Venti mesi di inferno, un inferno che ha inghiottito per sempre decine di migliaia di persone, mentre il mondo è rimasto a guardare, impegnandosi prima a giustificare o negare, poi, non appena l’orrore è stato impossibile da nascondere, a minimizzare o a tacere. A Gaza e nei territori della Striscia non è in atto una guerra, ma un genocidio. E chi nega questo aspetto o si attacca alla semantica, non solo è complice ma ha anche qualche serio problema di coscienza. Non ci sono altri termini, infatti, per definire le azioni efferate e i crimini contro l’umanità che Israele, il suo esercito spietato, il suo governo e il suo premier Netanyahu stanno compiendo, indisturbati, nei confronti del popolo palestinese. Un’aggressione costante, scientifica, disumana, attuata con indifferenza fredda e crudele e con metodi sommari che richiamano alla memoria le logiche delle truppe naziste. Proprio come le SS tedesche, infatti, anche l’esercito israeliano, con la sua sigla identificativa, IDF, sta scolpendo la sua sanguinosa firma sulla pietra funesta della storia e della memoria.
La guerra non esiste a Gaza, non esistono obiettivi (degli ostaggi e delle vittime del 7 ottobre 2023, in realtà, al governo israeliano non è mai importato molto), esistono solo massacri di civili. Uccisi in qualsiasi modo, con le bombe, nelle case, nei mercati, negli ospedali, nei campi profughi, nelle ambulanze, e non solo per “danni collaterali” durante venti mesi di assedio senza pause, con oltre 60mila morti sul terreno. Una furia militare che sarebbe sbagliato, però, tacciare semplicemente come folle, perché non descriverebbe il piano cinicamente lucido, organizzato, mirato del governo israeliano, del criminale di guerra Netanyahu e dei suoi ministri, primo fra tutti Israel Katz. Un vero e proprio genocidio, una soluzione in più fasi, che prima punta a ridurre all’osso la popolazione di Gaza, poi a deportarla, a espellerla dalla città palestinese, oggetto del desiderio di conquista (e delle mire affaristiche) di Israele e USA. A tale scopo i civili non solo vengono colpiti con le bombe o i proiettili ed eliminando medici, infermieri, ambulanze e ospedali per togliere loro perfino la possibilità di curarsi, ma anche con la fame, la sete, le trappole organizzate.
Nei territori della Striscia, infatti, si continua a morire come le mosche mentre si attendono gli aiuti umanitari, mentre si aspetta la distribuzione di cibo o acqua. Un’attività, quella della distribuzione di viveri, che non a caso Israele si è intestata, estromettendo, con la scusa delle possibili influenze di Hamas, le tante ong che se ne sono sempre occupate. Adesso, è la GHF (Gaza Humanitarian Foundation) a gestire tutto. Una organizzazione non governativa voluta e sospinta dal governo israeliano. Una trappola, appunto. Un altro modo per mostrare la ferocia dell’esercito e del governo di Israele. Un altro sistema studiato di morte, un mezzo per radunare civili disperati, morsi dalla fame e dalla sete, e costringerli a partecipare a una macabra lotteria, tra i proiettili di mitragliatori, droni, cannoni, carrarmati.
Centinaia le vittime in questi mesi, molte giovanissime, tanti i bambini uccisi mentre erano in fila con le madri o colpiti mentre scappavano. Ci sono video, testimonianze, racconti terribili di come l’esercito israeliano spari addosso alla gente, quasi fosse un videogioco, quasi quelle persone fossero bersagli da abbattere. Un’altra prova del sadismo di un corpo militare spietato, la cui storia nella Striscia è colma di sangue e orrori indicibili. L’eliminazione dei civili, la sadica e voluta violenza sulla gente inerme, si ripete ogni giorno, tra i raid contro chi attende gli aiuti e gli attacchi aerei o di terra, rispetto ai quali le evacuazioni dei civili vengono annunciate male e tardi, con tutto quello che ne deriva. A ciò, si aggiungano le umiliazioni, i diktat feroci, gli stupri. Tutto, fino a poco tempo fa, veniva perfino giustificato con il diritto alla difesa, con la necessità di stanare Hamas e i suoi miliziani, ma adesso questa tetra litania non trova più ascolto, non ha più presa.
