Ancora una volta ho rimasto Soru

di Barbara Fois - Liberacittadinanza - 04/12/2008
Cosa c’è dietro le dimissioni del governatore della Sardegna

Soru si è dimesso da Governatore della Sardegna e non è intenzionato a ritirare le dimissioni. I giornali nazionali ne hanno parlato a lungo. Curioso, perché dei fatti cosiddetti “locali” in genere se ne infischiano. Ma l’uomo è fascinoso, coi suoi silenzi, le sue apparenti timidezze, lo sguardo pulito e dritto…eh, lo sappiamo bene noi dei movimenti: anche noi a suo tempo ci siamo lasciati affascinare. Nella realtà Soru è un uomo molto complicato e ha molti e diversi livelli di “lettura”. E’un tessitore lento e tenace, è imperioso, accentratore, dispotico, decisionista e non sopporta le critiche, né che quelli che gli stanno intorno abbiano un pensiero autonomo. Forse è per questo che ha più attenzioni per gli avversari che per i collaboratori, che tende sempre a svilire, quando non a disprezzare. Ma facciamo un passo indietro e vediamo come è arrivato al vertice regionale.

 Nell’agosto del 2003 Soru - con una lettera aperta sui quotidiani locali - si propose come candidato alla presidenza della Regione sarda. Si propose, ma i partiti del CS lasciarono cadere la sua lettera nel più assoluto silenzio. Fummo noi della Rete dei Movimenti della Sardegna a rispondergli pubblicamente e a indicarlo come nostro candidato, contro tutto e tutti.

 Allora veniva chiamato con ironico disprezzo “Mister Tiscali” e molti che oggi gli reggono lo strascico erano tra i suoi più fieri antagonisti e decisi detrattori. Allora Soru si presentava come un uomo semplice, un po' timido e impacciato, tormentato da momenti di silenzio imbarazzato e imbarazzante, ma - quando poi carburava - pieno di una passione civile che pareva assolutamente disinteressata e sincera.

Che la sua fosse (o no) una opportunistica interpretazione da Oscar, nessuno oggi può affermarlo in modo categorico: ognuno di coloro che lo hanno conosciuto da vicino s'è fatto una propria idea, e potrebbe difenderla con eguale possibilità di essere creduto. Certo è che nel momento in cui si propose, sono ormai più di 4 anni, nessuno avrebbe mai dubitato che fosse il candidato migliore che potessimo avere. Era proprio l'homo novus che cercavamo e di cui la politica aveva bisogno.

Ma i partiti non ne volevano sapere: lo scontro durò diversi mesi, arrivando a spaccare i DS al loro interno e portando la Margherita sull'orlo di una scissione.

Soru ebbe allora molta pazienza: voleva essere accettato dai partiti ed era disposto anche a farsi prendere a calci. Ce lo disse lui stesso in una delle nostre riunioni, con quella che noi pensammo essere una disarmante ingenuità. Allora sosteneva: «Spesso i partiti confondono coalizione con lottizzazione, ma io non faccio trattative col centrosinistra per un posto in più nel listino o in Giunta, non siamo al mercato delle vacche. Troveremo l'accordo solo se ci sarà il reciproco riconoscimento di tutte le parti in causa, dai partiti alle associazioni e ai movimenti e se ci sarà condivisione, se avremo le stesse idee sulle cose da fare per cambiare la Sardegna».

E alla fine i partiti del centrosinistra capitolarono, davanti al suo crescente e inarrestabile successo popolare. Fu allora che si dimenticò di quanto detto e dei Movimenti, suoi primi amici e alleati. No, non è esatto: non si dimenticò soltanto, fece anche di tutto per toglierseli dai piedi. Forse gli ricordavano da dove era partito, forse non gli piace essere in debito, o forse indebolire il movimento spontaneo e autonomo dei cittadini e rimettere la politica sotto l'egida dei partiti faceva parte di un accordo con loro. Chissà.

Forse questa è solo una opinione personale sbagliata, e tuttavia la sua decisione unilaterale di sciogliere il gruppo consiliare di Progetto Sardegna, per far confluire i consiglieri nei diversi partiti della coalizione credo che sia un fatto che oggettivamente rende verosimile questa possibilità.

 In quel momento Soru si giocò quel che restava della sua credibilità presso i suoi primi alleati, una credibilità che aveva cominciato ad essere messa in dubbio già durante una campagna elettorale non priva di attriti e di decisioni autoritarie e personalistiche. Iniziava così una curiosa escalation: più saliva nella carriera politica e più scendeva nel gradimento e nella stima di molti che erano stati con lui dalla prima ora.

