La rete può unire gli eletti e i cittadini

di Thomas Mackinson-Ilfattoquotidiano - 05/03/2013
L’ARTICOLO 67 DELLA COSTITUZIONE NON VA TOCCATO . È L’ESPRESSIONE DEL PENSIERO LIBERALE

La grave crisi del rapporto tra elettori ed eletti di certo non si risolve mettendo in discussione il principio della libertà di mandato garantito dall'articolo 67 della Costituzione, espressione del pensiero liberale, che tutela il parlamentare nella sua libertà di coscienza rispetto al partito”. Lorenza Carlassare, tra i massimi esperti di diritto costituzionale in Italia, boccia l’attacco di Grillo all’articolo 67. Aggiunge: “Se i parlamentari non rispettano le direttive dei gruppi parlamentari cui appartengono può esser fatta valere la disciplina di gruppo che può consistere nell’espulsione. Ma il rapporto fra eletto e partito va distinto dal rapporto fra eletto ed elettori.

L’articolo 67 non va toccato, anche perché vieta, fra l’altro, l’assunzione di impegni dell’eletto e l’ingresso di interessi economici, estranei alla politica, nelle aule parlamentari”.

Carlassare invece accoglie con favore le proposte per una democrazia più aperta e diretta possibile, iper-rappresentativa. Con nuovi strumenti di partecipazione, influenza e controllo sull’eletto, anche attraverso il web. E ancora: selezione dei candidati online, referendum propositivo e obbligo di discutere le leggi di iniziativa popolare promosse anche via Internet.

La nuova democrazia viaggia in rete?

Non tutta, ma la rete può aiutarla. Se guardo a questa specifica esperienza, i progetti sembrano condivisibili, i metodi non lo so. Ma certo sono anni che i costituzionalisti lanciano l’allarme sul rischio democratico di una politica che ha marginalizzato la partecipazione e impedito ogni forma di controllo sull’eletto. Il legame fra i cittadini e i loro rappresentanti è spezzato. La rete può contribuire a tenerli insieme.

Sarà possibile il voto digitale?

Su questo si fa molta confusione. Bisogna distinguere tra democrazia diretta e strumenti di partecipazione attiva. La democrazia partecipativa sembra funzionare a livello locale ma a livello nazionale mi pare alquanto utopica, perfino rischiosa.

Mail, petizioni, sondaggi dunque non servono?

Non dico questo. Penso non sia immaginabile un sistema di voto tramite mail e petizioni. E tuttavia l’ascolto della rete può orientare correttamente le scelte politiche del gruppo parlamentare.

L’attivismo degli elettori-utenti che valore può avere?

Può essere molto rilevante, soprattutto se i meccanismi tradizionali della rappresentanza politica sono svuotati e fuori controllo. Gli stessi procedimenti di produzione giuridica oggi sono sottratti alla volontà popolare e quindi alla democrazia. Ben vengano allora tentativi di reintegrarli con forme di partecipazione popolare capaci di sbloccare una democrazia inceppata.

La prova del fallimento delle attuali regole di rappresentanza?

Le leggi di iniziativa polare che non hanno alcun seguito. La legislatura si chiude con 27 proposte, una sola discussa, le altre arenate nelle commissioni o neppure assegnate. I cittadini hanno raccolto 50mila firme per ciascuna, nessuno le ha considerate. Eppure toccano nodi importanti per il bene comune, dall'acqua pubblica alla riduzione dei costi della politica. Una campagna d’opinione che si esprime in rete può aiutare a non farli cadere nel dimenticatoio.

La proposta dal basso è spesso associata a un referendum propositivo che oggi non c'è...

É un problema centrale. Il referendum abrogativo ha forti limiti, funziona solo tra due opzioni estremamente chiare, divorzio o aborto, sì e no. Gli ultimi hanno avuto esiti infelici proprio perché la formulazione era pasticciata o manipolata. Quello propositivo può essere interessante e non c'è bisogno di andare chissà dove o inventare alcunché, né tecnologia né architetture giuridiche. Nel 2005 la Provincia autonoma di Bolzano ha introdotto la proposta referendaria vincoltante: se non viene tradotta in legge dal Consiglio entro 180 giorni, si va al referendum e, se il risultato è favorevole all'emanazione della legge il Presidente della Provincia la promulga. E' un meccanismo davvero efficace e succede in Italia, non negli Usa.

Le selezioni online dei candidati sono pericolose e sminuenti?

A dire il vero io vedo più che altro il rischio contrario. Di molti candidati che vanno in Parlamento non sappiamo nulla e lo scopriamo solo quando finiscono sui giornali o peggio in carcere. Basterebbe il rispetto dell'articolo 54 della Costituzione che impone a chi esercita pubbliche unzioni disciplina e onore. Ma a quanto pare, lo abbiamo perduto.

Almeno online si possono sconfessare gli "impresentabili"?

Questa categoria è il prodotto di una legge elettorale pessima, fatta anche per consentire a chi ha dato le peggiori prove di tornare in Parlamento. Negli Usa, a livello di singoli stati, è prevista la revoca di un governato re o di un deputato. Da noi nulla. Una volta eletto, il parlamentare italiano risponde solo a chi lo ha nominato. La rete può segnalare, ricordare, perfino sanzionare pubblicamente sul piano dell'opinione ma non basta.

Servono anche buone leggi e organi di garanzia appropriati. E' scandaloso, ad esempio, che il controllo sull'ineleggibilità sia affidato alle Camere e dunque agli stessi partiti anziché a un organo terzo e indipendente, come la Corte Costituzionale.

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