Italia nera, seconda parte

di Corrado Fois - Liberacittadinanza.it - 24/10/2023
La resistenza e il movimento studentesco sono le due uniche esperienze rivoluzionarie del popolo italiano. Intorno c'è deserto: il qualunquismo, la degenerazione statalistica, le orrende tradizioni sabaude, borboniche, papaline - Pasolini

In questa seconda parte ragiono, per capire fili e marionette, su quella che è stata la fine di Mussolini e dunque del fascismo al governo. Seguo una tesi interessante e plausibile, certo eretica rispetto agli stereotipi della storiografia ufficiale, ed attraverso questa ipotesi – definita come la pista inglese -rileggo la collaborazione italo tedesca, la politica anti comunista di Churchill e la morte di Mussolini avvenuta in quei momenti convulsi che segnano la fine della guerra e gli albori del collegamento tra le strategie anglo americane ed il recupero dei vari fascismi nel quadro della guerra fredda.

Lo faccio senza alcuna presunzione di aver ragione, senza giocare allo storico in miniatura, spinto solo dalla mia curiosità di Cittadino e dalla duplice consapevolezza che i fatti contano, ma che poi devono essere messi in fila ed interpretati. Ho una mia idea dopo aver molto letto e la espongo, qui come altrove. Per chiarezza inserisco link con elementi di approfondimento e cerco di farlo scegliendo almeno due interpretazioni. Come sempre scrivo con un unico scopo: provare a capire cosa davvero sia successo e cosa può ancora succedere. Prendendoci o sbagliando poco conta se serve da stimolo.
I tempi che arrivano potrebbero assomigliare al passato, pur nel quadro di un nuovo paradigma sociale e politico. Penso sia il caso di non farsi trovare ancora una volta in mutande nel salotto di casa, con le dita nel naso e gli occhi intenti a guardare da un’altra parte. Ragionare serve.

Un’interpretazione fuori da ogni canone.
L’italiano medio, che esiste nelle letture sociologiche ma purtroppo anche nella realtà, molla Mussolini quando il dittatore comincia ad invertire la rotta della sua politica internazionale. Nel 1937/38 al culmine del consenso, Mussolini vive chiuso nel suo mondo virtuale assecondato da squali e servitori. Comincia davvero a credersi un genio e da lì in poi non ne azzecca più una portando l’intero paese nella tragedia. Persino Franco, uomo cupo e meno intelligente di lui, ha fatto meglio in quel finire degli anni ’30 che portano il mondo alla catastrofe.

In quegli anni Mussolini – lasciando da parte l’idea di un’Italia autonoma - si affratella con Hitler e da lì in poi, perdendo ogni contatto col sentiment del Popolo, si mangia in 20 mesi il consenso costruito in 20 anni. Visto che gli antifascisti istituzionali, afflitti dall’incertezza e da troppe parole, avevano favorito l’ascesa del dittatore c’era solo da sperare in suo spontaneo declino, in un suicidio frutto della presunzione. Così fu. Se il popolo non l’avesse pagata con quattro anni di stenti e sofferenza verrebbe da dire per fortuna. Tuttavia, secondo un’interpretazione storica fuori da ogni narrazione ufficiale, la scelta del dittatore non nacque nella solitudine dei gabinetti di villa Torlonia. Sembrerebbe piuttosto il frutto di una serie di pressioni e di moral suasion nate altrove.  C’è un’ipotesi interpretativa differente che parte da un primo assunto: il cambio di rotta di Roma parte da Londra per causa di Mosca.

Raccolgo l’ipotesi suggestiva della pista inglese e la riporto, poiché offre un poco esplorato ed interessante fil rouge anche per i fatti a seguire, fino all’esecuzione di Mussolini ed al dopoguerra. La riporto non perché ne sia convinto – invito chiunque legga a prenderla con le molle-  ma perché questa ipotesi fitta bene con le evidenti responsabilità dell’imperialismo inglese nella gestione dei movimenti ipernazionalisti europei, almeno fino al 1940. Fossero essi al potere, a Berlino a Roma a Madrid, o minoritari negli altri paesi. Questa ipotesi interpretativa, sempre osteggiata, offre chiavi di lettura anche per capire il dopoguerra e, cambiando ciò che vi è da cambiare, anche il tempo attuale. Fili. Marionette. Sangue.

