Università, ultimo atto

di Barbara Fois - Liberacittadinanza - 26/11/2010
Si discute in aula il ddl della Gelmini sulla riforma dell’Università. Se dovesse passare e fosse attuato segnerebbe la fine, dopo più di mille anni, dell’Università italiana. Gli studenti universitari in rivolta presidiano le loro facoltà.

L’Università di Bologna è la più antica università del mondo occidentale, visto che è stata fondata nel 1088, ancora prima di quella di Parigi. Le Università erano luoghi di formazione, di crescita e di dibattito culturale. Infatti la lezione era divisa in due parti: nella prima parte il docente spiegava e dettava appunti e nella seconda parte gli studenti discutevano col docente gli argomenti spiegati. Erano dunque non solo partecipi spettatori, ma primi attori nel processo di acculturazione.

Le facoltà erano all’inizio solo 3: Giurisprudenza, Medicina e Filosofia. L’Italia è culla di una scuola giuridica fondamentale, cresciuta a ridosso non solo dei ponderosi codici romani e bizantini, ma anche della contesa secolare fra papato e impero, per stabilire di volta in volta anche giuridicamente il primato di uno sull’altro, con mille sottigliezze di ragionamento e di citazioni.

Ma anche gli studi di Medicina affondavano le loro radici nel tempo e in modo particolare nella Scuola Medica Salernitana, attiva già dal X secolo, e in cui insegnavano anche le donne: Trotula de Ruggiero è infatti l’autrice di un manuale di ostetricia e ginecologia seguito per secoli e di altri testi di medicina interna e di anatomia.

 

università studenti incazzati

Quanto alla filosofia: nei secoli il dibattito è stato vivissimo e ha dato grandi nomi alla storia del pensiero europeo, anche se parzialmente soffocato e condizionato, soprattutto nel versante teologico, dalla presenza invadente della chiesa. Questo per dire che gli studi e la cultura sono stati al centro della vita intellettuale del nostro paese per secoli e secoli, proprio attraverso le Università.

Molto di spiacevole, purtroppo, si può dire di noi italiani, ma non che non avessimo un passato storico e artistico, un patrimonio archeologico e culturale di prima grandezza, che ci facevano rispettare nel mondo. E guardate ora che ne hanno fatto!

E’ sotto gli occhi di tutti lo sfascio sistematico che questo governo ha cialtronescamente perseguito nei confronti di ogni e qualsiasi forma di sapere, con l’ostinazione cieca e cattiva che gli ignoranti hanno nei nei confronti della cultura. I tagli all’istruzione pubblica per favorire quella privata, lo scempio delle scuole di ogni ordine e grado e lo snaturamento e l’impoverimento dell’Università, sono l’ultimo atto di questo accanimento, di questo cupio dissolvi, e vanno di pari passo con i crolli dei monumenti più importanti e lo sfascio di Pompei, per mancanza di una continua manutenzione ordinaria, necessaria per tenerli in piedi. Tutto questo sfacelo è sotto i nostri occhi a dire della pochezza di questa gente, arrivata nei posti del potere secondo vie che raramente e solo casualmente passano attraverso la professionalità e la competenza.

Abbiamo visto gente di tutti i tipi messa a rappresentarci: dalle ragazze calendario, ai collusi di mafia, ai maestri di sci, ai faccendieri corrotti, a ignoranti patentati fatti passare per esperti non si sa di che, se non del fatto di essere amici degli amici. Abbiamo visto una protezione civile che organizzava grandi eventi, in uno sciupio di soldi mai visto, mentre tutta l’Italia crolla e viene sommersa dal fango e dall’acqua dopo una qualsiasi pioggia, perché niente è stato fatto per proteggere l’ambiente. Proteggerlo?? Ma basterebbero le tonnellate di immondezza sotto cui è sparita Napoli, per dimostrare una volta ancora, palesemente, le bugie, le ruberie, le connivenze e le corruzioni sotto cui stiamo soffocando.

 

Università Vauro tagli
Una regola elementare - che chi fa storia in modo professionale non può ignorare - e che vale per i popoli che ne vincono altri o per le classi sociali che si impongono attraverso rivoluzioni e sovvertimenti, è che chi vince porta al potere anche la propria cultura, quale che sia. Ovviamente chi non ne ha una uniforma tutto alla propria pochezza ed è quello che sta succedendo in Italia.

Ma a cominciare lo sfascio della scuola e dell’Università, per dirla con tutta franchezza e onestà, è stato anni fa un ministro del centro sinistra, che non era all’altezza del nome illustre che portava: Luigi Berlinguer. E infatti non è un caso che oggi lui sia d’accordo con la riforma della Gelmini. E’ lui che ha per primo chiuso le scuole dei piccoli centri, con un decreto tagliaclassi, dicendo che viaggiare per raggiungere la scuola in un altro paese non poteva che far bene agli studenti e che anche lui l’aveva fatto da ragazzo. Una motivazione di una profondità politica e pedagogica sconvolgente. Non solo, nell’Università ha fatto anche di meglio: a lui si deve il massacro dei corsi, con la sostituzione delle lauree da 4, 5 e 6 anni con il famigerato e degradato 3+2. E non voglio ricordare l’introduzione deleteria dei crediti e la sostituzione delle lezioni di un intero anno accademico ( cioè 9 mesi) con i moduli di 25-30 ore. E tutto questo per adeguarsi alle altre università europee, fu detto, peccato che qui si facciano solo riforme che scimmiottano quelle degli altri, galleggiando sempre e solo in superficie. Ma il suo capolavoro è stato certamente quello di snaturare la figura e le mansioni del rettore, facendone un manager della “azienda università”. E così si cominciò a parlare di produttività, riferendosi al numero dei laureati e i rettori furono costretti a invitare i professori a promuovere di più, perché più una università era produttiva e più aveva soldi dal Ministero. In caso contrario avrebbero potuto contare per sopravvivere, solo sulle tasse degli studenti. Tasse che così hanno cominciato a lievitare. Le riforme seguenti hanno solo e sempre peggiorato le cose, tanto che comunque la “mortalità” scolastica non è diminuita affatto.

