“WHY NOT” NON S’HA DA FARE!

di Giusy Montoneri –ilmegafono.org - 24/01/2009
Nel silenzio colpevole dell’Anm, il Csm ha disposto la sospensione del procuratore di Salerno, Luigi Apicella, e il trasferimento dei pm salernitani Nuzzi e Verasani, rei di aver indagato la procura di Catanzaro sul caso De Magistris
Oltre agli svariati tentativi di attentare alla vita della nostra democrazia, screditando e mettendo un bavaglio al potere giudiziario, nel nostro Paese sembra essersi innescata una sorta di auto-cannibalismo destinato a portarci non si sa dove. Non ci riferiamo tanto alla “scandalosa guerra” tra le procure di Catanzaro e di Salerno, quanto alla scandalosa (questa sì) decisione del Csm di sospendere dalle funzioni e dallo stipendio il procuratore di Salerno, Luigi Apicella, e di trasferire di ruolo e funzione i pm di Salerno, Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani, e il procuratore generale di Catanzaro, Enzo Iannelli. La decisione del Csm è stata una vera e propria mannaia librata indistintamente contro i giudici di Salerno e Catanzaro allo scopo di non scontentare nessuno, senza effettivamente capire un tubo (o forse facendo finta di non capire) dello svolgimento dei fatti ed ignorando la legittimità dell’azione intrapresa dai giudici di Salerno. L’organo che avrebbe dovuto tutelare il corpo giudiziario si è trasformato in un mostro impazzito che ha cominciato a cibarsi di se stesso, amputando gli arti più funzionali. Quando è scoppiato l’artefatto “scandalo” della diatriba tra le due procure (che in realtà non ha niente di scandaloso, anzi garantisce che, laddove il sistema giudiziario sbagli, possa intervenire esso stesso a rimediare agli errori), il Guardasigilli, Angelino Alfano, aveva inoltrato alla sezione disciplinare del Csm richiesta urgente di trasferimento cautelare dalla sede e dalle funzioni per i magistrati di Catanzaro, Enzo Iannelli (pg dell'ufficio calabrese), Alfredo Garbati, Domenico De Lorenzo (sostituti pg) e Salvatore Curcio (sostituto procuratore) e per i pm di Salerno, Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani, protagonisti dello scontro scoppiato in merito al caso De Magistris. A questo punto urge una considerazione: se, da una parte, non è normale che l’esecutivo si intrometta in questioni disciplinari riguardanti l’autonomo ed indipendente ordine giudiziario, dall’altra, il Csm, proprio perché indipendente, ha la possibilità di agire liberamente, al fine di tutelare se stesso ed il rispetto della giustizia. Purtroppo, in questo caso, il Csm ha dimostrato di non avere né indipendenza né buon senso ed ha colpito dei giudici che non facevano altro che onorare al meglio la propria funzione. È forte e chiara la denuncia fatta dal pm di Salerno, Gabriella Nuzzi, in una lettera indirizzata al presidente dell’Associazione nazionale magistrati, il sindacato che avrebbe dovuto difendere a spada tratta le ingiustizie subite dai magistrati salernitani. Eloquentemente il giudice scrive che “il sacrificio di pochi varrà la Ragion di Stato”. Le indagini di De Magistris stavano portando alla luce una realtà troppo scomoda, stavano per smascherare misfatti e legami della politica che dovevano rimanere segreti ad ogni costo, che i cittadini non dovevano sapere. Come scrive il pm Nuzzi, “il disordine desta scandalo: immediatamente va sedato e severamente punito. Il popolo saprà che è giusto così”. In tutti i modi le “forze buone” della giustizia hanno cercato di scoprire la verità e fare giustizia in Calabria: De Magistris prima, con la sua inchiesta “Why not”, il giudice Clementina Forleo dopo, che per aver mostrato solidarietà verso quel collega che svolgeva il suo lavoro talmente diligentemente da venir rimosso e trasferito ad altra sede, è stata trasferita a sua volta dalla sede di Milano. De Magistris, una volta giunto nella nuova sede di Napoli ha trovato altri colleghi che, come lui, svolgono il proprio lavoro all’insegna della verità e della giustizia: i colleghi Apicella, Nuzzi e Verasani. A questi ha parlato della sua indagine ed ha