Castellucci fa piazza pulita di integralismi e oscurantismo

di Daniela Gaudenzi - Liberacittadinanza - 04/02/2012
Castellucci in un incontro a Rimini ha parlato anche del significato dell'immagine del Cristo nel suo difficile spettacolo, facendo piazza pulita delle crociate e degli isterismi che ha incredibilmente suscitato

Mentre a Milano al teatro Franco Parenti era ancora in scena Sul concetto di volto nel figlio di Dio, con gli integralisti cattolici mobilitati tra interdizioni e messe riparatorie, Romeo Castellucci ha fatto una tappa riminese, programmata da tempo, per partecipare alla conversazione La voce e il suo mistero organizzata dall’Istituto freudiano e dall’Antenna del Campo freudiano in collaborazione con la Libreria Punto Einaudi.

Romeo Castellucci è arrivato in perfetto orario, con lo stile riservato di un drammaturgo e di uno studioso che non si pasce delle polemiche e del clamore, ma il pubblico che stipava la sala dell’auditorim del Lettimi gli ha tributato un caloroso segnale di consenso e un’ attenzione speciale che sottintendevano la solidarietà per il trattamento riservato al suo lavoro non solo dai tradizionalisti cattolici ma anche dalle gerarchie vaticane.

Stima e solidarietà “ nel momento in cui subisce l’attacco ingiustificato, pretestuoso, ottuso di blasfemia” glieli aveva già tributati, tra gli altri, l’Assessore alla Cultura di Rimini Massimo Pulini, che per impegni concomitanti non era presente, ma che si è espresso con cognizione di causa, avendo visto il dramma dello scandalo a Cesena lo scorso anno. E la sua valutazione dell’opera “gravida di interrogativi sui concetti di sofferenza e di cura, sul divario irrefrenabile tra una vita illusa dalla tecnologia e un corpo che resta ostinatamente antico” a ben vedere non si è allontanata di molto dai giudizi espressi, sulla versione milanese, dal giornale della CEI dove alla fine è stata definitivamente archiviata l’accusa di blasfemia ed è stato evidenziato “il dubbio, il grido di Giobbe tormentato dalle piaghe”.

Romeo Castellucci come i suoi interlocutori, la psicanalista francese Marie-Hélène Brousse e la studiosa di teatro Piersandra Matteo, si è attenuto strettamente al tema partendo dal rapporto tra voce e retorica presente nel suo Giulio Cesare rappresentato nel 1997, fino a trattare il ruolo dei suoni, della parola e dell’immagine nel suo lavoro in scena a Milano, sul quale sono intervenute pesantemente non solo la Curia milanese ma anche la Segreteria di Stato vaticana per “invitare i cattolici a manifestare il loro dissenso”.

La voce, nel dramma Sul concetto di volto nel figlio di Dio secondo l’autore non si esprime quasi più nella parola in senso letterario: “In questa geometria di sguardi, le parole del padre, malato di Alzheimer, non sono più comprensibili, non ci sono microfoni; lo spettatore deve leggere le parole tra i denti, diventano sibili, non fanno letteratura, si riducono a sospiri, gemiti, pianto. Rinuncio alla parola..”. Su questo punto è intervenuta Marie-Hélène Brousse, che si è occupata del lavoro di Castellucci a Parigi, per spiegare come da un punto di vista critico il testo esiste e si tratta di “un bel testo”, accostabile alla Molly Bloom di Joyce, in cui il padre, pure se sgretolato, “si riappropria della sua umanità” quando chiede al figlio di perdonarlo e manifesta tutto il suo disappunto per la visita indesiderata di una parente.

Insieme alla mancanza e all’impotenza della parola che si disintegra nella disperazione che lega padre e figlio, Castellucci ha voluto dare una interpretazione autentica e dal suo punto di vista chiarificatrice dell’immagine del Cristo di Antonello da Messina che domina la scena.

Per lui si tratta di “un’immagine che penetra come informazione, guarda negli occhi lo spettatore e ricorda il gigantismo delle immagini pubblicitarie”.

Dunque, niente a che vedere con un’immagine devozionale, contro la quale nelle precedenti versioni venivano scagliati oggetti non meglio identificati, atto considerato oltraggioso e all’origine delle accuse di blasfemia. Così come “uno slogan pubblicitario” è la scritta “tu sei il mio pastore” che compare quando il volto del Cristo si spezzetta fino a scomparire.

Alla fine dopo l’intervento musicale dedicato a Debussy, gli applausi non sono cessati fino a quando Romeo Castellucci non ha risposto applaudendo a sua volta per ringraziare il pubblico. A chi, all’uscita gli ha domandato dove e quando poter vedere lo spettacolo in Italia, ha dato appuntamento a Casalecchio, vicino a Bologna per il 17 e 18 febbraio, poi solo date europee, fino al prossimo ottobre a Modena all’interno del Festival dei teatri.

Chissà se è lecito aspettarsi che i prossimi appuntamenti siano finalmente solo con un’opera teatrale, anche dura e provocatoria ma da giudicare esclusivamente con i parametri della critica, oltre i giudizi a priori e uno spirito da crociata di sapore pericolosamente oscurantista.

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