Convoglio VivaPalestina: entrati a Gaza, grande accoglienza

di Vincenzo Tradardi - ISM-Italia - 07/10/2010
Libro di bordo verso Gaza

21 Ottobre - Entrati a Gaza un'ora fa ore (italiane)16,56, senza ulteriori difficoltà. Tutto bene, grande accoglienza!

20 Ottobre - Partiamo oggi con aereo per Egitto. Ieri notte partito cargo con tutti veicoli.

19 Ottobre - continua il sequestro del convoglio da parte egiziana

L’attesa partenza per El Arish di lunedì mattina non c’è stata. Dopo una convulsa giornata di trattative e di snervante attesa, il convoglio VivaPalestina5 è ancora bloccato nella città portuale di Lattakya.

 

Chiediamo a tutto il movimento che in Italia è impegnato a fianco del popolo palestinese di mobilitarsi per elevare una dura protesta nei confronti dell’Egitto, con tutte le iniziative che potranno essere intraprese e che in parte sono già in corso.

 

Chiediamo alle forze politiche e sindacali italiane di far sentire la loro voce.

 

Chiediamo ai parlamentari europei, ma anche ai membri del parlamento italiano, di sollevare la questione nelle rispettive sedi con interpellanze formali.

 

Chiediamo alle ambasciate italiane al Cairo e a Damasco, chiediamo al Governo e al Ministero degli Esteri italiano, di tutelare i nostri diritti e la nostra integrità e di sollevare una ferma protesta nei confronti del governo egiziano.

 

La situazione va sbloccata non nell’arco di giorni ma di ore.

 

Noi, 14 componenti del gruppo italiano, insieme agli altri 380 partecipanti al Convoglio Viva Palestina5, siamo trattenuti in una forma illegale di sequestro dal 2 ottobre, da oltre 17 giorni in questa città siriana, impediti dal governo egiziano di arrivare a El Arish e da li, per un tragitto di 40 km di entrare nella striscia di Gaza.

Fino ad ora la leadership del convoglio ha tenuto volutamente e pazientemente un atteggiamento di estrema collaborazione con le autorità egiziane per non offrire nessun appiglio a possibili irrigidimenti. E tuttavia, pur avendo ottemperato a tutte le richieste non otteniamo ancora il permesso per l’ingresso.

Questa situazione da qualsiasi punto la si osservi è assolutamente illegale.

Noi vogliamo far arrivare nella Striscia di Gaza, sottoposta a un embargo illegale secondo il diritto internazionale, condannato dall'ONU e anche dall'UE, medicine e articoli sanitari, materiale per gli scolari di Gaza, un insieme di aiuti umanitari.

Non trasportiamo armi, droghe o altre sostanze illecite.

Non esportiamo valuta.

Non siamo qui per praticare turismo sessuale.

Non siamo finanziati da potenze straniere.

Trasportiamo solo gli aiuti umanitari offerti dai tanti donatori italiani che ci hanno generosamente sostenuto e che ci hanno permesso di realizzare questa missione per la popolazione di Gaza, sfiancata da un assedio e da un boicottaggio letale che dura dall'inizio del 2006.

Se avessimo compiuto una o più di queste azioni le autorità egiziane, ma anche quelle turche o siriane avrebbero avuto tutto il diritto di arrestarci e giudicarci.

Non è questo il caso.

Siamo stati sempre accolti con grandissimo calore e, possiamo dirlo, in particolare noi italiani, con grande simpatia, in Turchia come in Siria.

Il comportamento del governo egiziano ci costringe a una sosta che lede gravemente i nostri diritti, a cominciare dal diritto alla libera circolazione.

Abbiamo adempiuto a tutte le richieste presentare il 5 ottobre, in un incontro a Damasco, dall'ambasciatore egiziano.

Poi il 16 ottobre è arrivata da parte egiziana una lista di proscrizione per 17 attivisti (nessuno del gruppo italiano) che le autorità egiziane hanno dichiarato “non graditi”, basata su dati inconsistenti e su errori grossolani, solo un ulteriore espediente per rinviare ancora la partenza.

