Il cavallo di Berlusconi e Anno Zero

di Pancho Pardi - 15/04/2009
Va bene la retorica della commozione televisiva. Non va bene l’esercizio vigile del dubbio. Va bene inquadrare l’orsetto di peluche, non va bene la vignetta cattiva

Caligola fece senatore un suo cavallo. Berlusconi ha elevato Mauro Masi dalla segreteria generale di Palazzo Chigi -di per sé ruolo non equino- alla presidenza del Consiglio di amministrazione della Rai. La sua fama di grand commis dello stato si fonda sulla sua indubbia capacità di lavorare per i superiori più diversi. Nella sua ormai lunga esperienza non ha fatto troppe distinzioni tra destra e sinistra. Ha sempre curato di stare dalla parte di chi vinceva. E le volte che ha pensato di aver sbagliato si è emendato in fretta. Come quando, salito a rilievo pubblico al seguito di Mariotto Segni, si accorse rapidamente che era meglio passare dalla parte di Berlusconi.

Ora, temprato dalla maturazione necessaria per guidare la segreteria generale di Palazzo Chigi, ha deciso di dare segno di vita esprimendosi su Anno Zero e la sua trasmissione sul terremoto all’Aquila: è necessario riequilibrare l’informazione in Italia.

Non ci avevamo pensato: in un paese in cui, fatto inaudito, il proprietario dei principali mezzi di comunicazione privati sta al vertice del potere politico e da lì comanda anche i mezzi di comunicazione pubblici, in questo posto strano unico al mondo, dove tutte le cosiddette leggi della concorrenza capitalistica sono negate dalla prevalenza genetica del monopolio, proprio qui l’informazione deve essere riequilibrata.

Il cavallo di Caligola non avrebbe saputo fare meglio: se il monopolio non è perfetto deve essere perfettibile. Non bastano i lacrimevoli cammei di Bruno Vespa in diretta: tenuti, trillo del virtuoso, tutti sul registro degli effetti e mai delle cause, nella serie “fateci piangere ma per carità non spiegateci nulla”. Non basta l’impudica scritta “Presidenza del Consiglio” sul comando della Guardia di Finanza colpevole solo di essere rimasta in piedi unica tra tutti i fabbricati e quindi obbligata a ospitare il presepe del Consiglio dei Ministri consigliato da qualche programmista Mediaset.

Non basta. Lo spettacolo esige sempre qualcosa di nuovo. E allora si deve censurare un programma che ricorda come le scosse siano iniziate mesi fa e continuate in un crescendo preoccupante. E’ maleducato dire che gli edifici si sbriciolano perché costruiti con poco cemento e poco ferro. E’ sconveniente dire che una zona tra le più sismiche d’Italia non era classificata nella prima categoria di pericolo. Ed è contrario alla ragion di stato dire che è mancato il principio di precauzione più elementare.

Va bene la retorica della commozione televisiva. Non va bene l’esercizio vigile del dubbio. Va bene inquadrare l’orsetto di peluche, non va bene la vignetta cattiva. E’ vietata la cattiveria irriverente. Per chi orchestra il pastone dolciastro che ci viene ammannito molto meglio appropriarsi della generosità degli anonimi soccorritori, infilati a loro rischio nei cunicoli delle macerie per provare a salvare qualche vittima intrappolata. Molto meglio la bontà esibita di chi non vorrà mai parlare dei costruttori, dei progettisti, degli amministratori, dei collaudatori assassini che si sono arricchiti alle spalle dei cittadini illusi di poter offrire a figlie e figli un avvenire migliore del loro passato e hanno scoperto invece di averli fatti vivere e dormire in edifici pubblici destinati fin dall’inizio al crollo inevitabile.

Forse per chi ha il controllo dei mezzi di comunicazione approfittarsi della disgrazia per salire nei sondaggi è tentazione irresistibile, vantaggio lucrabile nell’immediato. E’ ora un vantaggio leggero. Ma pesa. E peserà.

 

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