Occorre saper ascoltare

di Francesco Baicchi - 22/03/2018

Ogni tornata elettorale, anche se falsata da una pessima legge che ne deforma l'esito, ci fornisce indicazioni sulla volontà popolare che non possiamo ignorare, se vogliamo rispettare l'affermazione che 'la sovranità appartiene al popolo'.

Il 4 marzo gli elettori italiani hanno inequivocabilmente dimostrato la loro volontà di cambiamento, così come il 4 dicembre 2016 espressero la volontà di rimanere nel quadro costituzionale della democrazia parlamentare.

E proprio l'aver ignorato, da parte di tutte le forze politiche, la vittoria del NO nel referendum costituzionale, trascurandone la valenza e/o imponendo a un parlamento imbelle una legge elettorale che impedisce il voto 'libero e uguale', ha sicuramente contribuito al risultato attuale, che forse non indica un percorso univoco, ma chiarisce quali sono le strade che dovremmo considerare definitivamente chiuse.

 In particolare la clamorosa (anche se ampiamente prevista) sconfitta delle liste 'di sinistra' LeU e PaP riapre il problema della assenza, nel nostro Paese, di una forza politica nuova, radicalmente alternativa al disegno neo-liberista e in grado di proporre un credibile progetto per un futuro diverso. Dunque, nonostante i tentativi sin qui falliti,  'occorre immaginare Sisifo felice' e tentare nuovamente di colmare questo vuoto, facendo tesoro degli errori passati.

 Fra gli errori da non ripetere c'è sicuramente l'idea che il nuovo soggetto possa nascere come sommatoria di vecchie nomenklature impegnate a contrattare spazi di visibilità, ma anche che come primo passo sia necessaria a livello nazionale una piattaforma programmatica generale su cui ricercare l'unanimità.

 La crescita esponenziale delle disuguaglianze economiche, il disastro ambientale, il moltiplicarsi delle aree di guerra e la diffusione di ideologie e movimenti neo-fascisti sono sotto gli occhi di tutti.

Il rischio di una svolta autoritaria è ormai innegabile ed è stato sottovalutato, più o meno colpevolmente, in questi anni, che hanno visto vanificata la volontà popolare espressa in alcuni referendum, il tentativo di condizionare il voto con leggi elettorali di impianto incostituzionale, ripetuti attacchi alla autonomia della Magistratura come potere indipendente e il dilagare  della illegalità.

La situazione impone dunque con urgenza la ricerca di una unità fondata su alcuni obiettivi prioritari, fra i quali la difesa del sistema democratico parlamentare, l'attuazione dei principi costituzionali di equità e solidarietà sociale, il rifiuto della guerra, il primato della Giustizia e la difesa dell'ambiente e del patrimonio culturale.

Le priorità definite dovrebbero costituire la linea di confine di una scelta di campo, e consentire la rinuncia, in nome di un sano pluralismo, a sterili identitarismi e velleitarie competizioni interne, creando, fra l'altro, un terreno comune per le tante realtà associative che animano vivacemente la nostra società.

 Una piattaforma 'aperta', frutto della convergenza di competenze e entusiasmi nuovi, può consentire la nascita e la successiva aggregazione di gruppi di opinione a livello locale non solo su grandi tematiche come la difesa e l'attuazione la nostra Costituzione, ma anche per far fronte a problemi specifici (penso alla difesa dell'ambiente, al rifiuto delle 'grandi opere', ecc...) che la deriva neo-liberista non può che aggravare; uniti dalla aspirazione a una politica più attenta alla volontà popolare e a una più equa ripartizione delle risorse.

 Forse è questa la nuova strada che il voto anti-sistema del 4 marzo intende indicarci.

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