E adesso cosa ha pensato la Gelmini - o certamente chi per lei ha scritto il testo - per risparmiare? Di tagliare il personale e di fare entrare i superstiti in mobilità, all’interno di consorzi di più università. Così un giovane ricercatore sarà spremuto come un limone, non diversamente da ogni suo coetaneo che finisca in un call center, e sbattuto di qua e di là a fare il tappabuchi anche in università distanti fra loro.E il tempo per la ricerca e la loro formazione didattica? Niente paura: tanto non sono destinati a restare, infatti i ricercatori potranno avere un incarico triennale, rinnovabile solo una volta. E dopo che faranno? Ingrosseranno le fila dei disoccupati. E chi farà lezione quando i titolari di ruolo andranno in pensione? Dove impareranno i nostri futuri medici e ingegneri? Chi costruirà le nostre case e chi ci curerà? I laureati dell’università voluta da questi mentecatti? Non è un loro problema.Tanto loro potranno curarsi all’estero e hanno tante case che non hanno il problema di dove andare ad abitare. Non lo dico io: sto citando Berlusconi.

 
Università divieto di parola

E’ il trionfo dell’ignoranza, dell’egoismo e della cieca ottusità, la stessa di quei camorristi citati da Saviano, che avvisati del fatto che l’inquinamento del territorio stava arrivando alle falde acquifere risposero “e chi se ne fotte: tanto beviamo l’acqua minerale.” Che al confronto Maria Antonietta regina di Francia con le sue brioches era solo una dilettante della stupidità.

Ma appunto questa è la filosofia di questo governo: chi se ne frega, tanto noi e i nostri parenti siamo in salvo e al diavolo tutto il resto. Muoiano i Filistei, che tanto i Sansoni hanno razziato tutto, si sono mangiati il possibile e ora che la festa è finita se ne andranno, lasciando che siano gli altri a lavare i piatti e a mettere in ordine.

E adesso siamo all’ultimo atto, ora si discute alla Camera il testo demenziale di questa riforma contestatissima e chi la presenta è così sveglia che si è perfino votata contro, insieme a quell’altro vispo del ministro della giustizia. Ecco in che mani siamo!

Ma c’è una cosa positiva in tutto questo, in questa agonia di una classe dirigente improvvisata e inaffidabile, ed è che i giovani finalmente si sono svegliati. Vederli di nuovo in piazza a manifestare, a gridare la loro voglia di autodeterminazione e di riscatto, in difesa della cultura e della scuola è come un balsamo dolce sulle ferite. Alle loro contestazioni la Gelmini, sempre all’altezza della propria pochezza e nascosta dietro al solito dito ( speriamo diverso da quello usato normalmente da quella gran signora della Santanchè), ha detto che sono strumentalizzati e dalla parte dei baroni, dimenticandosi che è stata lei a togliere le rappresentanze dei professori associati e dei ricercatori confermati dalle commissioni di concorso, lasciando così tutto il potere in mano ai professori ordinari! Nemmeno l’ha letto il testo che altri le hanno scritto e tanto è sprovveduta che appunto ha anche voltato contro sé stessa.

Intanto gli studenti la lasciano starnazzare e salgono sui tetti delle loro facoltà, come gli operai sui tetti delle fabbriche che chiudono, perché i padroni si sono inventati la delocalizzazione e vanno ad aprire fabbriche in Serbia o in Cina, dove possono sfruttare e sottopagare la manodopera. Ma solo dopo aver preso incentivi a milioni dallo stato italiano. Non dovrebbe essere permesso, che l’egoistico benessere di un padrone venga prima di quello della collettività. Perché chiudere una fabbrica non vuol dire solo mettere sul lastrico centinaia di famiglie, vuol dire anche impoverire quei paesi e quelle regioni che vivevano sull’indotto di quelle fabbriche. Ma questo egoismo avido, travestito da liberismo sfrenato, è anch’esso frutto di questo governo.

I nostri giovani, studenti, operai, artisti, musicisti, ricercatori scientifici sono saliti su migliaia di tetti in tutto il paese. Il meglio della nazione, l’avvenire dell’Italia ci guarda da quei tetti e chiede attenzione, giustizia, un futuro e noi non possiamo essere distratti o indifferenti davanti a questa sacrosanta ribellione.

Non facciamo che sui tetti a parlare con loro salgano solo i politici già in campagna elettorale, non lasciamo che siano solo i cuori di noi vecchi sessantottini a battere con loro.

 

Approfondimenti

In allegato il testo della riforma, ma prendetevi prima una camomilla, datemi retta.

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