La pista inglese, come nasce.
Partiamo dal regista di questa vicenda, Winston Churchill il più robusto interprete dell’Impero britannico. Fin dai suoi primi passi in politica agli inizi del ‘900 egli è il più duro  rappresentante politico degli interessi delle grandi compagnie inglesi – imprese petrolifere banche  industria pesante - ( una biografia fattuale in un sito ufficiale pieno di ulteriori link https://www.britannica.com/biography/Winston-Churchill  ).
Dopo la rivoluzione di Ottobre, quei giorni che cambiarono la storia per sempre come scrisse nel 1919 John Reed (I dieci giorni che sconvolsero il mondo – J.Reed, Mondadori)  Churchill ha un solo grande timore: l’allargarsi del comunismo. L’ha visto imporsi in casa dei Romanoff - cugini dei reali di Inghilterra – fucilati dai soviet, sollevando il solito moralismo borghese. Lo vede crescere in Europa. Guarda con autentica paura all’insurrezione spartachista di Berlino guidata dalla meravigliosa Rosa Luxembourg (ebrea polacca e comunista internazionalista) e per soffocarla non esita a finanziare i Corpi Franchi pangermanici guidati dai futuri capi nazisti, tra questi Rudolf Hess di cui parleremo più avanti.

Churchill non fa in tempo a tirare il fiato dopo la sanguinosa repressione, che si ritrova i comunisti in casa propria. Nel 1920 il movimento socialrivoluzionario va forzando la mano anche al partito laburista, fino ad allora portatore di un socialismo annacquato, scatenando scioperi durissimi nei centri strategici della produzione come Birmingham dove aveva sede la BSA e la Austin motors. La visione insurrezionalista, repubblicana e socialista, si insinua in ogni contraddizione sociale intrinseca alla gestione imperialista, così a Londra come a Dehli, come in Australia e Canada minacciando le strutture stesse dell’Impero. Emblematico il caso Irlanda. Vediamo come.

L’orgogliosa isola ottiene l’indipendenza grazie alle maniere forti utilizzate dal conservatore Michael Collins ( primo capo dell’IRA ) ed alla valutazione di Churchill, allora ministro dell’interno, che preferisce avere un’Irlanda indipendente e conservatrice, piuttosto che proseguire uno scontro feroce capace solo di acutizzare la risposta violenta ed allargare il consenso ai socialrivoluzionari. Dopo i negoziati di Londra si instaura in Irlanda un governo nazionalista, a guida proprio di Michael Collins. Immediatamente il nuovo stato viene travolto da una guerra civile. I socialisti rivoluzionari vogliono portare a Dublino l’esperienza sovietica, insorgono con la consueta irruenza di quel popolo straordinario ed occupano il centro città. Scoppiano incidenti ovunque da Londonderry fino a Shannon. Si dice che a soffiare sul fuoco sia l’americano Eamon De Valera, di origini irlandesi, algido e permaloso capo del partito indipendentista. In realtà anche lui è preso in contropiede.   A muovere i rivoltosi è l’internazionale comunista con l’obiettivo di trasformare la Repubblica d’Irlanda in una spina nel culone dell’impero. Questo spaventa Churchill che – insieme a Lloyd George -  ha personalmente trattato con Collins, di cui conosce l’intima natura nazionalista e anti comunista. Ma Collins viene ucciso dai rivoluzionari irlandesi, poi comunque perdenti. Da quel punto in avanti Churchill, detto bulldog, non mollerà più la presa antagonista con il movimento socialista internazionale. Per questa ragione, nei primi anni venti – come capo dei conservatori inglesi - è tra i finanziatori del fascismo italiano, poi di quello britannico ( Oswald Mosley e company ) così come lo sarà pochi anni dopo per il nazismo nascente, sempre per il tramite di Rudolf Hess.

https://www.ibs.it/fascismo-democrazia-socialismo-comunisti-socialisti-libri-vintage-claudio-natoli/e/2570071942502    segnalazione di un interessante libro di Natoli come visione d’insieme.
Sulle contraddizioni irlandesi al tempo della prima indipendenza, con molti interessanti link , segnalo questo post dell’Enciclopedia Britannica
https://www.britannica.com/topic/Irish-Republican-Army

