Oltre
agli svariati tentativi di attentare alla vita della nostra democrazia,
screditando e mettendo un bavaglio al potere giudiziario, nel nostro Paese
sembra essersi innescata una sorta di auto-cannibalismo destinato a portarci
non si sa dove. Non ci riferiamo tanto alla “scandalosa guerra” tra le procure
di Catanzaro e di Salerno, quanto alla scandalosa (questa sì) decisione del Csm
di sospendere dalle funzioni e dallo stipendio il procuratore di Salerno, Luigi
Apicella, e di trasferire di ruolo e funzione i pm di Salerno, Gabriella Nuzzi
e Dionigio Verasani, e il procuratore generale di Catanzaro, Enzo Iannelli. La
decisione del Csm è stata una vera e propria mannaia librata indistintamente
contro i giudici di Salerno e Catanzaro allo scopo di non scontentare nessuno,
senza effettivamente capire un tubo (o forse facendo finta di non capire) dello
svolgimento dei fatti ed ignorando la legittimità dell’azione intrapresa dai
giudici di Salerno. L’organo che avrebbe dovuto tutelare il corpo giudiziario
si è trasformato in un mostro impazzito che ha cominciato a cibarsi di se
stesso, amputando gli arti più funzionali. Quando è scoppiato l’artefatto
“scandalo” della diatriba tra le due procure (che in realtà non ha niente di
scandaloso, anzi garantisce che, laddove il sistema giudiziario sbagli, possa
intervenire esso stesso a rimediare agli errori), il Guardasigilli, Angelino
Alfano, aveva inoltrato alla sezione disciplinare del Csm richiesta urgente di
trasferimento cautelare dalla sede e dalle funzioni per i magistrati di
Catanzaro, Enzo Iannelli (pg dell'ufficio calabrese), Alfredo Garbati, Domenico
De Lorenzo (sostituti pg) e Salvatore Curcio (sostituto procuratore) e per i pm
di Salerno, Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani, protagonisti dello scontro
scoppiato in merito al caso De Magistris. A questo punto urge una
considerazione: se, da una parte, non è normale che l’esecutivo si intrometta
in questioni disciplinari riguardanti l’autonomo ed indipendente ordine
giudiziario, dall’altra, il Csm, proprio perché indipendente, ha la possibilità
di agire liberamente, al fine di tutelare se stesso ed il rispetto della
giustizia. Purtroppo, in questo caso, il Csm ha dimostrato di non avere né
indipendenza né buon senso ed ha colpito dei giudici che non facevano altro che
onorare al meglio la propria funzione. È forte e chiara la denuncia fatta dal
pm di Salerno, Gabriella Nuzzi, in una lettera indirizzata al presidente
dell’Associazione nazionale magistrati, il sindacato che avrebbe dovuto
difendere a spada tratta le ingiustizie subite dai magistrati salernitani.
Eloquentemente il giudice scrive che “il
sacrificio di pochi varrà la
Ragion di Stato”. Le indagini di De Magistris stavano
portando alla luce una realtà troppo scomoda, stavano per smascherare misfatti
e legami della politica che dovevano rimanere segreti ad ogni costo, che i
cittadini non dovevano sapere. Come scrive il pm Nuzzi, “il disordine desta
scandalo: immediatamente va sedato e severamente punito. Il popolo saprà che è
giusto così”. In tutti i modi le “forze buone” della giustizia hanno cercato di
scoprire la verità e fare giustizia in Calabria: De Magistris prima, con la sua
inchiesta “Why not”, il giudice Clementina Forleo dopo, che per aver mostrato
solidarietà verso quel collega che svolgeva il suo lavoro talmente
diligentemente da venir rimosso e trasferito ad altra sede, è stata trasferita
a sua volta dalla sede di Milano. De Magistris, una volta giunto nella nuova
sede di Napoli ha trovato altri colleghi che, come lui, svolgono il proprio
lavoro all’insegna della verità e della giustizia: i colleghi Apicella, Nuzzi e
Verasani. A questi ha parlato della sua indagine ed ha confidato i suoi
sospetti: De Magistris aveva riferito di una situazione relativa all’archiviazione
fatta dalla Procura generale di Catanzaro per Mastella, segnalando che dagli
elementi da lui raccolti in precedenza, prima che venissero avocati i
