L'attacco mediatico, più o meno diretto, di questi giorni alla rivista di geopolitica "Limes" e al suo illustre direttore Lucio Caracciolo (fino a pochi mesi fa considerato da tutti "la Cassazione" nelle dispute mediatiche in materia di guerra) accusato di essere "filorusso" (!) rappresenta in pieno il livello di ottuso bellicismo e di adesione acritica da parte della quasi totalità dell'informazione a una delle due "parti in causa", quella pro-Ucraina.
Quest'ultima trasformatasi, col passare del tempo, da legittimo sostegno a una nazione brutalmente invasa, a un cieco arruolamento in stile "ultras" nella difesa dei sacri confini dell'Occidente contro l'Impero del Male.
Se questo manicheismo pervade ormai tutti i settori della vita sociale (politica, sport, costume etc.) non è però possibile applicarlo a materie come la geopolitica. È una scienza che richiede l'analisi delle cause che hanno portato a un determinato evento, una valutazione fatta da angolazioni diverse, equilibrio ed imparzialitàdi giudizio.
Di cosa viene accusato Caracciolo? Di aver previsto, quattro anni fa, la "non invasione" dell'Ucraina da parte della Russia. Embè? Si è sbagliato, capita anche agli scienziati e lui, da signore qual è, ha fatto subito ammenda. Forse non pensava che Putin potesse arrivare a tanto ("ha fatto una follia").
E poi le critiche all'Europa, ignava e codina, e la ricostruzione storica: gli accordi di Minsk, la repressione nel Donetsk, etc. Il tutto sempre espresso con garbo, moderazione e rispetto per l'eventuale "controparte".Niente da fare: si becca l'epiteto di "filorusso" e, addirittura, come ha scritto un imbrattacarte su un fogliaccio,"asset di Putin".
Ormai è stato deciso che dobbiamo essere in guerra, e non c'è spazio per il discernimento, per l'analisi, per il raziocinio, meno che mai per il dissenso. O con noi o contro di noi. La "caccia alle streghe" è ricominciata.