Mussolini tra Churchill e Hitler, una storia opaca..
Il rapporto tra Winston e Benito nasce in quei tempi e nel quadro della comune visione reazionaria ed anticomunista. Non si interromperà mai. Anzi si intensificherà fino al compromesso quando Churchill scoprirà che Hitler – a cui ha dato all’inizio un bel po' di quattrini - non è gestibile.
Finalmente, dopo il 1935, lo riconosce per ciò che è: un ometto isterico ed astioso, intriso com’è di ipergermanismo, manovrato da una corte di farabutti tesa a realizzare il progetto di quello che si configurerà come il più grande crimine della storia moderna, pari solo al saccheggio del Sud America da parte spagnola. Capite le aberranti mire di Hitler, Churchill si rivolge a Mussolini con cui ha una robusta relazione personale. Il dittatore in quel tempo è molto irritato con l’impero inglese per via delle sanzioni, ma non lo è con Churchill. Entrambe disprezzano il premier inglese Baldwin, conservatore ma acerrimo rivale di Winston, che le ha firmate.  Con modi suadenti, presumibilmente con molte promesse sul ritiro delle sanzioni stesse che dopo un anno stanno sfiancando la già esangue economia italiana, Churchill lo convince ad affiancare Hitler che l’ha copiato passo passo e lo adora, assolutamente non ricambiato. Nei suoi diari il luciferino Goebbels annota con il consueto sarcasmo quando il Duce parla H. lo guarda come una donna innamorata.

Winston Churchill – fuori dal premierato ma sempre al vertice del potere vero- spera di controllare attraverso il Duce il crescere del nazismo che si afferma con incredibile progressione in una Germania che, grazie alla sua classica disciplina ed efficienza, sta superando la crisi del ’29 e si riarma potentemente. Il trattato di Monaco del 1938, che realizza una pace debole grazie alla mediazione di Roma, corrobora l’idea di Churchill.

Quando Hitler, nel settembre del 1939, occupa e devasta la Polonia, Mussolini è già un alleato tedesco con le regole del patto d’acciaio. Sembrerebbe che sia proprio lui – in combutta con Churchill, naturalmente - a convincere il nazista a non aggredire subito la Francia. Passano infatti 7 mesi dal settembre ’39 al maggio del 1940 mese in cui l’esercito tedesco travolge Olanda e Belgio ed arriva fino a Parigi in poche settimane. Nel frattempo, in quei mesi che i francesi chiamano drole guerre ( guerra fasulla ) accadono un paio di cose da ricordare: 1) Hitler e Stalin firmano un patto di non aggressione che lascia il mondo intero a bocca aperta e getta Churchill nella più fosca ansia 2) Ciano maneggia con Ribbentrop (ministro degli esteri tedesco ) per trattare i termini ed i tempi della guerra suggerendo al nazista di pazientare 3) Mussolini dice a Churchill ed a Hitler che non ci pensa proprio ad infilarsi in una guerra dagli esiti imprevedibili. Dichiarazione che scombina i piani inglesi.

E qui – proprio nel momento dell’aggressione alla Francia - si innesta quella storia opaca, parallela, non gradita dalla storiografia ufficiale che rivela la complessa relazione tra Churchill e Mussolini, dalla guerra di Francia fino al Lago di Como. La riporto.
Bastano poche migliaia di morti per sedersi al tavolo della pace. L’ha detto Mussolini.. o Churchill?
Mentre Hitler invade la Francia Churchill chiama Mussolini e lo spinge ad entrare in guerra. Solo così potrà sedersi al tavolo della tregua e poi di quella pace che sancirà il nuovo ordine europeo. Della Francia il bulldog se ne fotte ed essendo tornato al premierato dice a Mussolini che i negoziati a seguire, se Hitler non strafà, porteranno in Europa pace duratura ed un beneficio all’Italia che potrebbe avere, dall’impero francese, Algeria o Tunisia rafforzandosi nel nord Africa. Sembra che esista in proposito una bozza di trattato segreto che definisce un’Europa a tre, Germania Italia Inghilterra, che potrebbero poi allearsi per far fuori la Russia sovietica.
Si ipotizza una chiave di lettura agghiacciante che delinea la complicità tra il conservatore britannico ed il fascista italiano. In cambio di un tavolo negoziale l’Inghilterra ritirerà le truppe dalla Francia lasciando campo libero ai tedeschi. Churchill lo dice a Mussolini ed aggiunge una clausola: Hitler deve lasciare andare illeso il grande esercito inglese mandato in Francia da Chamberlain, solo in questo modo si raffredderà la parte più duramente antinazista del parlamento britannico. Concretamente, nei fatti realmente accaduti, va così? Vediamo.