Tra questi, fatto particolarmente odioso, due parenti delle vittime della Mavi Marmara, che vorrebbero unire la terra delle tombe dei loro cari a quella palestinese di Gaza per piantare un albero di ulivo.

 

E' evidente che si sta giocando contro di noi una partita squisitamente politica e che siamo vittime di una forma di “sequestro di persona”, tenuti in ostaggio per motivi che sono facilmente intuibili e dietro i quali si vede chiaramente la volontà dello Stato di Israele di contrastare queste missioni di pace. Il governo egiziano deve essere consapevole che non è tollerabile che si neghi l’ingresso ai pacifisti, mentre lo si auspica e lo si sollecita per i turisti!

Tutti e tutte sono decisi/e a resistere a oltranza, ma abbiamo famiglie e impegni di lavoro e dovremmo rientrare al più presto nelle nostre case. Chi è partito dall'Inghilterra è in viaggio da più di un mese, noi che siamo partiti dall'Italia da 29 giorni. 

 

La mobilitazione in Italia, in Europa e nel mondo deve unirsi alla nostra indignazione e alla nostra resistenza.

 

ISM-Italia

 

Lattakya, 19 ottobre 2010

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18 Ottobre - nuovamente Bloccati
SMS di Laura Gerevini

"Altri problemi. Questa mattina svegli alle 7 per imbarco alle 9 -(avevano deciso di partire tutti insieme nonostante la black list del governo egiziano di ieri, di cui siete informati)- alle 13 stiamo ancora spettando al campo. Sembra che l'armatore del cargo sollevi altri cavilli. Non è difficile immaginare chi glieli abbia ispirati. E' la guerra dei nervi. E loro sono più forti anche su questo terreno".

Superfluo ogni altro commento.
CIAO
Laura Gerevini

17 Ottobre: Convoglio VivaPalestina5: dall'Egitto, una ulteriore e inaccettabile pretesa

Ieri, 16 ottobre il convoglio VivaPalestina5 aveva completato tutte le operazioni per prepararsi all’imbarco sul cargo greco che doveva avvenire questa mattina a partire dalle ore 9. Completato, a titolo gratuito, il pieno di benzina per tutti i veicoli, dislocati i veicoli in ordine di marcia, ripulito il campo che ci ha ospitato, consegnati tutti i passaporti per facilitare le operazioni di frontiera, provveduto alle forniture di viveri e di acqua dato che il vettore non è un traghetto per passeggeri e non offre alcuna opportunità di ristoro, nella serata era previsto un ultimo incontro di saluto e di festa con la comunità palestinese del campo profughi e con la comunità siriana che con generosità ci hanno accolto e ospitato per ben 15 giorni.

E invece, a smorzare gli entusiasmi, è arrivato improvvisamente il contrordine: le autorità egiziane hanno di nuovo bloccato l’operazione di ingresso con una nuova e vessatoria richiesta: 17 degli attivisti considerati persone non gradite, non possono entrare in Egitto. Richiesta immotivata e ricattatoria che subito la direzione del convoglio ha dichiarato inaccettabile riservandosi di adottare oggi, con l’arrivo a Lattakya di George Galloway, tutte le contromisure per rispondere a questa ulteriore pretesa egiziana.

Non si conoscono i nomi dei 17 “indesiderati”, ma è evidente ormai che dietro a questa ennesima richiesta c’è l’intervento di Israele.

Israele vuole interrompere questa crescente catena di iniziative (convogli e flottiglie) che sta mettendo in crisi l’assedio e il boicottaggio adottato contro la popolazione della Striscia di Gaza.

Il governo egiziano si presta a questo sporco gioco cercando di logorare la resistenza e la compattezza dei partecipanti al convoglio, le delegazioni di oltre 30 paesi, 380 attivisti con 145 veicoli pieni di aiuti umanitari.

