napoli - 24/04/2010
Più il nostro Paese regredisce socialmente e culturalmente, più il 25 aprile diventa un punto di riferimento e di partenza per ogni premessa democratica

Mai, anche nei momenti più oscuri e pericolosi della Repubblica, è venuto meno il senso dell’unità e della solidarietà nazionale. E nessuno avrebbe potuto, fino a qualche tempo fa, solo supporre lo stato di degrado, in cui viviamo, allorché tra egoismo di classe, cesarismo, populismo deteriore e fascismo televisivo prevaricante, si deviano e si contaminano le coscienze, allontanandole dalle regole tipiche della pratica democratica.

Nulla sembra, al momento, possa essere fatto per arginare tale deriva. Né sembra efficace l’azione svolta dalla politica, anche da quella attualmente all’opposizione. La quale, non in possesso di un progetto alternativo di risposta democratica, in un’ansia di rimonta, si convince sempre più di perseguire le pulsioni più negative della destra al potere. Dimenticando in particolare il Mezzogiorno d’Italia, i suoi problemi e la loro soluzione in chiave decisamente nazionale.

E’ un amaro 25 aprile 2010, senza prospettive e con un pauroso ritorno all’indietro. Ciò dovrebbe indurre più che mai uomini e donne d’Italia a fermarsi un attimo ed a riflettere non poco su quello che siamo oggi nella gran parte, su quello che eravamo ieri. E da dove proveniamo e dove vogliamo realmente andare. Eppure la risposta è a portata di mano: veniamo tutti, vincitori e vinti, da quel 25 aprile 1945. Le mosse di un Paese finalmente libero dalla dittatura, pacificato pur se distrutto ed in ginocchio, unito di nuovo dalle Alpi alla Sicilia, vengono da quella data. Da quelle speranze, dai troppi lutti, dal sangue fraterno versato, dalla voglia irrefrenabile di ricostruire.

Mentre scrivo si apprende di pasti negati nel ricco Nord a bambini indigenti. Si ha notizia di un sindaco leghista, che vieta alla banda del paese di suonare “Bella ciao”, trattandosi di una composizione musicale non istituzionale. Il tutto in nome di una formalità senza senso, che nasconde vuoto interiore, estesa faziosità, estraneità al significato profondo del 25 aprile. Per arrivare poi, il suddetto sindaco a “vietare il divieto” e non essere in tal modo sommerso dal senso del ridicolo. Questo, perché, nella sostanza, si è estranei al concetto di una storia comune ed all’idea stessa del bene comune, mentre si preferisce rintanarsi in un ridotto quasi disumano, asfittico e strapaesano. Costoro non possono amare il 25 aprile, ma non possono impedire il nostro credo di libertà.

Nonostante il dileggio e la rimozione costante da parte di ben individuabili raggruppamenti politici di destra, riguardo alla ricorrenza della Liberazione, essa incombe ammonitrice, con il suo straordinario peso morale, sulla società italiana. Unica cometa da seguire per un non più rimandabile riscatto etico e morale. Quindi, in questi momenti di dolore e di preoccupazione, chi ha a cuore il bene della democrazia, scopre necessariamente di dover ancora una volta essere “resistente”. Nel senso di battersi con l’arma della parola e della memoria, con tanta voglia di futuro, oltre il buio di questi giorni.

Ce la faremo. Viva il 25 aprile! Viva la Costituzione Repubblicana! Viva l’Italia unita e solidale! 
29 aprile 2013

Costruiamo l'alternativa al governo Berlusconi

Giorgio Cremaschi-www.micromega.net
13 marzo 2014

Quello che non c'è

Francesco Baicchi
30 aprile 2013

La coerenza

Francesco Baicchi