Dunkerque potrebbe essere la prova di questo accordo, se la leggiamo come una concessione tedesca invece che una grande evacuazione militare, come la raccontano gli storici paludati. In effetti a guardarla fuor di retorica la vicenda raccontata appare come una cazzata biblica che non sta in piedi. Bastano tre elementi, che prendo dalla cronaca ufficiale ed assemblo col metodo consolidato della davantologia senza sposare alcuna tesi, solo leggendo i fatti. Ad ognuno la libera interpretazione.
 1) Hitler ha una aviazione esagerata, con i migliori cacciabombardieri del momento, gli Stukas, a 30 minuti di volo da quella spiaggia 2) ha la flotta del Baltico, corazzate e incrociatori 3) ha le divisioni panzer che distano poche ore dalla spiaggia protetta da un esile perimetro difensivo, lasciato più che altro ai francesi scioccati e demoralizzati.

Hitler potrebbe utilizzare il metodo polacco e massacrare i 350 mila soldati inglesi, di fatto disarmando l’Impero e mettendo fine alla guerra in Occidente. Infatti, in un disordine totale, gli inglesi impiegano ben più di una settimana ( dal 26 maggio al 4 giugno ) per salire a bordo di una flotta abborracciata di yacht di legno, pescherecci lentissimi, vecchi cargo. Si assisterà a poche rare incursioni ed una ingiustificabile debole pressione sul perimetro difensivo. Una passività voluta direttamente da Hitler che farà straincazzare Guderian e Manstein, i generali tedeschi.

Secondo la tesi - abbastanza plausibile guardando i fatti - Mussolini ha convinto Hitler a lasciar perdere massacri da cui non si torna poi indietro, lo ha spinto ad attendere ancora una volta e vedere come e quanto si può negoziare con l’Impero. E’ così che gli inglesi si possono ritirare.
Poi la guerra andrà come sappiamo, Hitler ci metterà poco a cambiare idea. Dal 10 luglio 1940 bombarderà Londra dando inizia alla più grande battaglia aerea della storia. Succederà poi tutto ciò che ben conosciamo perché la guerra è una bestia che si nutre di sangue e di nessi di casualità, combina contraddizioni, scatena odi e vendette e tira fuori dall’uomo il peggio che ha già.

C’è un ultimo fatto che avvalora la tesi dei contatti segreti tra Berlino e Londra. Lo riporto velocemente. Nel 1941 nel pieno del casino, Rudolf Hess è il braccio destro di Hitler. Un soldato, un nazionalista di ferro, un uomo con nervi di ghiaccio e coraggio da vendere. Conosce Churchill per via dei soldi avuti in cambio della repressione anti comunista dei primi anni 20, ed in accordo col suo Fuhrer vola a Londra pilotando da solo un caccia. Sta andando ad offrire la Russia a Churchill. Solo un mese dopo partirà l’Operazione Barbarossa e lui propone al premier inglese, di cui conosce lo sfegatato anticomunismo, una guerra santa in cambio della pace. Ma nel frattempo qualcosa è cambiato. L’impero inglese è entrato in contatto stretto con l’America. Delano Roosevelt odia Hitler più di quanti tema Stalin ed in cambio di enormi aiuti militari e finanziari alla dissanguata Inghilterra chiede al bulldog Winston di stare fuori dal maneggio coi tedeschi. Hess finisce in galera. Non ne uscirà mai più. Morirà a 91 anni nel carcere di Spandau senza aver aperto bocca, senza aver mai rivelato nulla di quella torbida ed inquietante vicenda.

