Guidata da Giampaolo Azzoni, Toni Muzi Falconi e Lara Pontarelli, l’indagine, condotta con il metodo Delphi, ha prodotto un rapporto conclusivo – che qui presentiamo – in cui si mettono in luce i punti fondamentali attorno ai quali lavorare per “rendere più efficiente ed efficace il sistema della giustizia in Italia”. Palamara sottolinea l’interesse del metodo adottato – questionari sottoposti a un panel composto da diciotto autorevoli personaggi del mondo della cultura, dell’economia, delle istituzioni, delle professioni, dell’accademia, dell’attivismo sociale e dei media. “A noi interessa aprirci e capire cosa il mondo esterno dice e pensa di noi”, spiega Palamara. “In questi anni la questione giustizia è stato un tema sulla bocca di tutti e tutti si sono sentiti autorizzati a dire la loro. Quel che ci premeva era smontare un pregiudizio, anzi una serie di pregiudizi: il giudice che non paga i suoi errori, il giudice che non lavora ecc. E quel che ci ha sorpreso nel leggere i risultati della ricerca è che le argomentazioni e i suggerimenti si sono rivelati di estremo interesse e precisione, dalla riforma delle circoscrizioni all’informatizzazione”.
Sulla necessità di una riforma complessiva e veloce piuttosto che di una graduale rimodulazione dell’apparato giudiziario, Palamara opta per questa seconda possibilità: “In questa fase in cui si trova il Paese ritengo più congruo un processo step-by-step, il che non significa rinunciare a una spinta successiva in cui si discuta a tutto tondo il sistema della giustizia”. E aggiunge: “Pur nel rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza dei poteri, continuo a pensare che la magistratura debba essere pronta a discutere tutti i temi che riguardano la nostra società”.