La linea d’ombra

di Corrado Fois - liberacittadinanza.it - 23/01/2024
Si va avanti. E il tempo, anche lui va avanti; finché dinnanzi si scorge una linea d’ombra- J. Conrad

Ho una riflessione che mi gira in testa in questi tempi. La condivido così almeno me la tolgo di torno. E’ quello che suggeriva Berne, credo, troviamo le parole per dirlo e ce ne libereremo. Una speranza tutta occidentale, ma vabbè in queste lande sono nato. Ci provo, sperando che abbia almeno un senso compiuto.

Chi governa i Paesi, come chi li abita o vi si oppone, sembra ormai vivere dentro la propria linea d’ombra. Un lungo smarrimento morale ha generato la perdita delle proporzioni. Di quel senso del giusto anche quando è doloroso o della giustizia, anche se armata.

Il confine che separa la vittima dall’aggressore è ormai tanto sbiadito da confondere. Perché la vittima diventa sempre aggressore. Perché agisce come lui. Perché diventa a sua volta carnefice e non solo per difesa, ma per scelta. Il sangue chiama sangue, in un cerchio infinito. Da un tempo che sembra infinito.

Oggi a Gaza, come in Ucraina. In Congo come nello Yemen. Nelle strade e nelle case d’Europa o d’ America, nei campi di Libia. Nell’acqua del Mediterraneo. Ieri, ovunque.

Quando i ragazzi, cresciuti lontano da quel carnaio che furono gli anni 70 ed 80, mi chiedono cosa succede e cosa ci porta fino a questi orrori diventa difficile spiegare che in verità non ci si è mai mossi. Che siamo sopra il consueto binario, in quella linea che prosegue sempre uguale. Così com’era difficile per i nostri genitori spiegare a noi ragazzi di quegli anni, straniti dalle bombe e dai morti, che vivevamo dentro le conseguenze dell’obitorio generale, della guerra mondiale. Sangue che chiama sangue.

La linea d’ombra è lunga. Non vede confini di classe, non considera limiti geografici. Produce le guerre, corrompe la pace. Si insinua nella quotidianità ed indirizza, con la facilità consentita da una formazione svogliata e dozzinale, verso comportamenti estremi. La società occidentale, ricca e moderna, era già da anni una gruviera morale, ormai mi pare resti solo il buco.

La forma innovativa di comunicazione creativa, i social al loro inizio, è diventata una cloaca che rigurgita ragazzotti palestrati e tatuati. Personalità nulle, cervelli vuoti. Emarginati che per il brivido di una grottesca brevissima notorietà pestano inermi e uccidono animali. Impunemente. Guardati con ammirazione da altre nullità, protetti dall’ipocrisia borghese della libertà di espressione. Sono quei casi che fanno rimpiangere la censura. Forse l’abbiamo tolta troppo in fretta consegnando arbitrio, e non libertà, a mani fragili e menti deboli.

Nei film e nelle serie, come dice Dominique Moisì, è il trionfo della paura, narrata ed imposta. Invasiva, rumorosa, reiterata finché essa non diventa abitudine, forse un sottile piacere. Si censurano i nudi, non gli omicidi. Si vietano le scene di sesso, non i massacri. La facilità con cui si uccide entra nelle teste semivuote di una massa imbottita di video game. I morti procurati generano energia e vita nell’eroe pilotato da una tastiera.

Non è diverso da ciò che ha subito la mia generazione, solo più pervasivo. Perché la società non si è mossa, è sempre la stessa. Non evolve e non matura. Genera all’infinito quei comportamenti utili a proseguire la propria contraddizione. A garantire la sua eternità. Per trovare una spiegazione logica mi dico sovente è il capitalismo, ma ormai mi pare un po' riduttivo.

Ricevevamo soldatini, carri armati, aerei come regalo di Natale. Facevamo interminabili battaglie sul tappeto del salotto, senza sapere cosa nutrivamo dentro. Le cuginette, poco più in là, giocavano con le cucine e le bambole. Poi ci si domanda perché l’intera società trova ancora accettabile la guerra ed il ruolo di salmerie dedicato alla Donna. Ci siamo cresciuti dentro, così ci hanno voluto. Così stanno volendo.

Perché diamine un imbecille di 16anni con una pistola tra le mani non dovrebbe sparare? Non ha visto far altro, fin da bambino. Puntare sparare uccidere. Guadagnare punti nella propria linea vitale e passare di livello. Così finisce in carcere e distrugge anche la sua vita. Perduto e senza redenzione morirà senza nemmeno aver compreso cosa vuol dire uccidere. Senza diventare un Essere Umano. Un altro successo del potere.

Guardo Gaza, attonito. Non si sa più nemmeno quanti siano i morti. Gli israeliani hanno imparato la lezione dai migliori maestri del mostruoso. La mettono in pratica. Finiranno solo quando avranno spazzato via una intera generazione. E’ questo il modo di prevenire il terrorismo per il governo di Tel Aviv, ucciderli da bambini.

E di là dal muro, dentro i tunnel, strisciano altri mostri. I ratti di Teheran, imbottiti anche loro di sangue, usano la carne palestinese come scudo dei loro maneggi. Forse qualcuno di loro ha sofferto, forse crede di avere ragione ed è pronto a morire, più che a vivere. Vittime che diventano carnefici per fare altre vittime che diventeranno carnefici. Sangue su sangue.

Un amico dei tempi di rivolta, diventato frate francescano, mi ha detto, rispondendo ad una mia domanda: duemila anni fa un Messaggero ha provato a cambiare la storia ed i rapporti di forza. Prima lo hanno messo in croce, poi in un teatrino. Lo hanno fatto biondo ed ariano. Lo hanno appeso ad un muro. Ignorandolo hanno continuato ad essere ciò che erano perché noi, oggi, fossimo ciò che siamo. Se lo dice lui che è del settore.

La domanda era: l’Umanità non ha redenzione e la storia non ha soluzione? Ancora non lo so. Del resto non l’ho mai saputo, ma non ne sono triste od affranto, piuttosto direi che non capire mi fa incazzare. Sfortunatamente non ho forme di difesa consolatoria, sono cresciuto laico.

Penso che siamo ormai di fronte ad una semplice equazione, la speranza è un vizio ed il cinismo è inutile perché anche prepararsi al peggio non serve visto che lo stiamo abitando da lungo tempo.

Vorrei solo sperare che una grande rivoluzione, capace di sfasciare il tavolo di questo grottesco risiko, costringesse tutti a ripensarsi ed a ricostruire il tutto, da capo. Ma non mi riesce più. Sarà la mia linea d’ombra.

Si va avanti. E il tempo, anche lui va avanti; finché dinnanzi si scorge una linea d’ombra che ci avvisa che l’illusione della giovinezza deve essere lasciata indietro. Questo è il periodo della vita in cui è probabile che arrivino i momenti di cui ho parlato. Quali? Noia, ecco, forse stanchezza, forse insoddisfazione- Joseph Conrad. La linea d’ombra.

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