In questi anni al governo regionale alcuni suoi stretti collaboratori sono stati allontanati, dimissionati, suicidati in varie forme e modi, dopo essere stati esautorati ed umiliati pubblicamente in ogni modo possibile. Tanti hanno scelto la propria dignità e se ne sono andati prima di essere svuotati, come uova à la coque.

Poi l’anno scorso Soru entrò nel PD e si candidò alla presidenza del partito nell’Isola. Un presidente della Regione, un Governatore, eletto da un voto diretto dei cittadini, che si candida alla presidenza di un partito! La cosa scatenò una bufera incredibile dentro il PD e deluse molti di quelli che nel PD non si riconoscevano, ma si erano riconosciuti in lui e lo avevano supportato e sopportato. Ma lui, impermeabile a qualsiasi critica o consiglio, si autocandidò ancora una volta, convinto che gli sarebbe andata bene come alla prima. Il che significa che non si era nemmeno accorto di quanti cadaveri aveva lasciato sul proprio cammino, e che a rispondergli non era rimasto nessuno. E infatti quando ci furono le primarie il suo avversario, Antonello Cabras - ex socialista e senatore del PD, esponente del vecchio establishment - prese tremila voti più di lui. I sostenitori di Soru insinuarono che Cabras avesse preso voti anche dalla destra e forse è anche vero, ma in altri tempi Soru avrebbe sbaragliato chiunque per migliaia e migliaia di voti. Questa sconfitta era un segnale chiaro: il suo elettorato gli stava dicendo che aveva sbagliato, che non doveva candidarsi. Punto. Ma lui non è stato in grado di capire perché non doveva farlo, e questo è ancora più grave.

Il passo successivo è stato quello di comprare l’Unità e di buttar fuori il direttore Padellaro, al quale evidentemente sapeva bene di non poter dettare la linea politica.

E adesso si è dimesso dalla presidenza regionale. Perché? Ho letto sui giornali nazionali che lo ha fatto per difendere il suo progetto di salvare le coste. Non è esatto. Dall’agosto 2004 Soru ha ottenuto il mandato di trattare in prima persona il tema della cementificazione delle coste. Era lui, scavalcando l’Assessore competente, che firmava gli accordi con sindaci e presidenti di provincia. Adesso voleva estendere questa prerogativa anche ai centri dell’entroterra. L’oggetto della discussione era su quale ruolo doveva svolgere il Consiglio e quale la Giunta nella gestione del piano paesistico. Ovviamente il presidente tendeva a trasferire più poteri alla Giunta e il Consiglio voleva uguale competenza. E il consiglio ha detto basta. Ma lo hanno detto anche molti dei suoi.

 E lui si è dimesso, non per un atto di umiltà, ma per un atto di superbia e non senza un ultimo morso al veleno: accusando le donne che aveva messo nel listino e che hanno votato contro di lui, di infedeltà. Così adesso, sul contrasto dentro il PD, sul problema delle dimissioni che si portano dietro elezioni anticipate che il CS probabilmente perderà, si è anche aggiunto – ciliegina sulla torta – un tristissimo scontro (sulle pagine della Nuova Sardegna, giornale locale), fra le donne che gli hanno votato contro e le sue più fide vestali turibolanti.

La cosa però più deprimente è che Soru si sia dimenticato di quello che disse quando vinse le elezioni nel 2004 e cioè che sarebbe rimasto in politica solo per il tempo del suo mandato - 5 anni – e poi si sarebbe ritirato. Infatti ora dice che queste dimissioni non segnano la fine della sua carriera politica e che lui si ricandiderà di nuovo alla presidenza della Regione. Ed è probabile che queste dimissioni non le ritirerà ( ha tempo fino al 24 dicembre) e che avremo le elezioni anticipate a febbraio.

Se sarà così, vorrà dire che queste dimissioni non sono una scelta dettata dall’emozione del momento, come qualcuno continua a credere, ma sono frutto di una mossa studiata a lungo e che Soru preparava già da tempo, per avere la meglio su i suoi avversari dentro il PD.

Una mossa che probabilmente ci costerà la vittoria e consegnerà la Sardegna alla destra, ma è assolutamente in linea con la demenziale corsa al massacro di sé stessa, che la sinistra persegue ormai da tempo. Questo dimostra che Soru si è adeguato: non è più un homo novus, non è più uno sprovveduto parvenu della politica, ormai fa parte della casta. Amen.

Renato Soru al tempo dei movimenti

 

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