confidato i suoi sospetti: De Magistris aveva riferito di una situazione relativa all’archiviazione fatta dalla Procura generale di Catanzaro per Mastella, segnalando che dagli elementi da lui raccolti in precedenza, prima che venissero avocati i procedimenti, aveva verificato che non tutti gli atti posti a base della richiesta di archiviazione per Mastella erano stati trasmessi al Gip. L’unico modo per verificare questa situazione direttamente ed evitare l’inquinamento delle prove era quello di sequestrare il processo. Ciò è quello che ha fatto la procura di Salerno emanando ed eseguendo un legittimo, quanto dovuto,  provvedimento di perquisizione e sequestro presso la procura di Catanzaro. Una mossa così sfrontata da parte dei giudici Salerno e di De Magistris, che anche se allontanato a Napoli, procurava ancora problemi, non se la aspettava nessuno. La verità rischiava ancora una volta di venire a galla. Serviva a tutti i costi una soluzione per bloccare queste indagini e screditarne allo stesso tempo i magistrati promotori. Quale migliore invenzione della “guerra tra procure indisciplinate”? Purtroppo questo mette in luce la malattia che ormai attanaglia il sistema, il quale garantisce punizioni esemplari a chi è ligio e coraggioso e impunità a chi palesemente delinque. Anche il presidente della Repubblica è diventato una pedina di questo sistema affetto da cancro nel momento in cui ha duramente stigmatizzato la “scandalosa guerra tra procure” senza fare i giusti distinguo. All’opinione pubblica è passata un’interpretazione viziata della realtà. Ciò ha impedito una presa di coscienza sui reali rischi che corre la nostra democrazia: la giustizia ed i basilari principi normativi vengono capovolti. La legalità diventa non più una certezza ma un’opinione. A nulla è valsa la pronuncia del Tribunale del riesame di Salerno, il quale, chiamato in causa da coloro che avevano subito i provvedimenti di perquisizione e sequestro, ha ritenuto assolutamente legittimi tali provvedimenti, convalidandoli. Non solo la notizia è stata passata sotto silenzio, ma anche nelle sedi in cui se ne aveva conoscenza si è fatto finta di nulla. Il procuratore Apicella, intervistato dal giornalista Sandro Ruotolo, della redazione di Annozero, ha ironicamente detto che avere rapporti con il giudice luigi De Magistris “porta sfortuna” in quanto chiunque si è interessato alle sue indagini è stato in qualche modo rimosso, allontanato, trasferito. Lo sa lui, lo sanno i colleghi di Salerno, lo sa il giudice Forleo e lo sa anche il corrispondente da Catanzaro del Corriere della Sera, Carlo Vulpio, che per aver fatto la cronaca dell’inchiesta di De Magistris è stato trasferito dal direttore, Paolo Mieli, in altra città. A questo punto abbiamo il timore che siano a rischio di trasferimento anche i giudici del riesame di Salerno. La sospensione di Apicella ed i provvedimenti disciplinari che hanno colpito i magistrati di Salerno sono senza precedenti in uno stato che si dice Democratico, e ciò che è preoccupante è che l’aggressione alla magistratura non viene solo dall’esterno, ma dall’interno. Il sistema giudiziario mostra di essere sempre più asservito, se non addirittura intrecciato, al potere politico,  questo è un pericolo per l’intero ordine costituzionale. Il provvedimento del Csm apre una falla nel sistema costituzionale e rischia di diventare un pericolosissimo precedente. Proprio per questo è importante che si prenda coscienza di questo pericolo e che ci si schieri apertamente dalla parte di quei giudici onesti, che ci sono, sono tanti e continuano a lavorare per garantire la giustizia e la libertà. Venticinque magistrati salernitani, tutti in organico tranne uno, hanno intanto inviato una nota alla giunta sezionale e al comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati per sostenere le ragioni di Apicella, mentre il 28 gennaio a Roma ci sarà una manifestazione a sostegno di Apicella, Verasani e Nuzzi a cui si spera aderiscano e partecipino in tanti.

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