Si tenga conto che il Convoglio, nelle trattative svolte a Damasco aveva già, con grande senso di responsabilità, accettato condizioni molto pesanti, in particolare la rinuncia del leader del convoglio, George Galloway a entrare a Gaza. Ma non solo questo. Era stata accettata la pretesa egiziano-israeliana di escludere il trasferimento in Gaza del carico di cemento, questa arma di distruzione di massa che avrebbe permesso di ricostruire quelle case e quelle infrastrutture distrutte dall’esercito israeliano nell’operazione “piombo fuso”. Era stata pazientemente accettata la condizione di riclassificare tutti gli aiuti e di caricarli su pallet per facilitare eventuali operazioni di controllo. Tutto questo non è bastato, e non sono bastati 15 giorni di sequestro e di blocco del convoglio a Lattakya, con disagi immaginabili per i 380 attivisti, ma anche con un peso notevole per le autorità siriane che ci ospitano, fornendo cibo e bevande a tutto il convoglio. Ora questa ulteriore e odiosa condizione. Non conosciamo i nomi della lista di proscrizione; la direzione del convoglio ha evitato per ora di renderla pubblica per non creare ulteriori tensioni e non fare il gioco egiziano. Ma è presumibile che si vuole decapitare la testa del convoglio e, di richiesta in richiesta, di rinvio in rinvio, bloccarlo definitivamente, questo e anche i possibili futuri convogli.

Gli egiziani con questa mossa hanno rotto e disatteso un accordo già siglato a Damasco e si sono resi responsabili di un inevitabile inasprimento del confronto. La risposta del convoglio, per quanto pacifica non potrà che essere molto dura. E’ vergognoso e intollerabile che si impedisca l’arrivo di aiuti umanitari a una popolazione come quella della striscia di Gaza così duramente provata da un assedio che dura dal 2006. Ma è anche intollerabile che l’Egitto impedisca l’esercizio di uno dei diritti fondamentali che le convenzioni internazionali garantiscono a tutti i cittadini, la libera circolazione delle persone attraverso tutte le frontiere di tutti i paesi del mondo. Ma la manovra egiziana appare sconsiderata. Perché una buona parte della sua economia si regge proprio sulla libera circolazione di tutti quei cittadini, moltissimi sono gli italiani, che ogni anno visitano l’Egitto e le sue più note e famose località archeologiche e turistiche. Turisti sì, attivisti no? Il governo egiziano che si sta esercitando in questa sfida pericolosa e insensata contro un convoglio di cittadini e di attivisti del mondo intero deve allora fare molta molta attenzione.

La delegazione italiana, in queste ore di tensione e di duro confronto, mentre ribadisce la sua volontà di resistere a questa azione discriminatoria, invita il movimento italiano di solidarietà con la resistenza palestinese a manifestare la sua protesta davanti all’ambasciata e alle legazioni egiziane, di intervenire sul ministero degli esteri italiano affinché si faccia carico di una ferma protesta nei confronti del governo egiziano, ma anche a prepararsi a mettere in campo, se la situazione non si sbloccherà rapidamente, un boicottaggio contro il flusso turistico dall’Italia all’Egitto.

A fine serata c’è ancora tempo per una nuova esibizione, molto applaudita, del team italiano che ha cantato Bella ciao, che è stata preceduta su iniziativa di uno degli attivisti giordani dalla lettura del testo in arabo e in inglese. Una ulteriore dimostrazione del forte spirito di umanità che caratterizza il convoglio.

 

Aggiornamento delle ore 15 di domenica 17 ottobre

 

A mezzogiorno visita al campo del rappresentante in seconda di Hamas, accolto con grande entusiasmo.

Poi press conference con la presenza di George Galloway, un intervento attesissimo dopo la nuova pretesa del governo egiziano di escludere dall’ingresso in Egitto e a Gaza di 17 attivisti.

Con la sua straordinaria capacità comunicativa Galloway passa in rassegna la lista dei proscritti, dimostrando come le motivazioni addotte dalle autorità egiziane sono in alcuni casi crudeli, in altri casi assurde e in altri casi ancora sia crudeli che assurde.

