L'amico del beduino sanguinario...

di Daniela Gaudenzi - Liberacittadinanza - 22/02/2011
Le pacche sulle spalle, gli affari internazionali dove non è chiaro il confine tra pubblico e privato, le barzellette ed il bunga bunga importato proprio dall’amico beduino sono il nostro patrimonio in politica estera

Il vice capo missione libico all’ONU denuncia il genocidio di Gheddafi nei confronti del suo popolo, la delegazione libica ha chiesto la convocazione del Consiglio di Sicurezza e la Clinton (solo) in serata parla di “ bagno di sangue”, mentre il figlio del raìs sta bombardando la folla inerme per le strade di Tripoli e della Cirenaica.

Se “la prudenza” e l’opportunismo stanno caratterizzando tutte le reazioni occidentali di fronte all’esplosione del regime più pericoloso del nord Africa che è pure detentore di un patrimonio petrolifero ingentissimo, il comportamento dell’Italia, il paese storicamente ed economicamente più direttamente coinvolto con la Libia, ha oltrepassato qualsiasi limite.

In una giornata in cui gli aerei si sono levati non per dissuadere o intimorire i manifestanti ma per raderli al suolo e nemmeno in tarda notte Gheddafi dopo una serie di annunci contraddittori di un discorso e poi di una intervista per fugare “le voci malevole” contro il regime ha osato mostrarsi, la diplomazia ed il governo italiano ai massimi livelli si sono prima uniformati alla dichiarazioni del figlio di Gheddafi e solo in extremis si sono penosamente accodati alla preoccupazione e alla condanna internazionale.

Fino a qualche giorno fa la posizione ufficiale dell’amico Silvio che solo in agosto aveva organizzato in onore dell’ospite libico il caravanserraglio delle veline coraniche e si era prostrato a baciargli la mano era, testualmente, quella di non chiamarlo per non disturbarlo “in un momento delicato”, quando cioè era già scoppiata la rivoluzione.

Nel giorno del massacro di centinaia di civili mentre la Tv di stato manda in onda balletti locali, l’ineffabile Frattini commenta molto positivamente il discorso del figlio che insieme al monito “non ci faremo schiacciare e resisteremo fino all’ultimo” lancia ai dimostranti la disponibilità per una non meglio precisata costituzione.

Dopodiché non pago del primo commento il molto perspicace ministro degli esteri, evidentemente molto più portato a fare il fattorino degli incartamenti che gli piovono provvidenzialmente da Santa Lucia per incastrare il traditore Fini, aggrava la posizione del nostro paese con la seguente risposta rivolta ad una comunità europea indignata per la violenza: “L’Europa non dia lezioni sui modelli da esportare”.

Solo quando la difesa incondizionata dell’amico Gheddafi non è più sostenibile perché la situazione diventa sempre più tragica e il bagno di sangue non si può nascondere, in tarda serata il nostro presidente del Consiglio tenta di accodarsi e riesce a dire che “la violenza contro i civili è inaccettabile”.

Ormai non è solo evidente che la funzione ricoperta tradizionalmente dall’Italia, ancora con il governo Prodi, di paese di riferimento in Europa nei rapporti con l’area del Mediterraneo appartiene ad un’altra era, ma che il livello di consonanza e di contiguità del nostro capo del governo con i peggiori figuri sulla scena politica mondiale contribuisce ulteriormente, come se non bastasse la situazione interna, a metterci ai confini dell’Europa e dell’Occidente.

Le pacche sulle spalle, gli affari internazionali dove non è chiaro il confine tra pubblico e privato, le barzellette ed il bunga bunga importato proprio dall’amico beduino sono il nostro patrimonio in politica estera e si vede anche nelle situazioni più gravi quando si misura il peso e l’autorevolezza di un paese.

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