QUALI RIFORME?

di Franceco Baicchi - 31/03/2010
Alcune trionfalistiche dichiarazioni mi sembrano fuori luogo: per un leader che si ritiene 'amato' da tutti gli italiani guidare un partito che distanzia di soli 150.000 voti il suo diretto concorrente non mi sembra esattamente un trionfo.

Dopo ogni appuntamento elettorale è rituale il tentativo di interpretare il significato del voto al di là dei semplici valori numerici; operazione solo parzialmente legittima, perché è lecito ritenere che per la stessa scelta possano esserci motivazioni diverse per ogni elettore, ma comunque doverosa.


Intanto alcune trionfalistiche dichiarazioni mi sembrano fuori luogo: per un leader che si ritiene 'amato' da tutti gli italiani (esclusi comunisti e Magistrati) guidare un partito che distanzia di soli 150.000 voti il suo diretto concorrente non mi sembra esattamente un trionfo.

Anche per quanto riguarda l'approvazione dell'azione di governo, gli insuccessi clamorosi di due suoi esponenti non certo secondari, Brunetta e Castelli, non possono che generare dubbi.

E' però probabile che il diluvio di apparizioni televisive delle ultime ore abbia 'pagato' in termini promozionali, riducendo l'effetto negativo degli scandali delle ultime settimane.


Ma più importante appare la esplicita bocciatura dell'idea bipartitica che ha affascinato larga parte anche della opposizione. Con i maggiori partiti che superano appena il 25% dei consensi e in sostanziale equilibrio appare ancora più assurda, antidemocratica e incostituzionale la attuale legge elettorale nazionale e il suo premio di maggioranza; per non parlare di quella regionale toscana, che ne è una copia peggiorata.


Se a questi elementi sommiamo l'ulteriore allargamento dell'area dell'astensione l'insieme sembra dimostrare una sostanziale insofferenza degli italiani nei confronti del quadro politico attuale.


Eppure non si conoscevano ancora i risultati definitivi del voto che già iniziava l'appello generalizzato per le 'riforme', cui si è sorprendentemente associato il Presidente Napolitano.

Anche se tutti sappiamo che per Berlusconi 'riforme' è sinonimo di attacco alla Costituzione proprio in senso presidenzialista e bipartitico.


A me sembra invece che queste elezioni ci indichino come 'riforme' prioritarie e indispensabili una legge elettorale totalmente nuova e rispettosa della Costituzione, una esplicita limitazione della quota dei mezzi di informazione che possono essere controllati dallo stesso soggetto o, meglio ancora, l'incompatibilità fra incarichi politici e proprietà di mezzi di informazione, l'ineleggibilità di pregiudicati, la modifica dell'art. 138 per impedire che maggioranze politiche temporanee possano stravolgere la Costituzione.


Avviare trattative per riforme istituzionali di segno diverso significherebbe ignorare ciò che i risultati elettorali ci segnalano, e questo giustificherebbe la disaffezione per il voto e la conseguente crescita dell'astensionismo.

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