Crudele l’esclusione di due attivisti turchi, parenti delle vittime della Mavi Marmara, che intendono portare a Gaza, terra raccolta sulle tombe e destinata a piantare fiori e alberi di ulivo a Gaza; assurda l’esclusione di una giovane attivista britannica, Amena Saleem, indicata come moglie di Galloway (solo perché il suo nome è simile a quello della ex moglie del leader britannico); crudele e assurda insieme la esclusione dello sceicco Ismail Nashwan, un anziano di 83 anni, indicato erroneamente di avere nazionalità turca (e che nell’apprendere la notizia non trattiene le lacrime).

L’intelligence egiziana, sottolinea Galloway, non ci fa certo una buona figura, rimarcando in ogni caso che la responsabilità di questa irricevibile lista di proscrizione è del Presidente Hosni Mubarak che deve avere “cattivi consiglieri”.

Conclusione: domani il convoglio, con tutti gli attivisti, partirà per El Arish; le autorità egiziane avranno tutto il tempo a disposizione per riflettere, prendere atto della assurdità ed inconsistenza di questa ennesima richiesta dilatoria e prendere atto degli errori commessi.

Si annuncia un attracco a El Arish alquanto movimentato.

 

ISM-Italia

 

Lattakya, 17 ottobre 2010

 

 


15 OTTOBRE - domenica 17 si parte per El Arish

Press conference delle ore 11: Kevin Ovenden fa il punto della situazione. Dopo l’ok formale delle autorità egiziane si va definendo il quadro dell’operazione di trasferimento del convoglio dal porto siriano di Lattakya al porto egiziano di El Arish. Il traghetto che effettuerà il trasporto è già partito dalla Grecia. L’imbarco a Lattakya è previsto per domenica mattina. Essendo un traghetto veloce, il percorso dovrebbe essere compiuto in circa 18 ore. Durante il viaggio è prevista una sosta sul punto in cui la Mavi Marmara è stata attaccata nel maggio scorso dalle unità navali israeliane, per rendere omaggio alle 9 vittime. La nave sarà certamente affiancata e tenuta sotto controllo da unità della marina israeliana, ma le probabilità che possa ripetersi una azione violenta sono minime. A scoraggiare una tale azione sarà prima di tutto la presenza a bordo di molti rappresentanti e corrispondenti dei media di tutto il mondo.

In ogni caso gli attivisti adotteranno esclusivamente e tassativamente forme di difesa passiva, senza lasciare spazio a nessuna provocazione. Una volta arrivati al porto di El Arish il trasferimento al valico di Rafah e l’entrata a Gaza dovrebbe essere rapido e avvenire entro la sera di lunedì 18 ottobre.

Gli egiziani non hanno posto vincoli alla permanenza del convoglio a Gaza, ma tenuto conto del contesto e della situazione, è opportuno non gravare troppo sulla ospitalità dei palestinesi. La permanenza quindi non sarà prolungata oltre tre giorni e giovedì 21 gli attivisti dovrebbero dirigersi all’aeroporto del Cairo per fare ritorno ai loro paesi di origine.

A Gaza il primo compito sarà la consegna di tutti gli aiuti umanitari. E’ prevista una cerimonia in cui la terra raccolta sulle tombe delle vittime turche della Mavi Marmara sarà utilizzata per piantare alcuni ulivi, in ricordo di quelle vittime.

Altri dettagli verranno forniti nei prossimi meeting.

Questo pomeriggio, al capo profughi di Lattakya, è prevista una cerimonia. Nel compound che ci ha ospitato per 14 giorni verranno piantati 5 alberi di ulivo, uno per ognuno dei 5 continenti presenti nel convoglio VivaPalestina 5. Ricordiamolo ancora una volta: 380 attivisti di 30 diversi paesi (fra i quali 40 reduci della Mavi Marmara), 147 veicoli, aiuti umanitari per 5 milioni di dollari.

Domani, sabato 16 ottobre, si svolgerà una grande cerimonia di saluto ed è annunciato l’arrivo da Beirut di George Galloway.

