Dietro la carota rimane il bastone

di Francesco Baicchi - 04/06/2013
Ascoltando le dichiarazioni di questi giorni di Letta (Enrico), Quagliariello, Epifani e soprattutto le ripetute sollecitazioni del Presidente Napolitano, sembra proprio che questo Paese stia per assistere alla replica del tentativo di stravolgere la nostra democrazia già andato in scena nel 2005-2006 per iniziativa, allora, dei soli berlusconiani.

Ancora una volta si presenta una 'riforma' costituzionale che rischia di cancellare le garanzie democratiche come una semplice 'razionalizzazione' del sistema.

La presentazione di Enrico Letta del fantasioso percorso che il governo intende avviare (commissione dei 40, consultazioni on line, ecc....) si è incentrata sulla riduzione del numero dei parlamentari e sul superamento dei bicameralismo 'paritario', citando appena, come fosse secondaria, la modifica della 'forma di stato e di governo'.

Quindi, ancora una volta, dietro la carota di argomenti che sono stati presentati ossessivamente da tutti i principali media come toccasana per il contenimento dei 'costi della politica' e dei tempi decisionali, si nasconde il bastone della vera riforma, che consiste nel concentrare nelle mani di una sola persona un potere quasi assoluto.

Le modifiche alla 'forma di governo' appena accennate consistono in realtà nel passaggio dal sistema parlamentare a quello presidenziale, che prevederebbe l'elezione diretta a suffragio universale del capo dello Stato o, più probabilmente, del capo del governo. Come è facile capire una simile figura, per il grado di investitura, non potrebbe essere sottoposta ad alcun altro potere e costituirebbe dunque un serio pericolo per il pluralismo democratico. Non a caso nei sistemi presidenziali esistenti nei sistemi democratici lo squilibrio di potere viene bilanciato dalla elezione separata, anche temporalmente, di altri organi con poteri rilevanti; negli USA e in Francia, per esempio, il Parlamento non viene eletto contestualmente al Presidente e può avere orientamenti politici diversi.

Questo può provocare in Francia la 'coabitation', con un Primo Ministro che può avere idee diverse dal Presidente ma deve avere la fiducia del Parlamento, mentre negli USA Obama non riesce (purtroppo) a far votare un provvedimento per regolamentare il mercato delle armi .

Quello che viene proposto in Italia è invece il 'modello comunale' ulteriormente peggiorato, perché si prevede di eleggere il capo del governo come capo della coalizione vincente alla Camera, quindi con una maggioranza garantita, magari grazie a un 'premio' che falsi la volontà popolare.

La maggioranza parlamentare, che dipenderebbe dal Presidente per la propria sopravvivenza, sarebbe così anche in grado di determinare sostanzialmente la composizione degli organi di controllo e garanzia (CSM, Corte dei Conti, Corte Costituzionale, ecc...). Ma, soprattutto, potrebbe approvare automaticamente i decreti governativi come atto puramente formale e, al contrario, bloccare qualunque altra proposta di origine parlamentare. Verrebbe così totalmente eliminata la divisione fra i poteri (legislativo, esecutivo e giurisdizionale) su cui si fondano tutti i sistemi democratici. Si tratterebbe sostanzialmente di eleggere un 'capo' con poteri quasi assoluti, nell'illusione che questo dia maggior peso all'opinione degli elettori (mentre sappiamo che così si generano solo le dittature, magari inizialmente applaudite da folle adoranti), ma il vero pericolo sarebbe la dipendenza della maggioranza parlamentare dal capo dello Stato e dell'esecutivo.

E' poi necessario tenere conto della 'anomalia italiana', che vede uno dei leader politici detenere un potere economico e soprattutto mediatico enorme, in grado di influenzare in modo determinante gli orientamenti della opinione pubblica con massicce campagne di esplicita deformazione della realtà e di utilizzare il suo ruolo pubblico a fini di arricchimento personale.

Le conseguenze di queste violazioni costituzionali, già ampiamente praticate dai nostri ultimi governi che hanno ripetutamente abusato del potere di decretazione, e dipendenti dalla attuale orrenda legge elettorale, sono già sotto i nostri occhi: l'abbandono degli ideali di solidarietà, giustizia e autodeterminazione su cui è fondata la Costituzione che ora si vuole superare ha generato una frattura crescente fra i cittadini e il Parlamento, che dovrebbe rappresentarli e concretizzare quella 'sovranità del popolo' per cui si è battuto, pagando con moltissime giovani vite, il pensiero politico antifascista da cui è nata la nostra Repubblica.

In questa prospettiva, di cui però i 'nostri eroi' non parlano, è facile individuare il tentativo di una oligarchia trasversale, che ormai rappresenta meno della metà degli italiani, di blindare la propria posizione di potere eliminando gli strumenti di controllo e l'autonomia della Magistratura e impedendo la nascita di nuovi 'soggetti politici'. Orientamento che trova continue conferme nell'esaltazione di un bipartitismo forzoso, nei ripetuti attacchi alla Magistratura, fino alla apertura di conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato, ma soprattutto nel rifiuto della approvazione di una nuova legge elettorale coerente con la nostra Costituzione, che non affidi ai vertici dei partiti la scelta dei parlamentari.

In realtà i problemi oggettivamente esistenti di 'governabilità' e la necessità di fornire ai cittadini più efficaci strumenti di partecipazione alle scelte politiche, che vengono spesso invocati per giustificare la necessità delle 'riforme', sono in larga parte risolvibili con interventi legislativi ordinari, se non addirittura con semplici modifiche ai regolamenti parlamentari.

Questo non significa che non sia lecito, come peraltro già accaduto in passato (anche se non sempre positivamente), modificare alcune formulazioni della Carta costituzionale - l'articolo 138 ci indica esplicitamente le procedure da seguire - ma appare quanto meno inopportuno che un Parlamento della cui rappresentatività è lecito dubitare a causa del procedimento elettorale da cui è nato intenda stravolgere totalmente l'impianto della Repubblica.

Nelle loro esternazioni i rappresentanti della attuale maggioranza Berlusconi-Letta si sono impegnati a consultare gli Italiani, ma questo non può certo tranquillizzare. Sono stati fatti degli accenni all'uso della 'rete' internet, che, come è noto, non fornisce alcuna garanzia di una libera espressione di volontà ed è facilmente strumentalizzabile.

E' dunque indispensabile porsi l'obiettivo di come assicurare la massima informazione sulle modifiche che verranno proposte e una oggettiva analisi delle loro reali conseguenze, smascherando silenzi, menzogne e tentativi di strumentalizzazione della protesta e della insofferenza verso la classe politica che hanno ingigantito l'area dell'astensionismo alle recenti amministrative in città importanti come Roma.

Non rimane che sperare che, ancora una volta nel nostro Paese prevalga lo spirito civico, responsabile e unitario, che ha consentito l'annullamento della 'riforma' del 2006 e, più recentemente, la clamorosa vittoria nel referendum per l'acqua pubblica. Ma per questo occorrerà nuovamente una grande mobilitazione popolare, che deve iniziare da subito.

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