Piccole cose di governo

di Daniela Gaudenzi - Liberacittadinanza - 28/06/2010

Si può ben comprendere dall’angolo visuale di Berlusconi, tra una pagliacciata e l’altra a Toronto sotto lo sguardo divertito e compassionevole degli altri “grandi”, che la miserevole questione Brancher sia una ben “piccola cosa italiana”.

Sicuramente se comparata alla sentenza di appello che a giorni attende l’amico fraterno Dell’Utri a cui non ha potuto regalare nessun legittimo impedimento con pseudo- ministero allegato e a cui probabilmente il presidente del Consiglio sta guardando con più “attenzione”, data l’entità della posta in gioco per lui oltre che per l’imputato, ampiamente confermata dalla campagna demolitoria contro Gaspare Spatuzza.

Quanto la vicenda sia miserevole e ridicola prima ancora che rivoltante lo hanno confermato le reazioni dell’interessato riguardo “all’odio contro di lui a causa della rabbia per i mondiali” e le gag involontarie sulle deleghe fantasma attestate fino a l’altro ieri nientepopodimenoche dal segretario generale della presidenza del Consiglio Manlio Strano il quale certifica come “il ministro abbia numerosi impegni istituzionali, non rinviabili, essenziali per le funzioni di governo e per l’avvio della sua attività di ministro”.

Poi dopo la nota del Quirinale che escludeva per il ministero burla di Brancher a non meglio esplicitate sussidiarietà federaliste, il ricorso al legittimo impedimento, vicenda definita in privato da Napolitano “gioco delle tre carte”, e il pressing del partito da Roma a Toronto, ecco con “grande senso di responsabilità” la rinuncia allo scudo e l’annuncio di presentarsi davanti ai giudici il prossimo 5 luglio.

Naturalmente ora che Brancher è stato costretto al suo destino giudiziario, su cui naturalmente aleggia misericordiosa la prescrizione dopo l’immancabile serie di eccezioni sulla competenza territoriale tra Lodi e Milano che hanno allungato i tempi quanto basta, è una gara nella maggioranza a prenderne le distanze e a fare scaricabarile, gara in cui si distingue il co- protagonista processuale del “poco furbo” Brancher, come l’ha definito Bossi, il ministro alla semplificazione Calderoli il quale ha assicurato sbrigativo che “il caso Brancher, riguarda Brancher, non ci riguarda”.

Eppure come ha spiegato con la consueta chiarezza e puntualità Luigi Ferrarella sul Corriere di domenica 27 giugno, il processo Antonveneta nel filone collaterale, quello degli “aiuti” con cui Fiorani nel biennio 2004-2005 attivò la lobby partitica trasversale a favore di Fazio governatore a vita a cui si convertì “inspiegabilmente” quanto repentinamente anche la Lega, vede al centro il duo inossidabile Brancher – Calderoli. Quest’ultimo è stato infatti coindagato di Brancher per la medesima vicenda per la quale è imputato di peculato e ricettazione il neo-ministro e la sua archiviazione di pochi mesi fa “dipende molto (anche ai fini di una possibile riapertura dell’indagine) dai silenzi e dalle parole che Brancher assumerà nel dibattimento sulle affermazioni del n° 1 dell’ex banca popolare di Lodi, Gianpiero Fiorani, che il Gip Varanelli ritiene credibili in sé ma prive di un riscontro esterno”. (L. Ferrarella, Corriere 27 giugno.)

Dunque a questo punto lo scenario, molto interessante, fin dalla prossima udienza sarebbe quello in cui Brancher imputato, ahi lui, non più impedito e con Calederoli possibile teste, vada dinanzi ai giudici a smentire (o confermare!) la ricostruzione, valutata come attendibile di Fiorani secondo cui nel 2004 l’appoggio incondizionato della Lega alle posizioni di Fazio portato avanti concretamente dai due sarebbe il frutto di un baratto con il salvataggio dalla bancarotta della allora banca leghista Credieuronord.

Insomma secondo Fiorani per l’aiuto in Parlamento a Fazio, ormai indifendibile a causa del suo ruolo nelle scalate, oltre al salvataggio della banca leghista con rischi penali annessi per gli amministratori da parte della popolare di Lodi, ci sono una serie di “erogazioni” con varie modalità e in varie tranches a Brancher, brevi manu o sul conto della moglie come i 420.000 euro tramite plusvalenze; ma ci sarebbero anche i 200.000 euro al tandem Brancher-Calderoli nel giorno di un comizio a Lodi: “ho consegnato la busta a Brancher, mi disse che la doveva dividere con Calderoli… non ho assistito alla divisione della somma tra di loro- ammette Fiorani- , ma ho potuto notare che Calderoli era visibilmente entusiasta”. (L. F. Corriere del 27 giugno).

Adesso il “poco furbo” Brancher che la Lega tratta come un appestato, ha di nuovo obtorto collo la palla in mano davanti ai magistrati di Milano e staremo a vedere se ripeterà il copione del ’94, escludendo il compagno di “aiuti” Calderoli da ogni responsabilità come aveva fatto allora con Berlusconi e Confalonieri oppure se farà balenare il simul stabunt simul cadent di previtiana memoria. Nel secondo improbabile caso, dovremmo assistere ad un altro giro di impedimenti, pagliacciate e nuove declinazioni del gioco delle tre carte da parte del titolare di quel ministero così portante e fondamentale, quello alla semplificazione, che sembra scaldare ancora incredibilmente gli animi del popolo padano.

Comunque, come ha detto Berlusconi, che ha una visione giudiziaria e processuale più di insieme e più “governativa”, si tratta pur sempre di “piccole cose” paragonate a quelle che si agitano tra le procure e i tribunali di Palermo, Caltanisetta e Firenze.

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