Le carte di Mussolini, la pista inglese al suo epilogo
Quando Winston e Benito concordavano, sulla pelle francese, il da farsi non c’erano telefonini da intercettare, non c’erano mail secretate. Ci si scriveva via corriere diplomatico lasciando carta scritta e firme compromettenti. Quelle carte, drammaticamente cocenti per Churchill, mentre ci si avvia alla vittoria degli alleati in cui si è inclusa la Francia di De Gaulle, diventano sempre più pericolose. Il bulldog le vuole!
Le ha Mussolini, ed anche Ciano è coinvolto perché ai negoziati c’era anche lui. Molti pensano che sappia dove esse siano o che addirittura le abbia lui. I servizi segreti tedeschi, sia di Doenitz che di Himmler, conoscono l’esistenza della documentazione e la cercano. Per questo fanno pressione su Ciano quando si rifugia in Germania. Scoperto che non ha nulla con sé lo rimandano in Italia, in carcere. Da quel momento fanno su di lui e su Edda ogni tipo di ricatto, perché consegni o rintracci i documenti segreti. L’amico personale di Edda (lei e Ciano hanno storie separate da tempo) Emilio Pucci, viene torturato duramente dalla Gestapo. Ma Pucci è un uomo duro, aviatore e sportivo, mai stato fascista ma innamorato di Edda. Resiste per lei e non parla. A San Vittore lo massacrano per un’intera settimana. Niente. Lo manderanno a pezzi da Edda perché a vederlo così si pieghi, impaurita. Nel dopoguerra Emilio diventerà un famosissimo sarto e sarà sempre vicino da amico alla sua amata Edda.  Tutte le manovre tedesche producono un niente di fatto. Nessuno dei tre, Ciano Edda Pucci, parlerà. Il perché è semplice: non hanno nessuna documentazione secretata in mano, ha tutto Mussolini che si guarda bene dal cederla, e coi tedeschi scambiano solo l’ipotesi della cessione dei diari, ma a Hitler non frega niente di quelle storie. Ciano non serve più, lo lascerà fucilare.

Non sono certo le annotazioni a margine di un ambasciatore ad interessare il nazista. Basti pensare che i diari di Goebbels sono arrivati intatti in mano agli alleati ed oggi si vendono in libreria, a disposizione del pubblico.  Interessanti, certo, un dietro le quinte del nazismo ma non sono niente di più che curiosità varie. (Joseph Goebbels- Diari Feltrinelli). Hitler cerca le carte di Churchill e la proposta di spartizione europea. Sa da Mussolini che esistono, fin dai tempi della Francia. Con quella documentazione in mano può spezzare l’alleanza anglo-russa già traballante. Dividere gli alleati. Tentare la carta di un armistizio.  Non le avrà mai.

Mussolini, fin dal 1943, ha chiarissimo chi vincerà la guerra. Quasi all’epilogo prova l’ennesima virata. In Italia tenta l’approccio con la classe operaia imbastendo una sorta di soviet nazionalista con la cosiddetta socializzazione (scritta da Manlio Sargenti). Si mette accanto Nicola Bombacci, un rivoluzionario comunista ormai appassito, amico di Lenin e presente all’insurrezione di Ottobre. (sulla repubblica di Mussolini un libro piacevole., documentato e preciso: Salò –Silvio Bertoldi, Rizzoli).
Contatta Churchill. I due certamente arrivano a parlarsi ed a negoziare. Porta le carte con sé nelle ultime ore della sua vita, in quella famosa borsa nera che tutti vedono e che non verrà mai trovata. Da qui in poi nel pezzullo recupero la parte finale dalla pista inglese, la suggestiva ipotesi fin qui sinteticamente raccontata, che riguarda chi e come uccise Mussolini e la Petacci. Va assolutamente preso con le molle. Tuttavia ciò che ora riporto sta, nell’opaca vicenda dell’esecuzione del dittatore, alla pari con tutte le altre versioni in quanto ad ambiguità e dimostrabilità. Se ne è parlato ogni tanto nel corso degli anni. L’ha fatto Aldo Cazzullo, l’hanno fatto Giuliano Ferrara e Luciano Garibaldi. Mai troppo in profondità, scoperchiando i retroscena fino in fondo, soprattutto relativamente al contenuto deflagrante della documentazione.


