I cittadini esercitano la sovranità che il primo articolo della nostra Costituzione riconosce loro essenzialmente mediante l'elezione dei propri rappresentanti nel Parlamento, sede del potere legislativo.
Le regole elettorali costituiscono dunque il centro focale del nostro sistema democratico.
In questi giorni crescono di pari passo il rischio di elezioni anticipate e l'oggettiva esigenza di non tornare al voto con le scandalose norme attuali, che hanno tradito la volontà degli elettori e prodotto un Parlamento screditato e non rappresentativo.
Cancellare il 'porcellum' dovrebbe dunque essere l'obiettivo comune di tutte le forze politiche non coinvolte nel delirio berlusconiano e nella grande truffa leghista, anche a costo di tornare intanto al discutibile 'mattarellum' .
Rimane comunque aperto il problema della individuazione di un nuovo metodo elettorale ampiamente accettato, sul quale continuano a esserci idee assai differenziate. Tanto da far pensare che i dissensi siano in realtà sull'intero assetto istituzionale del Paese.
Non a caso la legge attuale è formalmente difesa da quanti non si riconoscono nella Costituzione e non perdono occasione per dichiararla superata di fatto.
Per tentare di arrivare a una soluzione, dando per scontato che un sistema elettorale perfetto non esiste, che le soluzioni possibili possono essere più di una e che la valutazione non dovrebbe basarsi solo su chi trarrebbe vantaggio dalle varie ipotesi, credo che sarebbe necessario definire preventivamente parametri di giudizio condivisi.
La nostra Costituzione, nella quale abbiamo confermato a larga maggioranza di riconoscerci, prevede un Parlamento composto dai rappresentanti eletti dai cittadini a suffragio universale e senza vincolo di mandato, in base al principio che tutti i voti hanno 'peso' uguale (artt. 48 e 67). Nel Parlamento si verifica l'esistenza di una maggioranza in grado di governare e il programma su cui essa si fonda. I singoli parlamentari operano, in autonomia, nell'interesse della 'Nazione'. La Costituzione dice inoltre che i cittadini possono liberamente formare partiti per partecipare alla vita politica (art 49) e, tutti, possono candidarsi a cariche elettive (art.51).
Una legge elettorale coerente con lo spirito e la lettera della Costituzione dovrebbe dunque presentare almeno queste condizioni minime, che la legge attuale non garantisce o almeno non facilita: uguaglianza fra i votanti, possibilità per gli elettori di scegliere i propri rappresentanti, candidarsi e organizzarsi in nuove formazioni.
Dunque una legge accettabile non dovrebbe prevedere i cosidetti 'premi', che rendono diseguale il peso dei voti (occorrono meno voti per eleggere un deputato della maggioranza e più voti per uno dell'opposizione), né ostacoli che rendono difficile o impossibile la presentazione e la promozione di nuove formazioni politiche o privilegiano quelle già esistenti con la concentrazione in poche mani del potere di presentare liste e candidati; dovrebbe prevedere la possibilità per l'elettore di votare liberamente la persona da cui farsi rappresentare, e non solo un simbolo.
Le formule possono essere diverse, ma è' all'interno di questo quadro, e non stravolgendo la Costituzione e comprimendo gli spazi di libertà, che a mio avviso dovrebbero essere ricercate le soluzioni ai problemi dell'eccessiva frammentazione e della instabilità degli esecutivi che vengono spesso chiamati a giustificare ipotesi (incostituzionali) di presidenzialismo e di bi-partitismo forzato.
Anzi proprio dalla capacità di rimanere fedeli al modello di democrazia parlamentare disegnato dai Costituenti passa a mio avviso una discriminante difficilmente ignorabile fra chi, proponendo di cambiare le Istituzioni, esprime in realtà una idea sostanzialmente conservatrice e autoritaria dello Stato e chi, difendendo e promuovendo la realizzazione del dettato costituzionale, continua a impegnarsi per una società più libera, responsabile e in grado di affrontare le sfide contemporanee.