procedimenti, aveva verificato che non tutti gli atti posti a base della
richiesta di archiviazione per Mastella erano stati trasmessi al Gip. L’unico
modo per verificare questa situazione direttamente ed evitare l’inquinamento
delle prove era quello di sequestrare il processo. Ciò è quello che ha fatto la
procura di Salerno emanando ed eseguendo un legittimo, quanto dovuto, provvedimento di perquisizione e sequestro
presso la procura di Catanzaro. Una mossa così sfrontata da parte dei giudici
Salerno e di De Magistris, che anche se allontanato a Napoli, procurava ancora
problemi, non se la aspettava nessuno. La verità rischiava ancora una volta di
venire a galla. Serviva a tutti i costi una soluzione per bloccare queste
indagini e screditarne allo stesso tempo i magistrati promotori. Quale migliore
invenzione della “guerra tra procure indisciplinate”? Purtroppo questo mette in
luce la malattia che ormai attanaglia il sistema, il quale garantisce punizioni
esemplari a chi è ligio e coraggioso e impunità a chi palesemente delinque. Anche
il presidente della Repubblica è diventato una pedina di questo sistema affetto
da cancro nel momento in cui ha duramente stigmatizzato la “scandalosa guerra
tra procure” senza fare i giusti distinguo. All’opinione pubblica è passata
un’interpretazione viziata della realtà. Ciò ha impedito una presa di coscienza
sui reali rischi che corre la nostra democrazia: la giustizia ed i basilari
principi normativi vengono capovolti. La legalità diventa non più una certezza
ma un’opinione. A nulla è valsa la pronuncia del Tribunale del riesame di
Salerno, il quale, chiamato in causa da coloro che avevano subito i provvedimenti
di perquisizione e sequestro, ha ritenuto assolutamente legittimi tali
provvedimenti, convalidandoli. Non solo la notizia è stata passata sotto
silenzio, ma anche nelle sedi in cui se ne aveva conoscenza si è fatto finta di
nulla. Il procuratore Apicella, intervistato dal giornalista Sandro Ruotolo, della
redazione di Annozero, ha
ironicamente detto che avere rapporti con il giudice luigi De Magistris “porta
sfortuna” in quanto chiunque si è interessato alle sue indagini è stato in
qualche modo rimosso, allontanato, trasferito. Lo sa lui, lo sanno i colleghi
di Salerno, lo sa il giudice Forleo e lo sa anche il corrispondente da
Catanzaro del Corriere della Sera, Carlo
Vulpio, che per aver fatto la cronaca dell’inchiesta di De Magistris è stato trasferito
dal direttore, Paolo Mieli, in altra città. A questo punto abbiamo il timore
che siano a rischio di trasferimento anche i giudici del riesame di Salerno. La
sospensione di Apicella ed i provvedimenti disciplinari che hanno colpito i
magistrati di Salerno sono senza precedenti in uno stato che si dice
Democratico, e ciò che è preoccupante è che l’aggressione alla magistratura non
viene solo dall’esterno, ma dall’interno. Il sistema giudiziario mostra di
essere sempre più asservito, se non addirittura intrecciato, al potere
politico, questo è un pericolo per
l’intero ordine costituzionale. Il provvedimento del Csm apre una falla nel
sistema costituzionale e rischia di diventare un pericolosissimo precedente.
Proprio per questo è importante che si prenda coscienza di questo pericolo e
che ci si schieri apertamente dalla parte di quei giudici onesti, che ci sono, sono
tanti e continuano a lavorare per garantire la giustizia e la libertà. Venticinque
magistrati salernitani, tutti in organico tranne uno, hanno intanto inviato una
nota alla giunta sezionale e al comitato direttivo centrale dell’Associazione
nazionale magistrati per sostenere le ragioni di Apicella, mentre il 28 gennaio
a Roma ci sarà una manifestazione a sostegno di Apicella, Verasani e Nuzzi a
cui si spera aderiscano e partecipino in tanti.
Nel silenzio colpevole dell’Anm, il Csm ha disposto la sospensione del procuratore di Salerno, Luigi Apicella, e il trasferimento dei pm salernitani Nuzzi e Verasani, rei di aver indagato la procura di Catanzaro sul caso De Magistris