Caccia all’uomo
Secondo Vincenzo Costa ( L’ultimo federale- V. Costa. Mursia ) a partire da Milano col suo Duce è una colonna di alcune migliaia di fascisti. Pesantemente armata e lunga chilometri la colonna è ufficialmente diretta in Valtellina dove è ipotizzata un’ultima difesa ad oltranza. C’è la Muti, le Brigate Nere, la Guardia Nazionale. Alcuni corpi speciali come i paracadutisti e i cacciatori delle Alpi. Non ci sono le SS italiane che combattono nell’alto bresciano dove si arrenderanno solo a Maggio. Non c’è la Decima, se non qualche reparto milanese, che sta in Venezia Giulia e si è offerta agli alleati come corpo franco per fermare l’ingresso a Trieste dell’esercito di liberazione jugoslavo di Tito. Non a caso la Decima Mas sarà la spina dorsale del futuro apparato segreto, Gladio.
A Como in un caos totale le migliaia di fascisti attendono ordini. Nessuno ne dà, Mussolini è già in fuga. Vuole raggiungere la frontiera Svizzera dove i servizi segreti inglesi gli hanno promesso una presa. Il punto sarebbe Porlezza, un accesso secondario e poco noto. Ma gli emissari inglesi mandati lì da Churchill inciampano in una pattuglia partigiana del comasco, collegata alla 52 brigata Garibaldi Luigi Clerici. Vedremo poi cos’è. Mussolini, che è stato seguito dal codazzo di gerarchi che di certo non voleva, non trovando nessuno crede di essere stato tradito da Churchill. Tipico della mentalità diffidente di chi gioca sempre su più tavoli. Così accetta di accodarsi ai tedeschi, un forte reparto della Luftwaffe in ritirata, seguendo il suggerimento del piccolo distaccamento di SS che gli ha messo alle costole Hitler sempre in cerca della documentazione. Mussolini decide di tentare l’ultima carta accettando la pressione nazista e di andare a Berlino assediata. Quelle carte ora sarebbero l’unica salvezza per i due dittatori.  
Intanto a Milano succede qualcosa di mai chiarito. Luigi Longo, capo politico della parte comunista del CLNAI, senza concordare nulla coi suoi alleati manda a Como un distaccamento armato, una dozzina di uomini della Brigata Oltrepò appena arrivata a Milano e che dunque non ha avuto contatti con nessuno. A comandare il distaccamento mette un suo uomo fidato Aldo Lampredi, comunista toscano uomo di apparato taciturno ed efficace. Ad assisterlo per le questioni spicciole Walter Audisio, un partigiano piemontese non particolarmente famoso. A lui verrà poi intestato tutto. Che in realtà Audisio sapesse poco dei fatti in dettaglio è dimostrato dalle molte contradditorie versioni che ha rilasciato con facondia ed in ogni dove assurgendo a fama personale, ma di fatto celando la vera catena di comando. Cosa permette che la spedizione comunista attraversi le linee alleate angloamericane? Un salvacondotto di ferro, un lasciapassare siglato dall’OSS. Dunque anche gli americani ed i russi sarebbero in caccia delle famose carte.
Nelle versioni ufficiali si racconta che quel lasciapassare fu ottenuto grazie ad un escamotage astuto realizzato dal generale Cadorna, capo militare del CLNAI. Una cosa inattendibile. Primo, Raffaele Cadorna non era per niente in simpatia col PCI, tanto che intendeva dimettersi dall’incarico, secondo non si faceva facilmente fesso l’OSS ( la zia della futura CIA) e soprattutto Emilio Daddario l’italo americano che fin dallo sbarco in Sicilia forniva l’intelligence di tutti i contatti italiani. Fu lui, per capirci, a prelevare Graziani ed a trattare con Borghese. Dunque è possibile che la ricerca di Mussolini da parte del PCI fosse autorizzata nel quadro dei rapporti allora esistenti tra USA e URSS. Al PCI la gloria politica della cattura all’OSS i documenti. Ma siccome Daddario non si fidava di nessuno ecco che invia alcuni agenti italiani ed americani per una missione parallela. C’è il mondo che dà la caccia a Mussolini e lui lo sa bene.
L’esecuzione
Torniamo a Como. Mentre tutti lo cercano Mussolini va incontro al suo epilogo. La colonna tedesca viene fermata a Dongo dalla 52ma Garibaldi Luigi Clerici, che abbiamo annotato poco fa. A comandare il distaccamento locale, il Puecher, è Pier Bellini delle Stelle, detto Pedro. Con lui Urbano Lazzaro e Michele Moretti che garantiscono stretto collegamento tra la brigata ed il PCI. Bellini è un nobile toscano, di matrice libertaria. Da sempre antifascista. Coraggioso e autonomo ha sostituito al comando del distaccamento Puecher, di stanza sul Lago, Luigi Canali famoso e discusso capo partigiano imprigionato e torturato dalla SS. Ufficialmente fuggito dal carcere Canali torna in campo, pur se sempre guardato con sospetto. Sparirà poco dopo la fine della guerra, nessuno ne saprà più nulla. Sembra che Canali si sia imbertato una bella borsa piena d’oro e gioielli. Come direbbe James Ellroy: ecco un’altra strana storia in quella storia strana. Comunque sia Bellini subentra al comando del distaccamento locale.