 

Lattakya, venerdì 15 ottobre

14 OTTOBRE - verso El Arish

Dopo 13 giorni di quarantena a Lattakya (Siria), il convoglio VivaPalestina sta per riprendere il suo viaggio verso Gaza. Una lunga estenuante attesa, una logorante trattativa, molte notizie contraddittorie sulle intenzioni del governo egiziano; poi nella serata di mercoledì, attraverso messaggi rimbalzati dall’Italia, prima ancora che da conferme dirette, la certezza che finalmente è arrivata l’autorizzazione e può riprendere la marcia del convoglio verso la striscia di Gaza assediata.

Questo lungo braccio di ferro con le autorità egiziane la dice lunga su come l’assedio di Gaza sia totale e asfissiante. Le dichiarazioni e assicurazioni ripetutamente rilanciate, dopo il massacro della Mavi Marmara, secondo le quali il valico di Rafah era aperto al passaggio di aiuti umanitari si rivelano per quello che sono: una sistematica e grossolana menzogna. Del resto una delle condizioni imposte al convoglio, il divieto di ingresso ai tir carichi di cemento conferma la ferocia dell’embargo a cui la popolazione di Gaza è sottoposta: i bombardamenti, cumuli di macerie, case, interi quartieri, gli edifici pubblici distrutti e poi il divieto di ricostruire, di dare un tetto ai moltissimi che ne sono privi. Un boicottaggio selvaggio fatto da Israele e avallato da tutti i governi occidentali, Italia in testa, quegli stessi governi che non esitano ad alzare scandalizzati lamenti davanti alla richiesta della società civile palestinese di applicare nei confronti dello Stato di Israele, la campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS). Il doppio standard che dimostra la cecità e l’opportunismo del campo “imperiale”, quello delle guerre di civiltà, della lotta al Terrorismo, della “democrazia” esportata con la forza delle armi, una strategia geopolitica che ha contagiato anche il nostro paese, infrangendo alcuni punti fondamentali della nostra Costituzione.

Oggi, a mezzogiorno, Kevin Owen, il coordinatore del convoglio ha confermato ufficialmente l’autorizzazione all’ingresso e ha dettagliato meglio i problemi da affrontare nell’immediato. Il desiderio sarebbe quello di imbarcare tutta la carovana su un unico traghetto, ma il piccolo porto di El Arish verso cui siamo diretti non permette l’attracco a navi oltre un certo pescaggio. Per questo potrebbe essere necessario utilizzati due vettori o addirittura, ipotesi estrema, trasferire gran parte degli attivisti per via aerea. Problemi tecnici che richiederanno ancora qualche tempo per essere sciolti. Intanto bisogna ripulire il compound che ci ha ospitato per 13 giorni e restituirlo alla comunità palestinese del campo profughi in condizioni decenti.

Fa caldo, fa ancora molto caldo a Lattakya, ma l’afa sembra oggi molto più sopportabile. Sabato o forse domenica saremo a El Arish, 50 km dal valico di Rafah. Non mancheranno altri ostacoli e tentativi di allungare i tempi da parte egiziana.

Insieme alle delegazioni di 30 paesi, insieme agli altri 400 attivisti, e 35 di loro erano sulla Mavi Marmara, stiamo compiendo un pellegrinaggio laico. Per altre delegazioni è un pellegrinaggio religioso. Dalle tombe dei caduti in Turchia, al campo profughi di Lattakia, un luogo simbolo della sofferenza e della speranza, che non può morire, di rientrare nelle proprie case.

Poi la Striscia di Gaza ove si sta commettendo una delle barbarie più disumane dei nostri tempi.

Free Palestina! Boycott Israel!

ISM-Italia

Lattakya, giovedì 14 ottobre 2010

9 OTTOBRE - L'Egitto e la guerra dei pallets!

Il convoglio Viva Palestina, forte ormai di 380 attivisti di 35 paesi e di 144 veicoli è fermo dal 2 ottobre a Lattakya in attesa di poter riprendere il viaggio verso El Arish e dirigersi quindi verso la meta finale di Gaza.

