Domani sera 27 luglio alle 22 in tutta Italia, Ultimo Giorno di Gaza (Paola Caridi, Claudia Durastanti, Micaela Frulli, Francesco Pallante, Evelina Santangelo e chi scrive) invita a suonare le campane delle chiese e dei palazzi comunali, le sirene delle barche e i clacson delle auto, i fischietti e le pentole e qualunque altra cosa possa aiutarci a disertare il silenzio che avvolge il genocidio di Gaza. Arrivano adesioni da tutta Italia, dal Comune di Parma al Sacro convento di Assisi alle parrocchie del Monte Argentario, dai comuni della Sicilia più profonda agli artisti di Voci per la Palestina, dalla città di Bologna a Pax Christi, dalle donne di Firenze a chi si riunirà sull’arengario di Monza, in un elenco lunghissimo dell’Italia lontana dai palazzi del potere.
Questo è il punto: l’Italia chiede la fine di ogni rapporto con Israele, stato genocida e criminale, ma i decisori continuano a vendergli armi e tecnologia. A Gaza le sirene suonano come estremo segnale al mondo: Israele sta assassinando per fame quasi due milioni di persone. Da noi suoneranno per solidarietà con quel popolo fratello, e anche per avvertire chi ci governa: “Anche voi sarete giudicati, se non agite subito”. Nel suo Discorso sul colonialismo, Aimé Césaire scrive che “il colonizzatore che, per mettersi in pace la coscienza, si abitua a vedere nell’altro la bestia, si riduce a trattarlo come un animale, e così tende oggettivamente a trasformarsi lui stesso in bestia”. È quel che sta succedendo all’Occidente colonialista che tace e acconsente di fronte allo “sporco lavoro fatto per noi” (come dice oscenamente il cancelliere tedesco): chi domani diserterà il silenzio rifiuta di abituarsi allo “spettacolo” mostruoso del genocidio, rifiuta di trattare i palestinesi come animali e di ridurre se stesso a bestia. Restiamo umani, disertiamo il silenzio: come diceva papa Francesco, facciamo chiasso.