Sappiamo tutti la vicenda del camion e del cappotto tedesco. Quello che non è chiaro è come diamine l’informazione Mussolini sta in un camion arrivi al Puecher che ha intercettato la colonna. Alcune testimonianze sostengono che l’unico veicolo perquisito fosse proprio quello dove stava il crapùn, testone pelato in milanese, nomignolo affibbiato a Mussolini dai gappisti. L’avrebbe visto un prete mentre ci si arrampicava a fatica. Dice invece un’altra versione che furono i partigiani della Guardia di Finanza – esperti in contrabbando - ad ordinare le perquisizioni a tappeto. Per le varie ricostruzioni più o meno attendibili suggerisco un link abbastanza neutrale ( https://www.reteparri.it/wp-content/uploads/ic/RAV0053532_1996_202-205_06.pdf )

Di fatto lo becca Pier Bellini delle Stelle e lo arresta in nome del popolo. Mussolini non oppone resistenza, non si lamenta e non dice nulla di particolare, nessuna frase epica. Il suo rapporto con Bellini è reciprocamente ostile, ma corretto. Il conte lo tratta da prigioniero politico con le dovute maniere, permette che si ricongiunga con la Petacci ed ottiene in cambio una famosa dichiarazione a firma del dittatore, che riconosce chi l’ha arrestato ed anche la correttezza militare del trattamento. Chi si farebbe firmare una dichiarazione simile da un uomo che sa di dover far uccidere in segreto? Sembra più un atto da immettere in una conclusione legale. Esattamente a questo pensava Bellini. Da libertario Pedro intendeva favorire un processo pubblico che mettesse in luce tutto il male del fascismo. Il tribunale di una nuova democrazia che emettesse una condanna esemplare e pubblica, come ai tempi della rivoluzione francese. Non andrà così.

Mussolini sarà ucciso insieme alla Petacci, forse a Giulino, forse altrove. Su quella esecuzione due sono le storie, una ufficiale ed una sottotraccia, appunto la pista inglese...
 Nella prima versione il distaccamento milanese dell’Oltrepò inviato da Longo, arriva a Como. Il giorno seguente fucilerà tutti i ministri sul lungo lago, mentre Lampredi ed Audisio raggiungono la coppia nel rifugio approntato da Pedro. La storia racconta che essi li prelevano dal rifugio e fatti pochi chilometri in auto, li mettono al muro e li fucilano. Audisio racconta mille storie su quei momenti, il mitra che si inceppa, il secondo mitra non spara e poi, quando parte la raffica, la Petacci si butta davanti a Mussolini. Storie un po' da film rielaborate in varie versioni.
Ma quel racconto, ufficiale, rivela comunque un punto critico: perché mai un partito di massa, logico e pragmatico ancora in linea con un’ipotesi rivoluzionaria, vorrebbe una esecuzione così pasticciata? Logica da vero comunista sarebbe un’altra: si prende su il fascista lo si porta a Milano, lo si processa e lo si fucila in piazza davanti al popolo, compiendo un vero atto rivoluzionario. Si dice: il PCI non voleva cadesse in mano americane. Come poteva accadere? Lo metti in un furgone in due ore sei a Milano al comando CNLAI. E poi, anche consegnato dal PCI agli americani restava per tutto il Paese chi lo aveva preso e come lo aveva correttamente gestito in nome della Nuova Italia. Ed in ogni caso, decisa una rapida esecuzione, poteva essere fucilato sul lungo lago con i suoi accoliti. Nulla quadra.