Nella notte fra il 7 e l’8 ottobre un nubifragio si è abbattuto sulla città, creando non pochi problemi anche alle strutture del campo profughi in cui siamo accolti. Ma le difficoltà maggiori, le difficoltà vere, vengono dagli egiziani che hanno imposto regole molto rigide per lo stivaggio degli aiuti umanitari. Tutto deve essere poggiato su pallets di cui sono state fissate le dimensioni e il peso finale e tutto il materiale deve essere riclassificato secondo categorie egiziane. Questo costringe i volontari a scaricare tutto il materiale, a riclassificarlo e a ridisporlo secondo queste regole all’interno dei veicoli. Per fortuna disponiamo di un muletto per queste operazioni. Ma il timore è che, con queste limitazioni, molto materiale non potrà essere caricato e dovrà essere lasciato qui a Lattakya. La pioggia che ha battuto insistente la zona per tutta la giornata di venerdì non ha facilitato i lavori.

Quella dei pallets è una novità rispetto al Convoglio VivaPalestina di dicembre 2009 – gennaio 2010.

Dal paese della Sfinge e delle Piramidi c'è da aspettarsi di tutto!

Alle ore 17 di oggi ci sarà una press conference.

La speranza è di poter conoscere finalmente la data della partenza.

ISM-Italia

Lattakya, sabato 9 ottobre 2010


7 OTTOBRE -  inizia il tiro alla fune con l'Egitto

Il Convoglio che intanto si è arricchito di altri arrivi, in particolare quello di una forte delegazione algerina, è fermo, forzatamente fermo, a Lattakya in attesa di ripartire per El Arish.

Ieri una giornata molto importante. George Gelloway è arrivato al campo in mattinata accolto da una grande folla che ormai vede in lui non solo il leader di VivaPalestina, ma un protagonista di primo piano della lotta del popolo palestinese. Alle ore 11 si sono riuniti tutti i reduci della Mavi Marmara partecipanti al convoglio. Nel pomeriggio è previsto un meeting con le autorità locali in cui Galloway farà il punto della situazione sulla base di un incontro che si è svolto a Damasco mercoledì 6 ottobre fra una delegazione del convoglio e rappresentanti del governo egiziano per trattare sull’ingresso a Gaza.

E’ in corso una sottile e defatigante trattativa diplomatica con Egitto che, pur in una situazione di oggettivo isolamento rispetto a tutti gli Stati confinanti, non vuole cedere alla richiesta di libero transito del convoglio e quindi di rottura dello stato di assedio e che, comunque, intende porre le sue condizioni.

Da questa trattativa dipende o meno il successo dell’operazione VivaPalestina.

Galloway si dimostra un personaggio di altissima statura politica, l’unico capace di confrontarsi con i governi locali, animato da una grande idealità e passione per la causa palestinese, ma anche capace di gestire con intelligenza una situazione che deve necessariamente fare i conti con i condizionamenti dei governi locali.

Il suo intervento al meeting che si svolge alle 18 con una partecipazione grande di folla è preceduto da quelli di notabili locali e di rappresentanti delle delegazioni della carovana, in particolare di quelle arabe che si sono aggregate negli ultimi giorni.

La presenza di numerose delegazioni dei paesi arabi è un segno nuovo, un risveglio dopo anni di silenzio. E' un indice significativo dei cambiamenti politici e geopolitici in atto in Medio Oriente.

Tutto si svolge con una certa lentezza a causa della necessità della traduzione.

L’intervento di Galloway è di straordinaria efficacia nella sua essenzialità e meriterà di essere tradotto e diffuso.

Inizia con un lungo elogio alla Siria di cui sottolinea e ricorda il comportamento eroico durante l’aggressione israeliana del 67, quella che ha comportato per la Siria la perdita delle alture del Golan ancora oggi in mano israeliana.

Ribadisce con grande forza che non ci sarà pace senza giustizia, e fino a che un solo centimetro di territorio siriano non sarà liberato.

