Tabucchi: un grande scrittore e un grande uomo

di Francesco Baicchi - 26/03/2012
Nella vita di tutti ci sono incontri che non si ripetono, persone che incrociano il nostro cammino un'unica volta, ma lasciano una traccia che il tempo non riesce a cancellare.

Per me questo è sicuramente il caso di Antonio Tabucchi, che (forse alcuni lo ricordano) tenne a Pistoia una conferenza sul Portogallo e la sua cultura in occasione di una edizione di Arts&Crafts intorno alla metà degli anni novanta.

Quell'anno la piccola fiera pistoiese ospitava una delegazione di artigiani provenienti da varie regioni di quell'affascinante Paese, accompagnata addirittura da un piccolo complesso di musicisti, e in programma c'era appunto la conversazione con l'autore di 'Sostiene Pereira'.

Il pubblico non fu certo quello delle grandi occasioni, ma la passione con cui Tabucchi riuscì, più che a raccontarci la storia, a descriverci il carattere di un Paese che allora ancora non conoscevo fu coinvolgente.

Ci parlò della storica rivalità con la più grande e potente Spagna, da sempre tentata di annettersi, con le buone o le cattive, quella striscia di terra che le nasconde in parte l'Atlantico; del senso di isolamento dal resto dell'Europa che ne è conseguente e che ha sempre spinto i portoghesi verso l'unico confine libero: il mare. Un mare più difficile e pericoloso del tranquillo Mediterraneo, che inevitabilmente provocava lunghe separazioni e, troppo spesso, i lutti e la tristezza che il fado interpreta così bene.

Ma soprattutto ci parlò della povertà dei contadini e dei pescatori, delle lotte popolari contro il latifondo, delle colpe della dittatura salazarista che aveva impoverito drammaticamente il Paese per mantenere un impero coloniale a beneficio del grande capitale, e poi della rivoluzione 'dei garofani' che cacciò Caetano a soli quattro anni dalla successione a Salazar.

Nelle sue parole si coglieva l'ammirazione per quel popolo, povero e piccolo, che aveva saputo salvaguardare indipendenza e dignità pagandone un alto prezzo, per i suoi navigatori e i suoi poeti; e capimmo tutti quanto grande era il suo legame con quella patria di adozione.

Quel pomeriggio la magia del narratore, e soprattutto la passione civile e politica di Antonio Tabucchi ci trasferì, noi troppo pochi presenti, nel tempo e nello spazio, sulle sponde dell'Oceano, avvicinandoci un mondo che, per me, divenne indispensabile visitare nei mesi successivi e che sentii subito familiare.

In questi momenti, che vedono spesso trionfare la controcultura della banalità e dell'egoismo, sentiremo ancora di più la sua mancanza.

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