Non può trovarne, se non nei complici (interni ed esterni), nei sionisti, nei coloni, negli integralisti dell’ortodossia e dell’estrema destra israeliana o in chi è abitato da una coscienza marcia e fanatica. Per il resto, per chi ha occhi puliti e senso della storia, quanto sta accadendo a Gaza risponde a un solo concetto, raccolto in una parola durissima che la storia, purtroppo, conosce bene: genocidio. E come ogni genocidio, c’è chi lo denuncia e chi lo nega. Chi lo denuncia, con prove e fatti, viene immediatamente attaccato, sanzionato, bollato con la ridicola e infantile accusa dell’antisemitismo. Chi lo nega, invece, forza la mano, adduce ragioni farneticanti, osa perfino parlare ancora di 7 ottobre e diritto alla difesa, anche quando la “risposta” è andata ben oltre, anche quando la reazione a un attentato tremendo compiuto da una organizzazione terroristica si è tramutata nell’inaccettabile e gigantesco sterminio di un intero popolo.
Poi ci sono gli altri, gli ignavi, i codardi, i complici silenziosi, i distratti. Come l’Unione Europea o come il governo italiano, che tace per non disturbare, che non difende l’italiana Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani in Palestina, attaccata e sanzionata per aver prodotto un rapporto documentato e provato sull’esistenza e concretezza del genocidio. O come quelli che, incluso il nuovo pontefice, Papa Leone XIV, si svegliano dal silenzio con grave ritardo, soltanto dopo che Israele ha colpito anche una chiesa, ossia la parrocchia cattolica della Sacra Famiglia, a Gaza, quella tanto cara al precedente papa, Francesco, che fu tra i primi a parlare di genocidio, “disturbando” non poco il mondo ebraico e non solo. Si è svegliato Leone XIV, ma un po’ troppo tardi, dopo aver circondato di silenzio le denunce di alcuni cardinali, che invece sulla questione dei diritti umani e dei massacri nei territori palestinesi avevano preso immediata posizione, esprimendo fermezza e condanna.
Come ha fatto, ad esempio, il cardinale Augusto Paolo Lojudice, il quale, in una recente intervista a La Stampa, ha ricordato che “c’è chi si è stracciato le vesti leggendo la parola genocidio usata da Francesco in un libro”. Aggiungendo anche che “a Gaza siamo oltre la follia. È all’opera il male più sfrenato e senza logica. L’uccisione di bambini in fila per un pugno di riso grida giustizia a Dio”. “Come fa a guardarsi allo specchio – continua Lojudice – chi si macchia di atrocità del genere e ha decine di migliaia di vittime sulla coscienza? Non c’è nulla di ragionevole in una carneficina, è la malvagità che prende campo e spazza via il senso di umanità”. Infine, un attacco diretto a Israele: “In Israele sono ora al comando settori integralisti che uniscono il fondamentalismo a politiche di estrema destra, alla folle ricerca del potere assoluto. Il diritto della forza umilia la forza del diritto. Per colpa di scelte dissennate commettono le stesse atrocità compiute su di loro. Se non si ferma il tiranno non se ne esce”.
Parole durissime, che andrebbero pronunciate dall’Unione Europea e da tutti i capi del governo e di Stato europei, a partire dall’Italia. Incluso il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenuto subito dopo l’attacco alla parrocchia di Gaza, ma troppo timido e silente nei mesi scorsi. D’altra parte, ci voleva un atto contro la Chiesa e tutto ciò che rappresenta, soprattutto in Italia, per interrompere il silenzio. Venti mesi di orrore, decine di migliaia di palestinesi innocenti uccisi, affamati, ridotti alla sete, costretti a spostarsi di continuo, in condizioni di salute e igieniche terribili, non erano sufficienti. Né a una presa di posizione, né ad esempio a votare contro il rinnovo dell’Accordo di associazione tra UE ed Israele. Nemmeno a escludere lo sport israeliano da tutte le competizioni mondiali e continentali. Non sia mai che qualcuno potesse poi rinfacciare ridicole accuse di antisemitismo. La scusa perfetta, per Netanyahu e i suoi sostenitori, da usare come salvacondotto per perpetuare l’orrore e rimanere impuniti. Almeno fino a quando non sarà la storia a presentare loro il conto.
Massimiliano Perna -ilmegafono.org