Consapevole di parlare a un uditorio di palestinesi del campo profughi, ribadisce con forza il diritto al ritorno.

Sottolinea il carattere eccezionale del Convoy 5 Vivapalestina, che rappresenta la prima risposta alla brutale e tragica aggressione israeliana alla Mavi Marmara, ed evidenzia come questa volta esso raccoglie delegazioni di tutta l’area dal Bahrein fino alla Turchia.

Sottolinea e denuncia l’arroganza dello Stato di Israele che non ha esitato a umiliare pesantemente anche il presidente Obama, senza fare alcuna concessione alla ripresa di trattative di pace.

Sottolinea le potenzialità straordinarie dei paesi arabi che se solo volessero, se trovassero un minimo di accordo comune, con le risorse economiche di cui dispongono, potrebbero piegare la politica di occupazione e di violenza dello Stato di Israele e il sostegno dato ad essa dai governi occidentali.

Conclude il suo intervento, interrotto da ripetuti applausi, informando sobriamente sulla trattativa con il governo egiziano.

Il punto di mediazione raggiunto è proprio sulla figura di Galloway che non potrà entrare a Gaza. Questo il prezzo da pagare. Ma Galloway non ne esce certamente sconfitto, anzi, da questo meschino accanimento la sua personalità e il suo ruolo ne esce ulteriormente esaltato.

Si chiude il meeting, la folla si disperde, le emozioni sono forti. Il lavoro da compiere è ancora molto, L’Egitto continuerà a creare intralci e a provocare ritardi, ma forse l’obiettivo di rompere l’assedio e di entrare a Gaza è ormai vicino. E come ci ha ricordato il coordinatore dell’International Campaign to Break the siege on Gaza, ora occorre soprattutto armarci di pazienza.

viva palestina 01

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5 OTTOBRE - DA LATTAKIA VERSO GAZA - Convoglio Viva Palestina (ben 21 i paesi rappresentati), con i suoi 43 veicoli (6 provenienti dall’Italia con 15 attivisti), è fermo dal 2 ottobre a Lattakia in Siria, in attesa di essere raggiunto dagli altri convogli provenienti da Casablanca e da Doha per poi affrontare, con un traghetto, l’ultimo tratto verso il porto egiziano di El Arish e arrivare infine a Gaza.

Lattakya, l’antica Laodicea che della colonizzazione romana contiene significative vestigia (l’arco di trionfo fatto erigere da Settimio Severo), è un porto importantissimo, lo sbocco al mare della Siria. E proprio nella zona del porto è stato sistemato il convoglio, nel campo profughi palestinese di Mukkhayyem.

Del convoglio poco o nulla riferiscono i media occidentali e italiani, anche se esso rappresenta un evento di singolare importanza per le regioni attraversate.

La Turchia ci ha riservato una accoglienza straordinaria a ogni tappa del percorso, da Istanbul a Kayseri ad Adana. Ovunque folla ad accoglierci agli arrivi. Una grande, calorosa partecipazione (con una straordinaria presenza di donne, giovani e meno giovani) che cogliamo anche lungo il percorso e nell’attraversamento delle città grandi e piccole: clacson suonati e mani alzate nel gesto V della vittoria.

Ovviamente non sono né i convogli, né le flottiglie, a fare la storia, soprattutto quando la storia è straordinariamente complessa come nel caso della Palestina. Ma i Convogli e le Flottiglie possono fungere da catalizzatori e da rivelatori di alcuni passaggi di fase. Così è nel nostro caso. E dall’osservatorio del Convoglio si possono cogliere molti fatti che sfuggono completamente ai politologi nostrani, assidui frequentatori dei salotti televisivi.

Il massacro della Mavi Marmara del 31 maggio scorso ha avuto un effetto dirompente nella comunità turca. Lo Stato di Israele non solo ha compiuto un crimine efferato, ma nel voler umiliare e colpire in modo chirurgicamente mirato la Turchia (tutte le 9 vittime sono di nazionalità turca) ha commesso un enorme errore politico e di strategia.

