Il neo-sindaco denuncia un sabotaggio nei propri confronti per far fallire il piano anti-spazzatura previsto dalla sua prima delibera di giunta. Nel mirino dell'accusa quel sistema politico-affaristico che per anni ha lucrato sul ciclo dei rifiuti. I cinque giorni promessi per ripulire Napoli stanno scadendo e la città è sommersa da oltre 2mila tonnellate di spazzatura
Sabotaggio. Luigi
De Magistris
non usa mezzi termini per spiegare il perché Napoli sia sommersa dai
rifiuti a quattro giorni dal suo proclama: "Ripuliremo la città
in cinque giorni", aveva annunciato illustrando il new-deal
della città. Qualcuno ha remato contro: la "macchina della
munnezza", quella di chi in questi anni ha lucrato
sull'emergenza perpetua e teme l'annunciato "voltar pagina",
ora gioca il tutto per tutto. E gioca sporco.
A cominciare dai
dipendenti delle società che, in subappalto, gestiscono la raccolta
in un lembo di città. Ex disoccupati, di quelli organizzati a
fomentare la piazza e far crescere la protesta all'estremo. "Gente
abituata a guadagnare fino a tremila euro al mese per non fare nulla"
racconta chi li conosce bene: anche se cambiano le aziende, loro
restano sempre al proprio posto. A fare e disfare. Come è successo
l'altra notte, dove i soliti noti hanno impedito fisicamente la
raccolta. Con le buone e con le cattive: indaga la Digos.
I
nomi sono sempre gli stessi, i referenti politici pure: la filiera
delle responsabilità è un monocolore azzurro, come il partito del
Premier. Dal consigliere provinciale ex Forza Italia recentemente
arrestato e sponsor di una delle cooperative attenzionate, al
Presidente della Giunta Provinciale, Luigi
Cesaro, che
avrebbe dovuto da mesi individuare un buco dove stipare la munnezza
di Napoli e non l'ha fatto. Da Nicola
Cosentino fino
al presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi,
che l'aveva giurata ai napoletani all'indomani della debacle
elettorale.
Tutti sanno bene quanto il sistema sia fragile e
come basti uno stuzzicadente per bloccare l'ingranaggio, tutti
conoscono alla perfezione la parte assegnata in quel fetido copione.
Ecco: per capire perché a ventiquattrore dalla scadenza dell'impegno
preso dal Sindaco di Napoli la spazzatura in città cresce anziché
diminuire, bisogna mettere insieme tutte le tessere di un puzzle già
smontato e rimontato centinaia di volte. La città non è autonoma:
una volta raccolti i rifiuti per strada, spetta alla Regione (a guida
centrodestra, ndr) decidere dove sversarli e alla Provincia di Napoli
gestire il resto. Il risultato è che gli oltre 200 mezzi di ASIA, la
società del Comune che gestisce il servizio, sono colmi da giorni e
non sanno dove andare a svuotare le loro pance. E la munnezza cresce
per strada, dai bordi di periferia fino al centro. Il caldo fa il
resto: in alcuni punti della città l'aria è irrespirabile, il cielo
ammorbato da insetti di ogni specie che si moltiplicano insieme ai
sacchetti.
L'ultimo bollettino parla di oltre 2.600 tonnellate
sparse per le strade della città. Cifre drammatiche, destinate a
crescere fino a quando il Governo non varerà il decreto che sbocca
il trasferimento fuori regione dei rifiuti campani, unica soluzione
con le discariche ormai intasate. La Lega, manco a dirlo, si oppone:
dei rifiuti di Napoli accetta solo i lucrosi utili della gestione
dell'inceneritore di Acerra. Lega di cassa e di Governo, che prende i
soldi e scappa: dal caos, dalla puzza, dalle responsabilità di tre
anni di immobilismo totale sul fronte rifiuti del Governo che
sostiene anche in questa lenta e inesorabile agonia. Il risultato si
vede e si annusa per le strade di Napoli, che oggi sono nelle stesse
condizioni di tre anni fa. Pure peggiori, grazie soprattutto
all'inerzia di tutti gli uomini del Presidente, che sapientemente
avevano costruito a tavolino una nuova emergenza indotta da risolvere
con il più classico dei miracoli salvifici berlusconiani. Qualcosa
non è andato per il verso giusto, il sacchetto è esploso nelle mani
di chi l'aveva preparato.
Da mesi il Presidente della
Provincia di Napoli, Luigi Cesaro - l'uomo che porta mozzarelle ad
Arcore dopo aver portato pizzini per conto di donna Rosetta
Cutolo a metà
degli anni '80 - avrebbe dovuto individuare l'area per una nuova
discarica da un milione di tonnellate. Un polmone fetido, per
permettere davvero alla città di diventare autonoma dopo i vuoti
proclami della B2, Berlusconi e Bertolaso. Un impegno preso, nero su
bianco, a inizio anno a Palazzo Chigi ma mai mantenuto. Non solo: una
delle tre linee di produzione dell'inceneritore di Acerra, gestito
dai Lombardi di A2A, è fermo per manutenzione programmata. Proprio
ora, quando era chiaro a tutti che in assenza di spazi in discarica a
Napoli sarebbe scoppiato l'inferno. Una situazione buona per tutte le
stagioni: se a Napoli avesse vinto Lettieri, Berlusconi avrebbe
rivendicato un altro miracolo. Ora, lascia che la città sprofondi
nei mali da lui stesso congegnati.