Riteniamo di avere molte ragioni per sostenere i cinque referendum che ci vedranno tornare alle urne il prossimo giugno.
Le nostre associazioni da anni, in qualche caso da decenni, sono quotidianamente impegnate nel difendere la Costituzione e nel chiederne, di conseguenza, la concreta applicazione. Questa è la prima e fondamentale ragione per ritenere che i cinque referendum di giugno ci riguardino. Quando, all’inizio degli anni Settanta, lo Statuto dei diritti dei lavoratori divenne legge della Repubblica, fu compiuto un concreto passo in avanti nel dare alla nostra Repubblica la forma indicata da Madri e Padri Costituenti.
La Costituzione entrò nelle fabbriche e in tutti i luoghi di lavoro. Chi lavora, in ogni ambito, vede riconosciuti diritti costituzionalmente previsti. Furono superati con legge adeguata i primi anni della nostra storia repubblicana, quando erano frequenti licenziamenti senza giusta causa o per ritorsione antisindacale. La Costituzione scrive che Sindacati e diritto di sciopero sono imprescindibili, e strumenti fondamentali per il mondo del lavoro e per le proprie organizzazioni. Lo Statuto fu uno dei frutti degli anni Sessata e Settanta, che videro ampie e diffuse azioni politiche e sindacali. Un risultato che neppure i tremendi anni dei tentativi eversivi e delle azioni terroristiche riuscirono a vanificare.
Negli ultimi decenni vari governi, in Italia e non solo, di visione miope rispetto alla mondializzazione dell’economia, non hanno impedito che gli effetti negativi della mondializzazione fossero “scaricati” su chi lavora. Fu quella che Papa Francesco, la cui voce di pace e giustizia ci mancherà, definì la globalizzazione della indifferenza che consente lavori precari e malpagati, sicurezza carente o assente nei luoghi di lavoro, sfruttamento, lavoro nero, licenziamenti a seguito di delocalizzazioni. Salute, salari giusti e rispetto delle leggi passarono in seconda se non in ultima fila.
Nel frattempo, il fenomeno epocale e irreversibile delle migrazioni ha portato in Europa e negli USA un numero crescente di persone, alla ricerca di sopravvivenza o di speranza di vita migliore. Una ricerca non sempre giunta a destinazione. Troppi i corpi, spariti nel Mediterraneo, troppe le persone non accolte, sfruttate, a volte schiavizzate.
A fronte di queste inedite e complesse emergenze, sono state scritte leggi che non impediscono violazioni dei diritti e della dignità di chi lavora, e che non accolgono chi lavora e vive in Italia nel pieno riconoscimento di dignità e diritti di cittadinanza.
Leggi recenti autorizzano licenziamenti senza giusta causa, tolgono ciò che lo Statuto dei diritti dei lavoratori garantiva, consentono disuguaglianze fra chi è entrato prima o dopo il 2015 nel mondo del lavoro, disuguaglianza che è in netta contraddizione con l’art.3 della nostra Costituzione. Vediamo inoltre che chi lavora in piccole imprese ha poche o nessuna tutela, e la proliferazione di lavori precari o a termine, senza concrete e reali ragioni a sostegno del contratto a tempo determinato. Inoltre, se in Italia ogni anno risultano 500 mila infortuni sul lavoro, dato macroscopico, è evidente la urgente necessità di adeguare la legislazione, come uno dei referendum propone. I quattro referendum di giugno sul lavoro intendono quindi porre rimedio a disuguaglianze e ingiustizie che violano lo spirito e la lettera della nostra Costituzione.
Inoltre, il quinto quesito referendario riguarda la cittadinanza e intende ridurre il numero di anni - oggi ne sono necessari dieci -, a cinque, per vederla riconosciuta a chi vive, lavora e paga le tasse in Italia, l’estensione dello stesso diritto ai propri figli. Un passo significativo verso lo ius soli, già in vigore, in forme più o meno temperate, in molti paesi europei. A nostro avviso, una pacifica e proficua convivenza, con la forza e la trasparenza di una legge, viene rafforzata quando esiste un reciproco riconoscimento. Lavorare, rispettare le leggi e pagare le tasse, e avere, di conseguenza, piena cittadinanza.
Le ragioni del nostro sostegno ai referendum dell’8 e del 9 giugno si trovano quindi tutte nella nostra Costituzione e nei valori di civiltà e accoglienza dichiarati universali dopo la seconda guerra mondiale. Valori che, per esser tali, vanno portati dalle Carte scritte al mondo comune, dove ogni persona, portando con sé le sue differenze, veda riconosciuti uguali diritti e uguali doveri.
Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, Comitato per la Difesa e la Valorizzazione della Costituzione di Faenza, Comitato in Difesa della Costituzione di Ravenna, Libertà e Giustizia, circolo di Ravenna, Libera contro le Mafie, Salviamo la Costituzione.