La Turchia ha avuto un sussulto, ha riscoperto una sua dignità, un suo orgoglio nazionale, compattandosi dietro il governo Erdogan. Tutto questo segna un mutamento decisivo nello scacchiere mediorientale. Il vuoto lasciato dalla devastazione e dalla disintegrazione dell’Irak, doveva essere riempito e lo sta riempendo non l’Iran, ma la Turchia di Erdogan con i suoi 75 milioni di abitanti e con una situazione economico-sociale in piena espansione.

Errore fatale dunque quello di Israele, da sempre abituata a muoversi con la violenza delle armi, ed errore di analisi e di prospettiva degli Stati Uniti e dei paesi dell’Unione europea da sempre servilmente allineati sulle posizioni di Israele.

La presenza del governo turco, nei confronti del convoglio, è stata assolutamente discreta, ma le visite alle tombe dei caduti a cominciare da quella di Furkan Dongan (la più giovane delle vittime, 19 anni, con doppia nazionalità, turca e statunitense), il modo con cui i media e le televisioni non solo turche hanno seguito e commentato questi passaggi, la dice lunga su cosa sta ribollendo dal punto di vista geopolitico in questo martoriato scacchiere mediorientale.

Lasciando la Turchia con i suoi segni di prorompente modernizzazione, siamo arrivati il 2 ottobre al border della Siria dove ci attendevamo qualche difficoltà burocratica e, in ogni caso, una accoglienza molto meno marcata e calorosa.

E’ accaduto esattamente il contrario. L’accoglienza è stata ancora più calorosa e ufficiale: al border erano state montate tribune coperte, moltissime le autorità, la folla era enorme, una folla che inalberava non solo bandiere siriane e palestinesi ma i cartelli con il volto del presidente Assad. E se, dopo gli interventi ufficiali, la folla è tornata ad essere la protagonista dell’evento, a nessuno poteva sfuggire questo posizionamento del governo siriano. Effetto domino dunque, che dalla Turchia si diffonde alla Siria ridestando un panarabismo che sembrava ormai assopito. Ci si può chiedere a questo punto come reagirà il governo egiziano, da anni fedele vassallo dello stato di Israele, e che anche nel recente passato, in occasione del Convoglio Viva Palestina 3 del gennaio 2010, ha tentato in ogni modo di contrastarne, anche con la violenza, l’ingresso a Gaza. Potrà anche in questo caso sfidare i sentimenti filo-palestinesi della grande maggioranza delle popolazioni mediorientali e del Magreb? Riuscirà Israele a imporre all’Egitto di compiere il lavoro sporco come nel passato? È lecito dubitarne. Ma come ha detto George Galloway l’ex parlamentare inglese promotore e leader di Viva Palestina, nel suo intervento a Istanbul, il Convoglio va in Egitto nel segno della pace e chiede, sempre in questo segno, di poter entrare nella Striscia di Gaza, per portare gli aiuti umanitari a quel milione e mezzo di palestinesi ridotti in una prigione a cielo aperto, ma sopratutto per rompere lo stato di assedio che dal 2006 sta soffocando quella striscia della Palestina, di fatto un genocidio a bassa intensità che continua giorno dopo giorno anche dopo l'operazione Piombo fuso con uno stillicidio di vittime palestinesi e con un embargo asfissiante e letale.

Questo è l’obiettivo per il quale il Convoglio si è mosso e che vuole onorare nel segno della non-violenza.

Il team di Viva Palestina-Italia, promosso da ISM-Italia, sta dando un suo significativo contributo, sia per i mezzi messi in campo e per il supporto logistico al convoglio nel suo complesso, sia per la sua capacità di analisi e di intervento politico teso a sottolineare il significato dell’evento all’interno di una strategia non-violenta volta a denunciare i crimini di Israele.

Ieri era arrivata la delegazione algerina con più di 30 veicoli, oggi la delegazione giordana, 53 veicoli appena usciti di fabbrica, un altro significativo tassello dell’operazione!

In attesa di entare a Gaza, inshallah.

ISM-Italia

viva palestina 03

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