Danni permanenti

di Francesco Baicchi - 01/11/2013
Dobbiamo trovare ancora la forza di indignarci e la volontà di denunciare proprio nella distruzione della fiducia nel sistema democratico parlamentare la colpa più grave di una classe dirigente incapace e inaffidabile.

La vicenda della decadenza di Berlusconi dal Senato della Repubblica, con tutti i suoi risvolti più o meno grotteschi, giocati sull'ipocrisia di termini come 'pacificazione', 'agibilità politica' e 'larghe intese', sta completando l'opera di demolizione della credibilità delle nostre istituzioni democratiche e rischia di avere conseguenze che vanno ben al di là della vicenda in sé, comunque essa si concluda.

Il tentativo di non applicare una legge da poco varata, la cosiddetta 'Severino', con argomentazioni risibili e invocando una specie di arroccamento corporativo della 'casta', non può che contribuire ad allargare il distacco della opinione pubblica dal mondo della politica, che tutti denunciano, ma che nessuno sembra voler affrontare veramente.

Un distacco già assai ampio, alimentato dagli scandali dei 'rimborsi' usati in modo improprio, dai cambiamenti di bandiera motivati da ragioni non certo nobili, dalla incapacità a ridurre almeno in parte privilegi che la crisi socio-economica rende ancora meno accettabili.

Spetta al Parlamento, organo legislativo per definizione, definire le regole che ci governano, ma come pretendere rispetto e fiducia in una assemblea in cui sono presenti decine di inquisiti, corrotti, galoppini il cui unico merito è la fedeltà a un padrone, fino al punto di votare che una prostituta marocchina è la nipote di Mubarak?

E come chiedere ai cittadini il rispetto delle leggi in presenza di un leader, del governo o della opposizione poco importa, che se ne fa esplicitamente beffe?

Senza il riconoscimento condiviso del valore delle regole e del ruolo di una Magistratura indipendente e autonoma vengono a mancare i presupposti per la convivenza civile e si torna alla legge del più forte e del più furbo, inadeguata ad affrontare i grandi problemi delle società contemporanee.

La vicenda di un ministro di Grazia e Giustizia, la Cancellieri, che non sente la necessità di dare le dimissioni per aver fatto concedere gli arresti domiciliari alla figlia di una sua amica e del datore di lavoro di suo figlio, dimostra ancora una volta l'assoluta mancanza di sensibilità etica di questa classe politica. Non riescono proprio ad applicare la più semplice delle regole della democrazia: la legge è uguale per tutti.

Sarebbe ingenuo negare che corruzione, omertà e nepotismo siano presenti da sempre nel mondo politico, ma certo solo con l'avvento del berlusconismo (che va ben al di là del PdL) sono stati così generalizzati ed esibiti con tanta spudoratezza, fino al punto da creare assuefazione e rassegnazione.

Ora corriamo il rischio che l'uso spregiudicato del potere finisca col minare la fiducia non tanto nei singoli responsabili quanto nel sistema democratico, favorendo la crescita di un qualunquismo che finisce con l'affidarsi al carisma personale di un 'uomo della provvidenza', o meglio del suo avatar televisivo. E' questo il seme del presidenzialismo inteso come delega in bianco a una persona sola, che la nostra Costituzione, dopo il ventennio mussoliniano, intendeva evitare con un equilibrio di contro poteri e strumenti di garanzia che mette al centro il Parlamento, che rappresenta tutti e che, grazie alla convergenza di forze politiche diverse, può individuare funzioni super partes come la Presidenza della Repubblica, la Corte Costituzionale, il Consiglio Superiore della Magistratura.

Un equilibrio che trova fondamento in un sistema elettorale che dovrebbe rappresentare fedelmente la volontà degli elettori e le loro diversità, che viene irrimediabilmente compromesso dalla legge attuale e che verrebbe definitivamente cancellato dalla accentuazione di un bipartitismo forzato e drogato dal cosiddetto 'premio di maggioranza', invocato per 'garantire la stabilità' dell'esecutivo o forse solo di una oligarchia che si riproduce per cooptazione.

Un equilibrio che vuole cancellare chi intende trasformare la Carta costituzionale, a partire dalla deroga all'articolo 138, per legittimarne le violazioni.

Dobbiamo trovare ancora la forza di indignarci e la volontà di denunciare proprio in questa distruzione della fiducia nel sistema democratico parlamentare, conquistato dall'Italia con l'opposizione al fascismo e espresso nella Costituzione repubblicana del 1948, la colpa più grave di una classe dirigente incapace e inaffidabile.

Nella speranza che a chi è il simbolo (ma non la causa esclusiva) di questa degenerazione non venga concesso un ennesimo salvacondotto nell'aula del Senato.

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