Seconda interpretazione: il finale tragico della pista inglese. Quando arrivano a Giulino Walter Audisio e Aldo Lampredi, Mussolini e la Petacci sono già morti. Sono arrivati prima di loro gli unici che davvero lo volevano morto subito, senza processo, così che non potesse rivelare niente. I servizi segreti inglesi. Sono arrivati prima, poche ore prima. Hanno promesso a Mussolini di portarlo da Churchill. Si sono fatti dare i carteggi, poi li hanno portati fuori, ed hanno ucciso il testimone più scomodo, colui che poteva cambiare la storia della guerra e soprattutto della pace. Nel dubbio che avesse raccontato qualcosa alla sua compagna hanno ucciso anche lei, di cui ben conoscevano l’astuzia e la determinazione. Solo in Italia la Petacci passa per una sciocca imbottita di favole. Persino i servizi tedeschi la conoscevano bene, tanto che era costantemente intercettata. Da anni.
Dicevamo che la pista inglese è stata talvolta trattata, seppure senza i collegamenti con i fatti di Francia e le mire di Churchill contro la Russia. E’ una versione che non piace a nessuno. Non piace alla storiografia ufficiale, perché dimostra che la democrazia capitalista è una bubbola, un uomo solo al comando sui fatti cruciali esiste anche in questa formula, dove, in teoria, il parlamento è sovrano. Non piace alla politica, perché mescola, come va fatto, il conservatorismo col fascismo, espressioni appena differenti del capitalismo.
La pista inglese a guardare oltre gli stereotipi, si innesta perfettamente nella logica imperialista e nelle prassi di Churchill che aveva mano pesante quando gli interessi della corona erano in pericolo. Egli ha certamente finanziato ed usato Mussolini come forza anticomunista. L’ha maneggiato per intortare Hitler al tempo di Monaco. E’ dunque plausibile che ne abbia indirizzato le mosse al tempo dell’invasione tedesca di Francia. Quando il gioco è cambiato di mano, con l’alleanza a tre USA URSS UK, Churchill ha scaricato Mussolini salvo poi ritrovarsi – a fine guerra - inchiodabile dalle carte lasciate in mano. Nessuno storico ha davvero seguito fino in fondo questa possibile strada, che ribalta i fatti della guerra e offre chiavi di lettura per il dopoguerra. In Italia poi..non si è fatta mai vera indagine su nessun delitto critico dall’omicidio Mattei, alle stragi, al rapimento ed all’uccisione di Aldo Moro. Si è sempre guardato solo dove poteva individuarsi un colpevole senza turbare equilibri internazionali.

   
Dunque per la malferma democrazia italiana è stato meglio lasciare la responsabilità di quella esecuzione, con il seguente scenario di Piazzale Loreto, al PCI. Ferruccio Parri, il leader azionista e coordinatore della resistenza, definirà lo spettacolo una mattanza alla messicana. Sul fatto la vedo come Bocca che definì le polemiche su piazzale Loreto inutile moralismo. Penso che il Popolo abbia diritto alla sua rabbia. Tuttavia quello spettacolo, sicuramente disarticolato e penoso, non mi quadra con la freddezza logica del comitato centrale del PCI di Togliatti. Non lo vedo incorniciabile. Si disse: una spontanea reazione popolare. Spontanea in una piazza presidiata dalla Brigata Oltrepò e dalla polizia partigiana? Mah!


Certo quel fatto così clamoroso diede la stura a mille polemiche, facendo così tanto rumore da tacitare qualcosa di più imbarazzante come l’oscura esecuzione. Il tutto potrebbe davvero essere frutto di un compromesso. Forse la guida militare delle Garibaldi sapeva degli inglesi. Forse si è deciso un baratto politico, a te le carte ed a noi ben altro. Cos’altro sia è difficile a dirsi. L’oro del furgoncino recuperato a Como? Era già in loro mani. Evitare uno scontro che poteva sfociare in una carneficina alla Greca? Non vi erano presupposti. Dunque se compromesso ci fu proviene da Mosca che ottenuto da Churchill qualcosa in cambio diede l’ordine ai quadri del PCI di far scomparire le tracce della pista inglese. Chi lo saprà mai.

Ma sapere per certo com’è andata è relativamente importante. Ha più significato, oggi, farsi delle domande. La cronaca geopolitica è piena di cose date in pasto a qualcuno in cambio di qualcosa d’altro. L’imperialismo, che è poi la forma tecnica di gestione del potere del grande trust capitalista, ha le sue modalità classiche: la manipolazione, quando riesce, il ricatto o la violenza.
Sono stato troppo lungo in questa ricostruzione. Il resto degli appunti – il dopoguerra, i golpe, l’attuale destra – lo posterò più avanti se, guardando al contesto, avrà senso farlo.
Ho segnalato che della parte finale della pista inglese si è parlato diverse volte, ecco due link tra i molti rintracciabili


Un reportage di Aldo Cazzullo
https://www.youtube.com/watch?v=zeSMhe8TeYg
il caso visto da destra
https://www.edizioniares.it/prodotto/la-pista-inglese-2/

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