La Palisse e le bugie

di Francesco Baicchi - 12/01/2013
In questo avvio di campagna elettorale da più parti viene lamentato lo scarso rilievo concesso ai programmi nella comunicazione dei vari rappresentanti politici.

Qualcuno, un po' qualunquisticamente ma purtroppo sulla base della esperienza passata, lo motiva pensando che nessuna forza politica, in caso di vittoria, avrebbe intenzione di tenere fede agli impegni presi con gli elettori.

In realtà i messaggi inviati dai nostri 'politici', a leggerli con attenzione, sono estremamente chiari e delineano scenari decisamente alternativi. Almeno su alcuni temi fondamentali.

E' comunque vero che ormai tutti proclamano di voler rivedere/abolire l'IMU e di voler promuovere la ripresa produttiva; perfino sul riconoscimento delle coppie di fatto appaiono convergenze impensabili se non in tempo elettorale. I principali partiti promettono cioè ciò che non hanno voluto fare neppure nell'ultimo anno di gestione post-berlusconiana, e questo impone una riflessione su quanto poco essi considerino l'intelligenza e la memoria di noi elettori.

Il linguaggio rimane però quello, generico, della propaganda a colpi di slogan mirati su temi che solleticano l'opinione pubblica e su cui si imbastiscono mirabolanti quanto scontate promesse.

Sarebbe invece necessario ottenere risposte chiare e non equivoche sui principi di fondo cui si ispirano i vari leader.

Uno dei temi su cui è indispensabile fare chiarezza è la difesa o meno dell'impianto istituzionale della nostra Repubblica, come delineato nella Carta Costituzionale.

Berlusconi sta ripetendo ossessivamente la sua volontà di cancellare gli strumenti di partecipazione e di garanzia, addirittura di esautorare lo stesso Parlamento (già ridotto a organo di semplice conferma della volontà governativa dalla attuale legge elettorale) e sopprimere la tripartizione dei poteri su cui si basano tutte le democrazie occidentali.

Il suo obiettivo è un sistema in cui il 'Capo' eletto a suffragio universale detenga tutti i poteri e possa emettere leggi senza alcun controllo, immediatamente esecutive. Perché il dibattito parlamentare, i referendum, la Magistratura e la stessa Corte Costituzionale fanno solo perdere tempo e impediscono di 'governare'.

Anche un solo cedimento a questo delirante programma, perfino l'avvio di una trattativa con chi ha fatto votare alla sua maggioranza prezzolata una intera collezione di leggi 'ad personam' per sfuggire ai tribunali e centinaia di decreti di dubbia urgenza, aprirebbero la strada a una involuzione inaccettabile.

Su questo piano la mancata riforma del sistema elettorale per tornare al dettato costituzionale (niente 'premi di maggioranza', possibilità per l'elettore di sapere la persona che sta eleggendo e non solo di votare un simbolo) non tranquillizza in merito alle posizioni dei partiti presenti nel Parlamento uscente.

Analogamente proprio il ventennio berlusconiano rende improponibile una riforma della Giustizia che ne limiti l'autonomia e l'indipendenza, mentre impone come prioritaria e urgente una legge che risolva definitivamente il 'conflitto di interessi' impedendo la concentrazione del controllo sui media e la candidatura a cariche pubbliche di titolari di reti televisive; come peraltro avviene in molti Paesi democratici.

Anche sui temi economici dovremmo pretendere chiarezza e coerenza: chi è d'accordo sul ritorno alla progressività della imposizione fiscale (primo strumento di quella solidarietà sociale che costituisce una delle fondamenta della nostra Costituzione), non può sostenere un ulteriore aggravio di strumenti fiscalmente regressivi come l'IVA, la stessa IMU nella sua forma attuale, le nuove gabelle su certi servizi pubblici e mantenere le esenzioni per la grandi società immobiliari, la chiesa, la speculazione finanziaria.

E chi veramente intende risanare i conti dello Stato non può sostenere progetti faraonici di infrastrutture inutili (TAV, Ponte sullo Stretto, Stazione sotterranea di Firenze, ecc...) o l'acquisto degli ormai famosi aerei militari tagliando le spese per il funzionamento di essenziali servizi pubblici, indispensabili per le categorie più deboli.

Insomma, ancora una volta, la linea di confine passa per la volontà o meno di difendere e realizzare quella società pacifica, equa e solidale programmata dalla nostra Costituzione, i cui articoli, specie quelli sui diritti e sui doveri, potrebbero costituire la migliore 'scaletta' di un programma elettorale.

Sarebbe bello che su questo, senza equivoci, i 'politici' si esprimessero con il biblico 'Si si, no no'.

Tutto il resto, fra ovvietà degne di monsieur de La Palisse e mirabolanti bugie, è solo spettacolo e, sempre citando la Bibbia, 'Viene dal maligno'.

29 aprile 2013

Costruiamo l'alternativa al governo Berlusconi

Giorgio Cremaschi-www.micromega.net
13 marzo 2014

Quello che non c'è

Francesco Baicchi
30 aprile 2013

La coerenza

Francesco Baicchi